Gallery
Fondata nel 1999 a Torino, sin dagli inizi la galleria si contraddistingue per i coraggiosi e significativi progetti espositivi, che attraversano tutti i linguaggi artistici, mantenendo un’attenzione particolare alle pratiche concettuali e alla radicalità della ricerca. Nel corso degli anni, il programma ha mantenuto una costante evoluzione e crescita, accompagnata dalla migrazione in otto differenti spazi in città: una risposta a differenti esigenze architettoniche e progettuali, che ha lasciato gli artisti liberi di creare nuovi progetti in luoghi diversi.
Dal 2013, il centro delle attività è l’area di via Mottalciata 10, nella zona nord di Torino: spazio duttile, completato nel settembre 2020 da un’area open air di mille metri quadri a pochi passi dall’ambiente principale. Accanto all’organizzazione delle mostre nei propri spazi e alla partecipazione alle principali fiere internazionali, la galleria collabora con le più importanti istituzioni italiane e internazionali e con la città stessa, promuovendo la pubblicazione di libri, sostenendo e contribuendo alla produzione di opere e progetti dei propri artisti.
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Founded in Turin in 1999, the gallery distinguished itself from the very start for its courageous and significant exhibition projects crossing all artistic languages, while maintaining a particular attention to conceptual practices and to the radicality of research. Over the years, its program has maintained a constant evolution and growth, accompanied by the migration to eight different spaces in the city: a response to different architectural and planning needs, which has left artists free to create new projects in different places.
Since 2013, its center of activity has been the area around Via Mottalciata 10, in the northern part of Turin: a ductile space, completed in September 2020 with an open-air area covering one thousand square meters located just a short distance from the main premises. Alongside the organization of exhibitions in its own spaces and participation in major international fairs, the gallery collaborates with the most important Italian and international institutions as well as with the city itself, promoting the publication of books and supporting and contributing to the production of works and projects by its artists.
Exhibits
03.11.2024 - 01.02.2025
opening: 02.11.2024
03.11.2024 - 01.02.2025
La Galleria Franco Noero presenta la terza mostra personale di Martino Gamper. Per l’occasione, sarà presentato il progetto di mostra che l’artista ha originariamente concepito per gli spazi dell’Haus Der Kunst di Monaco tra il 2023 e il 2024. Durante il periodo di residenza artistica trascorso nell’istituzione tedesca, Gamper ha avuto la possibilità di creare una nuova serie di sedute, una sorta di sviluppo e continuazione del suo celebre progetto 100 Chairs in 100 Days.
27.09.2024 - 26.10.2024
opening: 26.09.2024
27.09.2024 - 26.10.2024
Galleria Franco Noero, Via Mottalciata 10/b.
La galleria aprirà al pubblico a partire dalle 18.00, mentre la performance avrà inizio alle 19.00.
L’esistenza degli esseri umani è legata a Dio, mentre l’estinzione degli animali è legata all’uomo. La mostra personale di Yahon Chang presso la Galleria Franco Noero di Torino intende creare una modalità di dialogo territoriale con lo spazio della galleria attraverso dipinti, sculture e opere installative uniche nel loro genere, con l’obiettivo di interpretare il suo concetto di “esistenza ed estinzione” e di riflettere sulle problematiche della vita. La creazione artistica di Yahon si è a lungo concentrata sulla sperimentazione e sull’espressione moderna della tradizionale pittura a inchiostro cinese, nonché sulla preoccupazione e sull’espressione della contemporaneità, in particolare sui due temi dell’“alienazione delle scienze umane e della società” e del “deterioramento dell’ambiente e dell’ecologia”. Come devoto cristiano, Yahon predilige le creazioni pittoriche improvvisate “a pennello rapido/inchiostro volante” per comunicare con Dio a livello spirituale in termini di pratica fisica e mentale personale, in un modo sempre diverso e con concetti che interpretano varie rappresentazioni visive di Dio come Creatore, Sacrificio e Redentore. D’altra parte, vivendo nella società contemporanea, la sua preoccupazione per la vita reale si riflette nell’attenzione e nella rappresentazione di tutti gli esseri viventi e degli animali vulnerabili. Dagli animali randagi a quelli in via di estinzione, questo è un altro percorso artistico che ha sviluppato ed esplorato negli ultimi anni. In questa mostra personale alla Galleria Franco Noero, Yahon Chang fa pieno uso di dipinti a inchiostro e di opere monocromatiche che corrispondono al bianco puro e allo spazio luminoso della galleria. Oltre al contrasto visivo, questa mostra creerà cambiamenti nel ritmo e nell’atmosfera dello spazio. I due temi delle opere esposte sono: “Compassion, Light of Creation”, che presenta l’interpretazione contemporanea di Yahon di varie forme e volti di Dio. Il secondo è “Helpless, Black of Depression”, che mostra la malinconia e l’ansia dell’orso nero taiwanese in via di estinzione.
Cresciuto a Taiwan nel secondo dopoguerra, le sue opere ritraggono un particolare linguaggio visivo che dà voce all’agonia, alle avversità e all’accettazione, cercando al contempo di raggiungere una spiritualità e una pace più elevate. Attraverso l’atto pittorico, i valori culturali e spirituali sono incarnati in modo intensamente personale. Nei suoi dipinti, l’artista taiwanese Yahon Chang unisce la tradizionale pittura a inchiostro cinese e le forme occidentali di espressione artistica per produrre una sintesi tra Oriente e Occidente. Solitamente in piedi su grandi fogli di tela di lino o carta xuan e brandendo un pennello lungo quasi quanto la sua altezza, Chang crea opere intrise di energia performativa caratterizzate da pennellate larghe e ampie. Attingendo ai letterati cinesi, alle tradizioni buddiste Zen (Chan) e alla fede cristiana, l’artista intende la pittura come un’attività che collega corpo, mente e anima attraverso l’esplorazione del rapporto tra calligrafia, letteratura cinese, filosofia Zen, arte marziale e spiritualità. Tutto il suo corpo funge da asse per questi dipinti espressivi ed è influenzato dalla sua formazione in calligrafia.
