Gallery
Piazza Solferino, 2
10121 Torino
IG: @mazzoleniart
Mazzoleni è una delle principali gallerie italiane d’Arte Moderna e Contemporanea con sede a Londra e Torino, attiva da oltre 35 anni. Mazzoleni presenta mostre di calibro museale e partecipa alle principali fiere internazionali di settore nei circuiti Art Basel, Frieze, TEFAF; Artissima, Artefiera e Miart in Italia e di recente aprendosi a nuove realtà collezionistiche in Oriente partecipando a fiere quali Frieze Seoul, Art Abu Dhabi e Art Dubai.
La collezione della galleria viene esposta in musei e istituzioni in tutto il mondo, come il Centre Pompidou e il Palais de Tokyo a Parigi, la Fondazione Solomon R. Guggenheim di New York, la Smithsonian Institution di Washington, lo State Ermitage Museum di San Pietroburgo, la Tate Gallery e l’Estorick Collection di Londra, il Museo del Novecento di Firenze, la GNAM di Roma, il Museo MADRE di Napoli, la Triennale e Palazzo Reale di Milano e la Biennale di Venezia in Italia.
La galleria rappresenta l’Estate Agostino Bonalumi.
Mazzoleni is a leading Post-War Italian and contemporary art gallery based in London and Turin. With over 35 years of activity, Mazzoleni focuses on a museum-calibre exhibition programme and participates in the main international art fairs, including Art Basel, Frieze, and TEFAF, as well as Artissima, Artefiera and Miart. Most recently, the gallery has expanded its reach towards new art scenes with its participation in Frieze Seoul, Art Abu Dhabi and Art Dubai.
The Mazzoleni collection is exhibited in museums and institutions worldwide, such as: the Centre Pompidou and Palais de Tokyo in Paris; the Solomon R. Guggenheim Foundation in New York; the Smithsonian Institution in Washington; The State Ermitage Museum in St. Petersburg; Tate and the Estorick Collection in London, as well as Museo del Novecento in Florence, the GNAM in Rome, MADRE Museum in Naples, Triennale Milano and Palazzo Reale in Milan, and the Venice Biennale.
Mazzoleni represents the Estate of Agostino Bonalumi.
Exhibits
07.03.2025 - 28.06.2025
opening: 06.03.2025
07.03.2025 - 28.06.2025
Il lavoro di Morandini si distingue per il rigore geometrico e il minimalismo cromatico. Nelle parole dell’artista, la sua ricerca si definisce in “lavori che sono stati e sono il frutto parziale di una ricerca ‘calvinista’, che ha segnato nel tempo anche la qualità morale della mia vita”. Le sue opere sono presenti in diverse collezioni nazionali e internazionali e hanno trovato spazio in mostre personali alla Biennale di Venezia del 1968, a Documenta Kassel nel 1977, al Museum Bochum nel 1985, alla Galleria d’Arte Moderna di Roma nel 2014, al Ma*GA di Gallarate nel 2016. Fin dagli esordi, la sua arte astratta, geometrica, sistematica e razionalista privilegia la struttura e la forma, sviluppando variazioni e trasformazioni in modo metodico. La forza espressiva che lo caratterizza deriva non solo dal legame diretto con le creazioni e le teorie artistiche del Novecento che lo hanno preceduto, ma anche dalle manifestazioni contemporanee con le quali è in perfetta sintonia. Si tratta principalmente del Werkbund e del Bauhaus, del movimento De Stijl e del Manifesto dell’Arte Concreta. Morandini rifiuta l’uso del colore e si concentra sul bianco e nero, spesso incrociando forme: ad esempio, negli avvolgimenti dell’opera 494B-2005 o nelle sovrapposizioni della 98D-1971_2009. Nella scultura 224A-1975, la concretizzazione della forma in rotazione offre un risultato di rara complessità. A partire dagli anni Ottanta, ambiziosi progetti architettonici sono stati realizzati principalmente in Germania, Singapore e Malesia oltreché a Varese, città in cui vive dal 1946. «Tutte le mie opere d’arte, – afferma l’artista – nascono sotto il segno dell’architettura e anche il settore del design in gran parte può definirsi un’architettura dell’uso quotidiano». Esempi di questa ricerca architettonica sono la facciata dal fronte di 220 metri della Fabbrica Thomas – Speicherdorf, in Baviera (1984) e il più recente Das Kleine Museum – Weissenstadt, 