21.06.2024 - 21.09.2024
opening: 20.06.2024
21.06.2024 - 21.09.2024
Via Pollone 10/A – Torino
La Galleria Franco Noero è lieta di presentare Obdurate Space, la seconda mostra personale di Eric Nathaniel Mack con la galleria torinese. Per l’occasione, l’artista ha concepito una nuova serie di lavori che si legano all’architettura e all’ambiente del giardino esterno della galleria, un ex sito industriale in via Pollone: un luogo che, a pochi metri di distanza dallo spazio espositivo di via Mottalciata, è diventato il suo corrispettivo esterno.
La mostra riunisce un corpus di opere che si concentrano su alcuni dei temi più cari all’artista. Dalle sue composizioni più riconoscibili, dalle ricche tessiture, ottenute attraverso l’assemblaggio di tessuti, i cui colori e stampe fungono da tavolozza. A volte i tessuti sono montati su telai metallici, altrimenti sono composizioni più libere che favoriscono ed enfatizzano la loro presenza scultorea in rapporto con lo spazio e il volume, e in questo modo cercano costantemente di sintetizzare la pittura con la scultura.
Liberandosi dal confine canonico del piano bidimensionale, Mack utilizza tessuti sospesi e drappeggiati creando ambienti immersivi che dialogano ampiamente con l’architettura esistente e che invitano i visitatori a esplorare nuove prospettive e a interrogarsi sulle relazioni tra la materialità e lo spazio circostante.
Gli assemblaggi di tessuti colorati si trasformano in un archivio, montati su telai metallici o drappeggiati su soffitti e pareti, mostrano e infondono nuova vita a materiali trovati, logori e spesso trascurati, ricercati e impiegati dall’artista in un processo di riutilizzo che caratterizza evidentemente il suo modo di lavorare, esaltando e rivelando in maniera inaspettata e inusuale le caratteristiche migliori dei materiali da lui usati.
I tessuti diventano un ponte tra il corpo e lo spazio, suggerendo in modo subliminale l’idea del movimento e l’atteggiamento che le persone potrebbero avere indossandoli come abiti.
L’abito come veicolo di espressione personale e i cambiamenti transitivi del gusto e della moda sono altri elementi citati dal lavoro dell’artista, specchio delle infinite fonti di immaginario costantemente veicolate a qualsiasi livello – alto e basso, dalla sottocultura al mainstream – dalle riviste di moda e dalle fanzine in un costante rinnovamento del costume e della società.
Ispirata alla mostra di Judd Obdurate Space: Architecture of Donald Judd, tenutasi al Center for Architecture della Graham Foundation di New York nel 2018, in cui cinque progetti architettonici non realizzati di Judd sono stati presentati per la prima volta al pubblico, la mostra di Mack intende affrontare la complessità o piuttosto la relativa libertà nel prendere decisioni progettuali mentre si sperimenta la forma, lo spazio e la struttura di un dato luogo e, una volta compreso, creare un continuum tra arte e architettura senza essere compromessi da banali contingenze o differenze di scala.
Eric Nathaniel Mack presenterà un progetto in collaborazione con Christo and Jeanne-Claude Estate al Newport Art Museum di Newport nel luglio 2024. Sempre a luglio Mack terrà una mostra personale in Italia presso Casa Flash Art a Ostuni, in Puglia, mentre il suo lavoro è attualmente esposto alla Royal Academy of Arts di Londra in una mostra collettiva a cura di Veronica Ryan.
Eric Nathaniel Mack, Not titled yet, 2024
09.04.2024 - 15.06.2024
opening: 08.04.2024
09.04.2024 - 15.06.2024
Hassan Sharif, Copper, 2016 (detail)
05.11.2023 - 10.02.2024
opening: 04.11.2023
05.11.2023 - 10.02.2024
La Galleria Franco Noero è lieta di presentare A Clown Jumped into the Arena, la prima mostra personale di Anna Boghiguian in galleria a Torino, che si articola sia all’interno in Via Mottalciata, che all’esterno, nel giardino situato in un ex spazio industriale a pochi passi dalla galleria. Artista poliedrica e inveterata viaggiatrice, Boghiguian è conosciuta per i suoi disegni, dipinti, collage e complesse installazioni ambientali. Le sue opere, che da un lato cercano di confluire in un tentativo di mappare il mondo che ci circonda, combinano il più delle volte figurazione e scrittura mediante un tratto spontaneo, quasi immediato, e caratterizzate da colori saturi e vividi. Le strutture narrative concepite e messe in mostra da Boghiguian sono dense di pensieri personali, riferimenti storici e politici, di poesia e critica, descrivendo un mondo in perenne movimento e portando alla luce un’interpretazione profonda e autentica della condizione umana moderna e contemporanea. La mostra raccoglie una selezione di opere che pongono l’accento su alcuni dei temi più cari all’artista in un intenso dialogo tra lavori recenti e altri realizzati appositamente per l’occasione. Mediante l’utilizzo di un’ampia eterogeneità di materiali come la ghisa, il bronzo, il vetro, la resina, il tessuto e la cartapesta, il nuovo corpus di lavori trova la propria espressione nell’impiego di differenti tecniche che diventano cifra distintiva della pratica dell’artista e, completandola, manifestano la visione più intima di Boghiguian rispetto al mondo e alle sue continue trasformazioni.
L’artista è stata recentemente insignita del prestigioso Wolfgang Hahn Prize assegnato annualmente del Museum Ludwig di Colonia.
Anna Boghiguian (1946, Il Cairo) vive e lavora al Cairo, Egitto. Il suo lavoro è stato esposto in mostre personali in istituzioni pubbliche e private internazionali, tra cui: The Power Plant Contemporary Art, Toronto, Canada (2023); Kunsthaus Bregenz, Bregenz, Austria (2022); Kunsthaus Bregenz in Venedig: Scuola di San Pasquale, Venezia, Italia (2022); IVAM – Institut Valencià dʼArt Modern, Valencia, Spagna (2021); MGK-Museum für Gegenwartskunst Siegen, Siegen, Germania (2021); The Stedelijk Museum, Gent, Belgio (2020); Tate, St. Ives, UK (2019); Sharjah Art Foundation, Sharjah, EAU (2018); New Museum, New York, USA (2017); Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli, Italia (2017); Carré d’Art, Nîmes, Francia (2016); SBC Gallery of Contemporary Art, Montreal, Canada (2015); Benaki Museum of Greek Culture, Atene, Grecia (2010). Ha inoltre preso parte a Biennali e mostre internazionali, come: 35esima Biennale di San Paolo, San Paolo, Brasile (2023), 4a Autostrada Biennale, Prizren, Kosovo (2023), 22esima Biennale di Sydney, Sydney, Australia (2020); 56esima Biennale di Venezia, Padiglione Armenia, Venezia, Italia (2015); dOCUMENTA (13), Kassel, Germania (2012); 10a Biennale di Sharjah, Sharjah, EAU (2011); 11a Biennale Internazionale di Istanbul, Istanbul, Turchia (2009). Nel 2023 la Gesellschaft für Moderne Kunst le ha conferito il Wolfgang Hahn Prize, presso il Museo Ludwig a Colonia, Germania. Nel 2015 ha vinto il Leone d’Oro al Miglior Padiglione (Armenia) alla 56a Biennale di Venezia 2015.
English
Galleria Franco Noero is pleased to present A Clown Jumped into the Arena, Anna Boghiguian’s first solo exhibition at the gallery, which takes place both indoors, in the spaces of Via Mottalciata, and outdoors, in a garden set into a former industrial site a few steps away from the indoor premises of the gallery. A multifaceted artist and an inveterate traveler, Boghiguian is best known for her drawings, paintings, collages, and large-scale complex installations. Her practice, which on the one hand can be seen as an attempt to map the world that surrounds us, more often combines figuration and writing through a spontaneous, almost immediate act and the use of saturated and vivid colors. The narratives constructed and displayed by Boghiguian are dense with the artists’s personal thoughts, historical and political references, poetry and critique, depicting a world in constant movement and resulting in an eminently unique interpretation of the modern era. The exhibition brings together a selection of works that focus on some of the themes that are most dear to the artist forming an intense dialogue between recent works and others made specially for the occasion. Encompassing a wide heterogeneity of materials such as cast iron, bronze, glass, resin, fabric and papier-mâché, the new bodies of work find their expression in numerous techniques that simultaneously represent the distinctive characteristic of Boghiguian’s oeuvre and in turn complement it, reflecting her personal interpretation and outlook of a world in ceaseless transformation.
The artist was recently awarded the prestigious Wolfgang Hahn Prize given annually by the Museum Ludwig in Cologne.
Anna Boghiguian (b. 1946, Cairo) lives and works in Cairo, Egypt. Her work has been shown in solo exhibitions in international public and private Institutions, including: The Power Plant Contemporary Art, Toronto, Canada (2023); Kunsthaus Bregenz, Bregenz, Austria (2022); Kunsthaus Bregenz in Venedig: Scuola di San Pasquale, Venice, Italy (2022); IVAM – Institut Valencià dʼArt Modern, Valencia, Spain (2021); MGK – Museum für Gegenwartskunst Siegen, Siegen, Germany (2021); The Stedelijk Museum, Gent, Belgium (2020); Tate, St. Ives, UK (2019); Sharjah Art Foundation, Sharjah, UAE (2018); New Museum, New York, USA (2017); Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli, Italy (2017); Carré d’Art, Nîmes, France (2016); SBC Gallery of Contemporary Art, Montreal, Canada (2015); Benaki Museum of Greek Culture, Athens, Greece (2010), among others. She has participated in Biennials and international exhibitions such as: 35th Bienal de São Paulo, São Paulo, Brazil (2023); 4th Autostrada Biennale, Prizren, Kosovo (2023); 22nd Biennale of Sydney, Sydney, Australia (2020); 56th Biennale di Venezia, Armenian Pavillion, Venezia, Italy (2015); dOCUMENTA (13), Kassel, Germany (2012); 10th Sharjah Biennial, Sharjah, UAE (2011); 11th International Istanbul Biennial, Istanbul, Turkey (2009). In 2023 she was the recipient of the Wolfgang Hahn Prize from the Gesellschaft für Moderne Kunst at the Museum Ludwig in Cologne. In 2015 she was awarded the Golden Lion for the best national participation, 56th Venice Biennale (2015).