2007. L’esposizione è curata dall’artista e dalla Fondazione Marcello Morandini, nata il 7 dicembre 2016 e la cui sede museale è aperta a Varese dalla fine del 2021. La Fondazione nasce con l’obiettivo di creare un museo dedicato all’artista, conservando e valorizzando le sue opere d’arte, di design e architettura e promuovendo la conoscenza dell’Arte Concreta e Costruttivista Internazionale. “Geometrie senza tempo”, nelle parole di Morandini, “è un’occasione per chiarire e mostrare l’humus costruttivo di 61 anni di dedizione al mondo della geometria e ad ogni forma infinita che la compone. Un mondo progettuale bianco e nero, razionale e coerente, che ha attraversato e plasmato ogni decennio del mio lavoro.” MARCELLO MORANDINI Marcello Morandini (n. 1940, Mantova) vive a Varese dal 1946 ed è uno dei maggiori rappresentanti dell’Arte Concreta in Europa. Esordisce negli anni ’60 con le prime opere tridimensionali e nel 1968 viene invitato con una sala personale alla Biennale di Venezia. Partecipa a Documenta 6 (1977) e ad altre importanti rassegne internazionali. Il suo lavoro esplora la geometria attraverso forme rigorose e strutture metodiche, in sintonia con il Bauhaus, De Stijl e il Manifesto dell’Arte Concreta. A partire dagli anni ’80 sviluppa progetti architettonici in Germania, Singapore e Malesia. Nel 2016 fonda la Fondazione Marcello Morandini a Varese, dedicata alla conservazione e promozione della sua opera e dell’Arte Concreta e Costruttivista Internazionale.
ENGLISH
Mazzoleni is pleased to present the first solo exhibition dedicated to Marcello Morandini at its Turin venue, marking the sixtieth anniversary of the artist’s career. The exhibition showcases Morandini’s tireless pursuit of movement in space, which he translates into the realm of geometry through twists, tensions, expansions, and formal superimpositions.
“Stages of a becoming” is how Gillo Dorfles described Morandini’s works in the 1968 Venice Biennale catalogue —forms “of evident functional absurdity” that constitute their allure: “a mathematical fascination, yet of an absurd mathematics, where precision serves the purpose of wonder” (Autobiography, p. 51).
Morandini’s work stands out for its geometric rigour and chromatic minimalism. In the artist’s own words, his research is defined by “works that have been and continue to be the partial result of a ‘Calvinist’ pursuit, which over time has also shaped the moral quality of my life.”
His works are part of numerous national and international collections and have been featured in solo exhibitions such as the 1968 Venice Biennale, Documenta Kassel in 1977, Museum Bochum in 1985, Galleria d’Arte Moderna in Rome in 2014, and Ma*GA in Gallarate in 2016.
From the beginning of Morandini’s research, his abstract, geometric, systematic, and rationalist approach has prioritised structure and form, developing variations and transformations in a methodical way. The expressive force that characterises his work stems not only from his direct connection to the artistic creations and theories of the twentieth century but also from contemporary movements with which he remains in perfect harmony—primarily the Werkbund, the Bauhaus, the De Stijl movement, and the Manifesto of Concrete Art. Morandini rejects the use of colour, focusing instead on black and white, often interweaving forms, as seen in the twists of 494B-2005 or the superimpositions of 98D-1971_2009. In the sculpture 224A-1975, the materialisation of a rotating form results in a rare complexity.
Since the 1980s, ambitious architectural projects have been realised primarily in Germany, Singapore, and Malaysia, as well as in Varese, where he has lived since 1946. “All my artworks,” the artist states, “are born under the sign of architecture, and even the field of design can largely be defined as an architecture of everyday use.” Examples of this architectural research include the 220-metre-long façade of the Thomas Factory in Speichersdorf, Bavaria (1984), and the more recent Das Kleine Museum in Weissenstadt (2007).