Anna Boghiguian, Alexandria, 2022 mixed media Courtesy the artist and Galleria Franco Noero
16.05.2023 - 30.09.2023
opening: 15.05.2023
16.05.2023 - 30.09.2023
Coins and Coffins Under My Bed è la sesta mostra personale di Jason Dodge con la galleria. Dodge definisce l’essenza del suo lavoro come qualcosa che va “di pari passo con quanto accade di già”. Per le sue nuove sculture l’artista utilizza vetrine e plinti di diversi Musei per accogliere nuove costellazioni di api morte, gemme e natron. Queste opere si sovrappongono ad una storia già esistente, dove prima si trovavano ceramiche di Paul Gauguin, un’opera di Louise Bourgeois di stoffa, vasi antichi, anoscritti di Carlo Mollino e sculture di Medardo Rosso, ora c’è la loro assenza. Questa mostra è al tempo stesso una collettiva e una personale, in cui la comunicazione della storia si intreccia con gli effetti collaterali dell’attività umana e con la poesia del detrito. Questa mostra si è resa possibile tramite la generosità di numerose Istituzioni:
CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia, Torino; Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino; Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino; GAM –Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, Torino; Musei Reali di Torino – Museo di Antichità; Palazzo Madama – Museo Civico d’Arte Antica, Torino; Pinacoteca Agnelli, Torino; Ny Carlsberg Glyptotek, Copenaghen. Coins and Coffins Under My Bed è il titolo di una poesia di Diane Wakoski. Dodge è, anche, incluso nella mostra Everybody Talks about the Weather curata da Dieter Roelstraete in apertura presso la Fondazione Prada di Venezia il 19 maggio. A partire dal 12 maggio, il bookshop Paint in Black di Torino ospiterà una rassegna dei suoi libri d’artista e delle sue edizioni, curata da Luca Cerizza. Quest’estate l’artista parteciperà alla RIBOCA Riga Biennial e alla nuova installazione della National Collection presso l’Hamburger Bahnhof di Berlino.
Jason Dodge (Pennsylvania, 1969) vive a Møn, in Danimarca. Negli ultimi venti anni Jason Dodge ha creato sculture e realizzato mostre che parlano di assenza, distanza, percezione tattile e visiva. Il suo lavoro è spesso paragonato alla poesia e, come molta poesia, richiede al lettore o allo spettatore di essere presente e di guardare dentro se stesso come veicolo di significati. Leggendo una poesia o una scultura, qualcosa di nuovo accade. Dodge dice: “non è ciò che qualcosa significa che è importante, è come qualcosa significa”. I suoi lavori non sono pensati per essere decifrati, piuttosto sono essi stessi macchine per decifrare. ll suo lavoro è stato oggetto di esposizioni personali presso Istituzioni pubbliche e private internazionali, tra le quali: MACRO – Museum of Contemporary Art, Roma, Italia (2022); Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino, Italia; Schinkel Pavillon, Berlino, Germania (2017); Institut d’Art Contemporain Villeurbanne Rhône-Alpes, Villeurbanne, Francia (2016). Tra le biennali ricordiamo la partecipazione a: 9a Liverpool Biennial, Liverpool, UK (2016); 55a Biennale di Venezia, Padiglione Lituania, Venezia, Italia (2013); 12a Biennale de Lyon, Lione, Francia (2013). Le opere di Jason Dodge fanno parte, tra le altre, delle collezioni permanenti di: Solomon R. Guggenheim Museum, New York, USA; MCA – Museum of Contemporary Art Chicago, Chicago, USA; collezioni Nazionali di Francia e Germania. Dodge è il fondatore della casa editrice Fivehundred Places, che ad oggi ha pubblicato 25 libri monografici di poesie di poeti contemporanei tra cui Ishion Hutchinson, Eileen Myles, CA Conrad, Dorothea Lasky e Matthew Dickman
20.02.2023 - 06.05.2023
opening: 20.02.2023
20.02.2023 - 06.05.2023
FELT è la prima personale dell’artista americano Eric Nathaniel Mack allestita a Torino nella galleria di Via Mottalciata.
Il lavoro di Mack varia dalla scultura all’installazione, dalle opere a parete ai lavori su carta. La sua estetica prevede un particolare tipo di tattilità e di utilizzo di oggetti comuni, con particolare attenzione a quelli legati all’abbigliamento. Elementi ready-made, quali indumenti, coperte, pannelli forati, pagine di riviste e occhielli, si ricompongono e si trasformano attraverso l’uso di pittura acrilica e di tinture.
Il linguaggio visivo di Eric Nathaniel Mack parla attraverso questi materiali, così come attraverso il colore e la consistenza, la percezione e la fluidità. Le sue opere si dispiegano e si muovono, rese vive da una gamma di tonalità, da forme irregolari e da una narrazione poetica. I riferimenti all’industria della moda e alla figura conferiscono una qualità seducente, riferendosi all’identità o a una narrazione fatta di materiale desiderio e intenzione.
Eric Nathaniel Mack (1987, Columbia, MD) vive e lavora a New York.
Ha conseguito il BFA presso la Cooper Union, New York, USA, e il MFA presso la Yale University, New Haven, USA. Nel 2017, Mack è stato il vincitore del primo BALTIC Artists’ Award, selezionato dall’artista Lorna Simpson, e ha completato la Rauschenberg Residency a Captiva Island, Florida, e una residenza d’artista presso la Delfina Foundation a Londra, Regno Unito.
Tra le mostre personali istituzionali ricordiamo Lemme walk across the room, Brooklyn Museum, New York, USA (2019); In austerity, stripped from its support and worn as a sarong, The Power Station, Dallas, USA (2019); il BALTIC Artists’ Award 2017, BALTIC Centre for Contemporary Art, Gateshead, Regno Unito (2017); e Eric Mack: Vogue Fabrics, Albright-Knox Art Gallery, Buffalo, New York, USA (2017). Tra le sue prossime mostre Chronorama / Chronorama Redux, curata da Matthieu Humery, a Palazzo Grassi a Venezia nel marzo 2023. Tra le principali mostre collettive ricordiamo la Whitney Biennial 2019, Whitney Museum of American Art, New York, USA; Ungestalt, Kunsthalle Basel, Svizzera (2017); In the Abstract, Massachusetts Museum of Contemporary Art, North Adams, USA (2017); Blue Black, Pulitzer Arts Foundation, St. Louis, USA (2017); Making & Unmaking: An exhibition curated by Duro Olowu, Camden Arts Centre, Londra, Regno Unito (2016); e Greater New York 2015, MoMA PS1, Long Island City, New York, USA (2015). Le opere di Mack sono presenti nelle collezioni permanenti della Albright-Knox Art Gallery, dello Studio Museum di Harlem e del Whitney Museum of American Art.
ENGLISH VERSION
Galleria Franco Noero is pleased to announce FELT, the first solo exhibition of American artist Eric Nathaniel Mack to be held in Turin in the spaces of Via Mottalciata.
Mack’s work varies from sculpture and installation, to wall pieces and work on paper. His aesthetic involves a particular type of tactility and usage of common items, primarily those related to clothing. Readymade elements, such as garments, blankets, pegboards, magazine pages, and grommets, recompose and transmute via usage of mediums like acrylic paint and dye. Eric Nathaniel Mack’s visual language speaks through these materials, as well as through color and texture, optics and flux. His works flow and shift, alive with a spectrum of hues, irregular shapes, and poetic drama. References to the fashion industry and the figure impart a seductive quality, connecting to identity or a material fiction of desire and intention.
Eric Nathaniel Mack (1987, Columbia, MD) lives and works in New York.
He received his BFA from The Cooper Union, New York, USA and his MFA from Yale University, New Haven, USA In 2017, Mack was the recipient of the inaugural BALTIC Artists’ Award selected by artist Lorna Simpson and completed the Rauschenberg Residency in Captiva Island, FL and an artist-in-residency at Delfina Foundation in London, United Kingdom.
Institutional solo exhibitions include Lemme walk across the room, Brooklyn Museum, New York, USA (2019); In austerity, stripped from its support and worn as a sarong, The Power Station, Dallas, USA (2019); The BALTIC Artists’ Award 2017, BALTIC Centre for Contemporary Art, Gateshead, United Kingdom (2017); and Eric Mack: Vogue Fabrics, Albright–Knox Art Gallery, Buffalo, New York, USA (2017). Among his upcoming exhibitions, CHRONORAMA curated by Matthieu Humery at Palazzo Grassi in Venice in March 2023. Major group exhibitions include the Whitney Biennial 2019, Whitney Museum of American Art, New York, USA; Ungestalt, Kunsthalle Basel, Switzerland (2017); In the Abstract, Massachusetts Museum of Contemporary Art, North Adams, USA (2017); Blue Black, Pulitzer Arts Foundation, St. Louis, USA (2017); Making & Unmaking: An exhibition curated by Duro Olowu, Camden Arts Centre, London, United Kingdom (2016); and Greater New York 2015, MoMA PS1, Long Island City, New York, USA (2015). Mack’s work is in the permanent collections of Albright-Knox Art Gallery, The Studio Museum in Harlem and the Whitney Museum of American Art.
Installation view, Eric Nathaniel Mack, Scampolo!, The Douglas Hyde Gallery of Contemporary Art, March 4 – May 29, 2022
06.11.2022 - 11.02.2023
opening: 05.11.2022
06.11.2022 - 11.02.2023
La Galleria Franco Noero è felice di presentare la quinta mostra personale di Henrik Olesen in galleria. La pratica artisitica di Olesen è ricca di molteplici riferimenti legati alla gay subculture e alla storia dell’omosessualità. L’artista rielabora le informazioni in forma di testo, immagine e altri materiali per affrontare temi quali le relazioni di potere e le norme sociali. Le sue opere spesso si focalizzano sui concetti quali le categorie e le gerarchie con il fine di suggerirne nuove composizioni e decostruzioni. Una volta era così. Ora non lo è più. I nuovi lavori su tela e pannelli di masonite si compongono di una molteplicità di colori dalla tonalità scura, addensanti e vernici adesive. In alcune delle superfici la plasticità dei colori a olio è concertata dalla presenza di stampe incollate su carta e pellicole traslucide, da testi scritti a mano dall’artista su nastro adesivo di carta e da prese elettriche verniciate a spray.
I AM PLASTIC. THIS IS MY ORGANS. Le opere in mostra rappresentano e raffigurano il sistema digestivo umano, in una pluralità di organi come l’intestino, lo stomaco, il fegato e i reni. I motivi ricorrenti presenti nelle opere sono inspirati a L’Homme ouvert (1923) di Jean Fautrier. Due nuovi passaggi sono stati aperti nelle pareti della galleria, così da mostrarne la loro architettura interna.