The exhibition is curated by the artist himself and the Fondazione Marcello Morandini, established in December 2016, with its museum venue opening in Varese at the end of 2021. The Foundation was created with the aim of establishing a museum dedicated to the artist, preserving and enhancing his works in art, design, and architecture, and promoting knowledge of International Concrete and Constructivist Art.
“Timeless Geometries,” Morandini’s notes, “is an opportunity to clarify and showcase the constructive humus of 61 years of dedication to the world of geometry and every infinite form it comprises. A black-and-white, rational, and coherent design world that has shaped and traversed every decade of my work.”
MARCELLO MORANDINI
Marcello Morandini (b. 1940, Mantua) moved to Varese in 1946 and became one of the leading figures of Concrete Art in Europe. He made his debut in the 1960s with his first three-dimensional works and, in 1968, was invited to the Venice Biennale with a personal room. He took part in Documenta 6 (1977) and numerous other major international exhibitions. His work explores geometry through rigorous forms and methodical structures, in line with Bauhaus, De Stijl, and the Manifesto of Concrete Art. From the 1980s, he expanded his research into architectural projects in Germany, Singapore, and Malaysia.
In 2016, he founded the Marcello Morandini Foundation in Varese, dedicated to preserving and promoting his work and International Concrete and Constructivist Art.
La mostra “Il fascino del mito” esplora l’eterno dialogo tra passato e presente attraverso una selezione di opere che reinterpretano temi e motivi mitologici con uno sguardo contemporaneo. Si propone come un viaggio attraverso il tempo, un dialogo serrato tra l’antico e il contemporaneo, che sfida le convenzioni cronologiche per approdare in una dimensione sospesa, dove le rovine del passato incontrano il linguaggio dell’arte moderna. Al centro di questa narrazione, le opere di Giorgio de Chirico, Alberto Savinio, Giulio Paolini, Salvo, e Jorge Méndez Blake sono accomunate da un approccio che trascende le barriere temporali e geografiche, e che costruiscono un linguaggio visivo intriso di enigmi e citazioni. A completamento e come punteggiatura che mette in luce elementi comuni e assonanze, una selezione di reperti archeologici crea un ponte visivo tra l’antichità e il nostro tempo. Il progetto, ispirato dal successo dell’esposizione londinese Mythology Reinterpreted, mostra selezionata nel 2024 tra le top ten dell’autunno londinese, trova ora una nuova cornice nella prestigiosa sede di Torino, celebrando il mito come fonte inesauribile di ispirazione artistica. “Che cosa amerò se non l’enigma delle cose?”, si chiedeva de Chirico. Questo interrogativo attraversa le opere degli artisti presenti in mostra: Il trofeo con la testa di Giove (1929-30) di de Chirico, simbolo di potere e sapienza divina, si trasforma in un enigma visivo. L’opera di Alberto Savinio, Jeux d’Anges (1930), aggiunge una nota surreale e onirica al percorso espositivo. La sua rappresentazione di angeli in un contesto sospeso e fuori dal tempo si ricollega al desiderio di superare il presente per abbracciare il mistero dell’invisibile. Salvo, nella sua pittura accesa e geometrizzante, cattura lo spirito delle rovine classiche e offre una visione personale di frammenti archeologici trasfigurati dalla luce psichedelica della contemporaneità, come evidenziato nelle parole stesse dell’artista: “Finché il modello può essere visto in maniera nuova, perché la definizione non è conclusa, perché si dovrebbe interrompere la ricerca?”. (Salvo, Della Pittura. Imitazione di Wittgenstein, On Painting. In the style of Wittgenstein, Hrsg, Paul Maenz & Gerd de Vries, Colonia, 1980). Giulio Paolini e Jorge Méndez Blake interrogano il rapporto tra il presente e il passato attraverso il concetto di riproduzione, citazione e alterità. L’opera L’altra figura (1983) di Paolini, con la sua esplorazione della circolarità e dell’eterno ritorno, dialoga idealmente con Defend it (Poetry) II, (2024) di Jorge Méndez Blake, con la sua minuziosa rappresentazione di una colonna greca in rovina sormontata dalla scritta “Defend it”. L’ammonimento (Difendilo), è riferito alla poesia, come svelato nel titolo dell’opera. Come già nelle lapidi di Salvo, anche Mendez Blake “incide” nella pietra con un linguaggio evocativo, scardinando qualsiasi coerenza cronologica a favore della potenza del messaggio. La mostra è accompagnata dal catalogo edito in occasione della mostra londinese. Come scrive Benedetta Casini nel saggio “Mythology Reinterpreted. A Journey through Ancient Inspiration in Modern & Contemporary Art”: «L’antico, l’archeologico, la rovina sono […] una lontananza che non può essere avvicinata. Può essere solo rievocata, elevata forse a modello virtuoso, o utilizzata per evitare la chiassosità di una comunicazione in tempo reale». Gli artisti presentati in mostra utilizzano il riferimento al passato non come esaltazione nostalgica, ma come strumento per interrogare il presente e proiettarsi verso il futuro.