Le mostre personali di Henrik Olesen includono esposizioni al Reina Sofia, Madrid, Spagna (2019), Schinkel Pavillion, Berlino, Germania (2018), Wattis Institute, San Francisco, USA (2017), Museum Ludwig/Wolfgang-Hahn-Price, Colonia, Germania (2012), Kunstmuseum Basel, Basilea, Germania (2011), MoMA – Projects 94, New York, USA (2011). Tra le mostre collettive ricordiamo: KW, Berlino, Germania (2021), Kunstverein für die Rheinlande und Westfalen, Düsseldorf, Germania (2019), Hammer Museum, Los Angeles, USA (2018) Bienal de Sao Paulo, Brasile (2018; 2016), Fondazione Prada, Milano, Italia (2016), Punta della Dogana a Venezia – Fondazione Pinault, Venezia, Italia (2015; 2016), Biennale di Venezia, Venezia, Italia (2013), New Museum, New York, USA (2012), Generali Foundation, Vienna, Austria (2012) e Pinakothek der Moderne a Monaco, Germania (2012).
(immagine)
Henrik Olesen
Stomach, intestine, kidney, liver
2022
oil on canvas, painter butter, acrylic gel medium, paper, inkjet on transparent film,
Edding 750, tape
39.8 Å~ 50 cm / 15 5/8 Å~ 19 5/8 inches
HO 22.017
Crediti fotografici: Sebastiano Pellion di Persano
23.09.2022 - 26.10.2022
opening: 22.09.2022
23.09.2022 - 26.10.2022
La Galleria Franco Noero ha il piacere di presentare la quarta personale di Robert Mapplethorpe, negli spazi di via Mottalciata e in collaborazione con The Robert Mapplethorpe Foundation. La nuova selezione di fotografie, che supera il centinaio, è un viaggio che ripercorre tutte le fasi della carriera dell’artista dai suoi esordi fino alla sua scomparsa, volontariamente ordinate in sequenze che non guardano alla cronologia, a un genere o a qualsiasi tipo di gerarchia. Le fotografie hanno infatti un’empatia che le unisce, a volte una congruenza costruttiva nelle linee compositive, altre volte si tratta di suggestioni narrative, altre ancora sono la grana, l’impasto e i toni di bianco, nero e la gamma di grigi a dettare legge. Come capitato già in altre occasioni, data la disponibilità presso la Fondazione, si riesce a ricostruire alcune sequenze di fotografie realizzate nella stessa sessione, variazioni sullo stesso tema: è particolarmente interessante in questi casi vedere come ai modelli viene chiesto di interpretare una particolare postura, ad esempio desunta dallo studio di statue antiche, oppure di esprimere l’esuberanza e l’elasticità quasi malleabile e di qualità scultorea della muscolatura di ballerini, altro ‘topos’ ricorrente nella ricerca di Mapplethorpe. Il tono romantico delle foto del primo periodo, spesso scattate in esterni nel corso del suo primo viaggio in Inghilterra e ispirate con molta probabilità da un’ammirazione per la pittura inglese e per quella sua qualità di legarsi al paesaggio, si uniscono alla fascinazione per l’arte e per la cultura italiana ed in generale europea: un bronzetto ripreso di fronte ad una riproduzione fotografica di uno scorcio romano all’interno dell’antico Foro; il corpo color ebano di un modello ritratto in una posa con grande probabilità desunta dal celebre ‘Spinario’ dei Musei Capitolini, una delle statue più note nel ‘catalogo’ del Grand Tour; uomini incappucciati come frati della migliore tradizione barocca tali a quelli di Zurbarán; un discobolo in una vetrina di gessi, un delizioso bronzetto di Spartaco incatenato, un uomo di colore seduto a terra con accanto una felce come nella pittura ottocentesca di genere esotico, una pantera di marmo di gusto Art Decó, appaiata ad un kimono giapponese, una gardenia al centro del ricamo di uno scialle ‘paisley’, insomma un’intera serie di suggestioni e citazioni di tempi disparati nella storia che ritraggono perfettamente l’atmosfera di sollecitazione culturale di una città come New York negli anni in cui Mapplethorpe l’ha vissuta. E ancora i contrasti: un’acconciatura di treccine di fronte ad un arazzo, una testa di Pan baciata da un anturium, Lisa Lyon come angelo dai boccoli biondi o con la testa coperta da un mantello come nelle rappresentazioni della Vergine Maria, le linee essenziali di un volto femminile di Matisse in un loft a New York, un meraviglioso argento con piccolo elefante di Gorham su fondo nero profondo e cosi via.
Robert Mapplethorpe (New York 1946 –Boston, MA 1989), ha studiato disegno, pittura e scultura al Pratt Institute di Brooklyn, per poi iniziare una carriera come artista e fotografo che lo ha portato ad esporre il suo lavoro in una innumerevole serie di mostre personali nelle Istituzioni di tutto il mondo, a partire dalla prima grande retrospettiva dedicatagli dal Whitney Museum of American Art di New York nel 1988, un anno prima della sua morte. Nello stesso anno Mapplethorpe ha dato vita alla Fondazione che porta il suo nome, dedicata a promuovere la fotografia, dare supporto ai Musei che la espongono, e a raccogliere fondi per la ricerca medica contro l’AIDS e contro le malattie ad esso correlate. Il lavoro dell’artista è presente nelle collezioni dei maggiori Musei internazionali e la sua importanza storica e sociale continua ad essere oggetto di rilevanti mostre personali nel mondo.
Robert Mapplethorpe, Lisa Lyon, 1981
©️ Robert Mapplethorpe Foundation. Used by permission.
02.11.2021 - 18.05.2022
opening: 06.11.2021
02.11.2021 - 18.05.2022
La Galleria Franco Noero è felice di presentare a Torino la seconda mostra personale di Lothar Baumgarten (1944–2018).