31.10.2024 - 08.02.2025
opening: 30.10.2024
31.10.2024 - 08.02.2025
Questa è la più vasta mostra in galleria di Melissa McGill mai presentata, che raccoglie opere realizzate dal 1998 al 2024. Il progetto espositivo mette inluce il legame tral’acqua,gli esseri viventi e il cosmo, che attraversa tutta l’opera artistica di McGill. La mostra invita i visitatori a esplorare prospettive, mappature, narrazioni sull’acqua, costellazioni e legami tra passato, presente e futuro quali elementi della collettività, che possono divenire esperienze condivise ricche di significato e con un impatto positivo durevole. In una coinvolgente conversazione con l’acqua e i materiali organici e naturali, la mostra riflette i valori dell’artista in tema di ambiente, sostenibilità e futuro sia negli interventi di arte pubblica che nei lavori di studio.
Il titolo Eridanus: The River Constellation (Eridano: la costellazione del fiume) fa riferimento ad una delle più estese costellazioni dell’emisfero celeste australe il cui percorso ricorda quello di un fiume. È una delle 48 costellazioni elencate da Tolomeo, astronomo del secondo secolo, e con il suo discendere da nord a sud della volta celeste diede in seguito il suo nome latino al fiume Po. Il titolo esprime il legame tra cosmo e terra: il riferimento diretto al Po, fiume che attraversa la città di Torino, amplifica la dimensione universale del legame tra corsi d’acqua.
L’intera opera dell’artista traccia queste connessioni: da Constellation (2015), il progetto su larga scala installato attorno alle rovine del castello di Bannerman sull’isola Pollepel nel fiume Hudson (New York), fino al celebrato progetto di arte pubblica indipendente Red Regatta (1) a Venezia. In seguito a Red Regatta, McGill, allarmata dal precario stato in cui versano i nostri fiumi, ha navigato le acque della laguna di Venezia fino alla loro sorgente. Il Po, il più lungo fiume d’Italia, è una forza vitale antica e tenace che sfocia nel Mar Adriatico appena a sud della laguna veneziana. Dopo che amici e collaboratori italiani l’hanno aggiornata circa lo stato di pericolo estremo in cui versava il Po a causa del cambiamento climatico e dello sfruttamento delle sue acque, McGill ha iniziato ad immaginare come avrebbe potuto essere d’aiuto al fiume attraverso un racconto creativo della sua storia.
Nel luglio 2023 e nell’estate 2024, l’artista ha percorso il Po dalla sorgente al delta, dalla sua origine alla sua fine. Questi due viaggi, profondamente toccanti e affascinanti, hanno ispirato un progetto di narrazione sull’acqua intitolato Lifeline in cui il fiume Po è l’ancestrale narratore-guida. Contemporaneamente l’artista ha avviato un profondo dialogo con le rappresentazioni cartografiche storiche, in particolare attraverso la collaborazione con l’Archivio di Stato di Torino. Dal momento che archivi, biblioteche e collezioni sono caratterizzati tanto da ciò che includono quanto da ciò che escludono, McGill riflette su ciò che le mappe riportano, su ciò che esprimono i confini di demarcazione dei territori, i calcoli, i nomi utilizzati e in che modo natura e acqua vengono rappresentate. Quali prospettive vengono delineate? Che cosa manca?
(1) Red Regatta è stata presentata durante la settimana inaugurale della 58a Esposizione Internazionale d’Arte, La Biennale di Venezia, nel maggio 2019 e ha attivato la laguna e i canali di Venezia con quattro regate su larga scala di barche a vela tradizionali al terzo issate con vele rosse dipinte a mano nel 2019. È stata presentata in collaborazione con l’Associazione Vela al Terzo, curata da Chiara Spangaro, con la project manager Marcella Ferrari, co-organizzata da Magazzino Italian Art, con il supporto di Mazzoleni, insieme a più di 250 partner locali veneziani.
Grazie all’intervento artistico di McGill, le rappresentazioni tecniche e scientifiche del Po riprodotte nelle mappe d’archivio permettendo di riconnetterci con l’ambiente che queste mappe descrivono. Pigmenti organici quali indaco organico, caolino, ossido di rame, latte di soia prodotto dall’artista, aceto e acqua danno nuova voce alle rappresentazioni storiche dipinte in opere come Eridano (Number 1) (2024), racchiudendo sia la creativa espressività dell’acqua sia i riflessi degli astri appartenenti alla costellazione di Eridano. Anche le mappe che sono state consegnate a McGill al suo arrivo al Parco del Monviso, durante la visita alla sorgente del Po, hanno rappresentato un punto di partenza per i lavori nei quali l’artista sommerge le dettagliate informazioni cartografiche delle mappe originali con fluide correnti di colori naturali prodotti artigianalmente, evocando la vivacità delle acque sorgive del Po.
Queste opere portano in superficie i corsi d’acqua, affrancando completamente il loro linguaggio da quello artificioso e lambiccato degli uomini per lasciarlo scorrere libero come in Water Story (Po Source) (2023). In quest’ epoca di ”climate fatigue” (in italiano spesso definita eco-ansia), McGill modifica radicalmente la narrazione sulla crisi climatica, per offrire una storia diversa dei nostri corsi d’acqua: il suo intento è conferire potere e mettere in luce l’imperitura saggezza del fiume negli anni del cambiamento climatico ed esplorare nuove prospettive senza smettere di imparare dal passato. La mostra include le sculture in vetro soffiato nero Here and Now (2004) e Between the Two, II (2016), installazione che riproduce gli spazi in negativo dell’Apollo e Dafne di Bernini; le opere riflettono e dialogano con tutto ciò che le circonda. Guidata dai corsi d’acqua e dall’universo da oltre 25 anni, Melissa McGill esplora luoghi naturali misteriosi e straordinari e nuove prospettive, offrendo modi innovativi di avvicinare alcuni dei temi fondamentali e indifferibili dei nostri tempi.
Ogni suo progetto prende la forma di una costellazione – di individui, organismi ed elementi – e si riunisce con gli altri a creare nuovi racconti illuminati, in uno scambio reciproco con la natura. La mostra sarà accompagnata dall’omonimo volume Eridanus: The River Constellation. La pubblicazione, progettata dallo studio newyorkese Waterhouse Cifuentes, raccoglie il saggio di Kathryn Weir dedicato all’attività dell’artista, insieme ad una ricca conversazione sulla sua pratica artistica e di ricerca; e quello del direttore dell’Archivio di Stato di Torino Stefano Benedetto, che coniuga il lavoro di conservazione degli Archivi Storici con la contemporaneità della ricerca di McGill. La voce narrante dell’artista racconta in prima persona la genesi, le emozioni e il dietro le quinte della ricerca in progress dedicata all’acqua e al cosmo, presentata al pubblico per la prima volta nella mostra di Torino.