Si tratta di un progetto ideato dall’artista già prima della sua prematura scomparsa, una scelta di opere che coprono l’intero arco e le varie fasi della sua carriera in modo da rivelare la continuità del suo pensiero rispetto alle istanze visive e concettuali che lo hanno interessato per tutta la vita. I suggerimenti e le intuizioni del primo periodo del suo percorso artistico prendono corpo e si esplicitano mescolandosi alla sua esperienza personale, con il desiderio di confronto con una realtà lontana da noi nel tempo e nello spazio che si concretizza nel periodo in cui vive con la popolazione degli Yãnomãmi nella parte alta e più remota dell’Orinoco, al confine tra Brasile e Venezuela, nella seconda metà degli anni ’70.
Tre importanti sculture dominano i volumi degli spazi concatenati che compongono la Galleria: Caimán, Nariz Blanca(1989-2010), [Arché]_(Ark) (1969-2016), e Ascheregen (2017), alle pareti invece una scelta puntuale di opere fotografiche e dipinti murali sono in relazione empatica e atemporale con le opere scultoree.
L’intero lavoro di Baumgarten agisce a diversi livelli e si esprime con mezzi disparati, generandosi dal modo con il quale l’artista ha inizialmente cominciato ad osservare e misurarsi con il mondo che ci circonda, con la natura e lo spazio e i cambiamenti che in essa si operavano man mano, cioè tramite la lente della macchina fotografica, e anche tramite l’obiettivo della macchina da presa, dando corpo ad immagini che sono sia la registrazione della realtà circostante e dei colori che essa assume -includendo in questo anche il bianco e nero e la gamma di grigi della realtà restituita dalla foto- sia quella immaginata dall’artista con allusioni che hanno un sapore esotico e che rimandano ad un altrove. Il mondo che ci circonda e che Baumgarten osserva è anche quello degli umani e degli animali, tramite l’evocazione di un universo selvaggio e primitivo, agli albori del mito, in una commistione che unisce lo spirito dell’esploratore a quello dell’antropologo e dell’etnologo, la lingua e i caratteri alfabetici che la esprimono e che rappresentano la nostra conoscenza che si contrappongono e sovrappongono ad uno spirito primordiale che si trova al suo opposto perché quella lingua non la conosce. Si attua spesso un processo che è simile a quello della ricerca etimologica, partendo dalla parola fino a scavarne la sua origine.
I River Pieces realizzati a parete sono testimonianza dei livelli di sovrapposizione: le parole dipinte a muro evocano terre lontane, fanno immaginare dei luoghi distanti anche per via dell’impasto sonoro delle parole una volta pronunciate: sono nomi di fiumi difficilmente rintracciabili sulle mappe comuni, tanto quanto le popolazioni che li abitano il cui nome a volte coincide con essi, lettere del nostro alfabeto con la forma dei nostri caratteri di stampa colorate dai toni del piumaggio degli uccelli che volano in quegli stessi luoghi, il cui nome scientifico espresso in latino da il titolo all’opera.
Le lunghe piume colorate di rosso e di blu della coda del pappagallo Ara Macao ricoprono il tetto della struttura archetipica di una grande casa, o simbolicamente un’arca, dall’ossatura di legno, la quale poggia su dei rami che alludono alle onde di un fiume la cui massa liquida e opaca si condensa in due lastre di ceramica nera vagamente iridescente adagiate a terra: si tratta di [Arché]_(Ark), un’opera concepita alla fine degli anni ’60 quando Baumgarten già accarezzava il sogno di un viaggio al di là dell’Oceano presso i nativi dell’Amazzonia e terminata poi nel 2016, ad anni di distanza dal tempo passato con gli Yãnomãmi.
I suoni registrati nella foresta insieme alle voci degli Yãnomãmi si fanno sorprendentemente vicini e risuonano all’interno della SAAB 900 che l’artista ha usato per un lungo periodo della sua vita. L’opera domina lo spazio centrale della Galleria, in dialogo con un River Piece i cui toni del verde e del nero riprendono quelli della foglia di banano adagiata all’interno di un’auto Volkswagen, in una fotografia appesa sulla parete adiacente che si chiama VW do Brasil, in cui convivono nuovamente lo spirito di una natura esuberante e lussureggiante e l’eleganza precisa della meccanica e dei materiali dell’automobile, diametralmente opposta.
Un testo scritto dall’artista accompagna Caimán, Nariz Blanca (Caimano, Narice Bianca), del quale segue un estratto:
“Una SAAB bianca modello 900 del 1989 è stata trasformata in un’opera sonora, intitolata ‘Caimán, Nariz Blanca’ in riferimento al suo aspetto morfologico.
Funziona contemporaneamente come luogo, come posizione, come capsula del tempo e come eccezionale esperienza sonora della durata di 35 ore.
Fornisce uno spazio intimo per la contemplazione del tempo e della distanza quando la volta acustica dell’auto si riempie dei suoni della lingua nativa parlata dal popolo degli Yãnomãmi. È un lavoro sullo spazio e sul tempo, sulla consapevolezza dell’esistenza di lingue morenti ed estinte, una riflessione sulla diversità linguistica e una critica culturale riguardo all’agonia e alla rassegnazione. È una dichiarazione della società degli Yãnomãmi e della poetica della loro “letteratura non scritta”.
Durante gli anni 1978, 1979 e 1980, ho vissuto 18 mesi con il popolo Yãnomãmi nelle profonde foreste pluviali della regione dell’Orinoco superiore, tra le montagne Parima a cavallo tra Venezuela e Brasile. Restaurata accuratamente e con la sola modifica data dall’inserimento di un sistema audio surround, l’auto ha potuto fornire uno spazio acustico ermeticamente sigillato, perfetto per ascoltare le registrazioni da me effettuate sul campo in vari insediamenti negli anni 1978, 1979 e 1980.
Il contenuto dell’opera non si esaurisce soltanto nella sua grammatica formale e nelle sue caratteristiche fisiche, si sostanzia piuttosto nel dialogo e nello scambio umano che l’opera permette di attuare. La profondità dell’esperienza, condivisa per diciotto mesi senza alcun contatto con il mondo esterno, è presente in queste registrazioni. La mia presenza fisica è costante e palese in tutte le registrazioni, ma non esiste una mia presenza fonetica in alcuna di esse. La ‘SAAB’ è un sostituto della mia silenziosa presenza fisica al momento delle registrazioni, allo stesso tempo rappresenta la mia assenza durante la sua presentazione”. (LB)
Ascheregen (Pioggia di Cenere) è l’opera realizzata da Lothar Baumgarten in occasione della sua ultima partecipazione ad una mostra istituzionale: intitolata Prometheus Unbound essa ha avuto luogo nel 2017 presso la Neue Galerie a Graz, a cura di Luigi Fassi. Il testo scritto da Fassi per il catalogo che ha accompagnato la mostra si riferisce all’interpretazione data da Baumgarten al mito di Prometeo, tramite una serie di interventi che spaziano a più livelli, di cui l’opera presentata in mostra – un ampio tavolo vetrina come quelli da museo le cui gambe poggiano in maniera apparentemente precaria su pile di piatti di terracotta bianca – è l’oggetto dalle caratteristiche più radicate e meno effimere.
Il confronto con il pensiero mitico e la dimensione interrogativa del mito di Prometeo sono evidenziati da Lothar Baumgarten, che si interroga anche sul significato del prometeismo e sul suo perdurante potenziale enigmatico nel tempo. Baumgarten, il cui lavoro si è sempre basato su un’intensa riflessione sulla natura e sulla sua problematica categorizzazione attraverso le forme antropiche della cultura e della scienza, in una serie di nuovi lavori ha operato una riflessione su alcuni aspetti essenziali del mito. Chi è Prometeo? Come abbiamo visto, l’antico Titano è un’entità cosmologica ancestrale che precede gli dei olimpici; è una potenza primordiale (temporaneamente) costretta a farsi strappare il fegato da un’aquila, destinato poi a rigenerarsi ogni notte in un ciclo senza fine. Baumgarten rappresenta gli eventi mitologici mettendoli a nudo nella loro materialità cruda e ardente. Nel corpo di lavoro presentato in mostra, intitolato ‘Ascheregen’, elementi sparsi sono riuniti: i nomi dei Titani appaiono dipinti su piume di aquile; e ceneri e pietre di carbone sono poste una accanto all’altra in un’enigmatica evocazione di Prometeo attraverso elementi biologici e forme naturali. Il carbone come elemento minerale riappare in altre sculture, segnalando indirettamente la latenza del fuoco come elemento primario; un segnale di intelligenza e forza, ma anche di paura e distruzione.
Il laconismo del testo di Kafka è un riferimento chiave che attraversa il dialogo di Baumgarten e Stockhausen con il mito di Prometeo. Il mito non può essere ermeneuticamente forzato in un’unica interpretazione e, per la sua stessa struttura, richiede una continua rilettura, un processo che porta in primo piano la sua dialettica di progresso e stasi, di sviluppo e fallimento. Se il mito insegna sia la permanenza del possesso umano della cultura che l’irreversibilità del suo sviluppo nonostante l’opposizione della volontà di Zeus, Baumgarten esplora tale affermazione, sottolineando la possibilità -trasmessa dal mito- di resistenza attraverso l’auto-coltivazione.
In questo modo, elementi della cultura del lavoro e dell’impegno civile sottolineano le manifestazioni di una possibile Bildung che Baumgarten lascia emergere nelle sue opere su Prometeo. Pietre, ceneri, pigmenti, piume, ma anche riferimenti letterari, convergono a comporre un corpo di ricerca volto a cogliere il pensiero mitico attraverso la natura nascosta delle cose. Questo viene fatto esplorando il loro aspetto enigmatico, la storia contenuta nella loro materialità effimera, così come la loro consistenza organica e la loro seducente ambiguità.
Luigi Fassi, Prometheus Unbound, 2017, Mousse Publishing, a cura di Luigi Fassi e steirischer herbst – pagg. 181-182
Shapono è un disegno a carboncino realizzato a parete che mostra schematicamente la distribuzione dei nuclei familiari al di sotto del tetto ricoperto di foglie di palma, di forma circolare e aperto al centro, in cui gli Yãnomãmi vivevano attorno a singoli focolari. E’ un disegno tracciato dall’artista originariamente a matita su di un piatto di ceramica bianca la cui superficie aveva in parte ricoperto di biacca bianca e posto all’interno di una vetrina in cui ve ne sono altri che fungono da mappa fluviale delle zone limitrofe allo shapono. La funziona primaria del mangiare e la convivialità che il piatto immediatamente ci suggerisce, insieme alla sua forma, coincidono sorprendentemente con la forma del luogo in cui si consumano invece le abitudini abitative e la struttura e organizzazione sociale del popolo Yãnomãmi.
Una eccezionale documentazione etnografica, preziosa ed emozionante, riguardo alla costruzione del tetto dello shapono con foglie di palma e insieme ad altri riti e consuetudini, è costituita dai 6 films girati da Baumgarten in bianco e nero e a colori nel corso del tempo che ha speso con gli Yãnomãmi, proiettati uno di seguito all’altro nello spazio riservato ai progetti speciali della galleria al piano inferiore.