Gallery
Fondata a Torino nell’aprile 2015 in forma di associazione culturale, la galleria Febo e Dafne persegue lo sviluppo dei talenti e la promozione di artisti a diversi stadi di carriera, anche raccogliendo l’eredità della galleria Dieffe. Contribuendo a creare un forum d’ampio respiro per le arti visive, favorisce l’incontro degli autori contemporanei con il collezionismo e la critica d’arte. Vetrina di creatività, Febo e Dafne opera nel proprio spazio espositivo a Torino, in Via Vanchiglia, 16 interno cortile – una delle zone emergenti e più amate dall’art system sabaudo. La galleria Febo e Dafne offre diversi servizi per gli artisti. In particolare, fornisce assistenza per la realizzazione di portfolio, presentazioni per concorrere a residenze d’artista, premi, progetti finanziati, borse di studio e acquisizioni istituzionali. Sono gradite, da parte degli artisti, proposte di mostre personali o possibili inserimenti in mostre collettive presso la galleria ma anche in fiere e in spazi espositivi pubblici o istituzionali.
Exhibits
20.09.2024 - 26.10.2024
opening: 19.09.2024
20.09.2024 - 26.10.2024
Oasis Sagrados, solo-show di Karina Chechik in programma a settembre alla galleria Febo e Dafne, rappresenta l’atteso ritorno dell’artista argentina a Torino dopo numerose esposizioni realizzate in Italia e all’estero. Il nuovo progetto risulta la naturale prosecuzione e sviluppo della sua peculiare ricerca perennemente in progress, in cui temi come luce e spiritualità si rivelano le costanti irrinunciabili sottese al suo lavoro. Sono luoghi sospesi e indefiniti, in cui regna un’ascetica quiete, a dischiudersi in ogni opera, oasi di contemplazione in grado di avvicinare e creare un contatto simbiotico tra dimensione interiore e ultraterrena. Giocando con spazio e luce ogni tela attraversa muri e pareti in profondità, aprendo finestre verso paesaggi interiori. L’essere umano compare in modo sporadico, risultando quasi sempre assente, per essere invece protagonista come spettatore, presenza infinitamente piccola al cospetto dell’immensità dell’universo. Non importa se le Oasis Sagrados siano ambienti chiusi o aperti, costruiti o naturali, edifici o foreste: in entrambi i casi è sempre presente una tensione verso l’infinito e un’atmosfera intrisa di sacralità universale. Boschi, fitte trame di alberi e vegetazione accanto alle ieratiche architetture di luoghi dedicati all’arte sono le due anime complementari che concorrono a comporre il progetto espositivo, espressioni diverse, ma strettamente collegate, di nuove forme di spiritualità contemporanea. Herman Hesse definiva gli alberi come santuari – “chi sa parlare con loro, chi sa ascoltarli, conosce la verità” – e Karina Chechik interpreta e dipinge foreste di piante come vere e proprie cattedrali terrene, centri di energia in cui è possibile percepire frequenze e vibrazioni di ordine superiore. Le linee di fuga, tracciate dai fusti verticalmente proiettati verso l’alto, convergono in un punto ideale perso nella profondità del cosmo mentre attraverso il fitto fogliame filtrano sprazzi e bagliori di luce, alludendo alla dimensione trascendente che si può solo intuire e intravedere oltre. Riguardo a religione e fede, nella società contemporanea occidentale si riscontra infatti una sempre più evidente tendenza nel ricercare altrove nuove forme di misticismo e avvicinamento all’assoluto rispetto agli spazi comunemente adibiti al culto, come nei musei e gli edifici dedicati alla cultura oppure in particolari contesti naturali. Brian O’Doherty in Inside the White Cube teorizza addirittura come una galleria sia “costruita in base a leggi rigorose, come quelle che presiedevano all’edificazione di una chiesa medioevale. Poiché il mondo esterno deve restare fuori, in genere le finestre sono sigillate; i muri sono dipinti di bianco; il soffitto diventa fonte di luce.” L’architettura dei templi contemporanei vocati all’arte e alla cultura nei quadri di Chechik diventa solenne e maestosa. Ombre avvolgenti, fasci luminosi che piovono dall’alto o bagliori in lontananza incastonati in prospettive geometriche rivelano la segreta essenza spirituale di ogni luogo. Ѐ una impalpabile ed evanescente dimensione sacrale ad emergere dai vari ambienti esplorati e raffigurati in ogni opera: quella “sottile aura eterna”, così come è stata definita dall’artista, che in modo perseverante e continuo Karina Chechik ricerca, sublima e restituisce tramite tutto il suo lavoro.
04.05.2024 - 15.06.2024
opening: 04.05.2024
04.05.2024 - 15.06.2024
La Galleria Febo e Dafne è lieta di presentare Mutabilità, in partecipazione al festival di fotografia Exposed (dal 2 maggio al 2 giugno), presentiamo una mostra collettiva, che intende proseguire l’esplorazione espandendo il progetto esposto alla fiera The Phair (dal 3 al 5 maggio). Le fotografie in mostra fanno parte della ricerca degli artisti con i quali abbiamo lavorato negli ultimi anni , oltre ad una nuova proposta. Le immagini sia pure realizzate in diversi ambiti hanno in comune la presenza dell’essere umano, sia fisicamente rappresentato che richiamato attraverso sentimenti ed emozioni diverse. Sensazioni che permettono ad ognuno di esplorare la propria capacità di cambiare ed evolversi come essere umano.
Riccardo Bandiera porta la serie Atlas over Arteries, progetto fotografico che interpreta e rappresenta il corpo come un paesaggio mutevole, che cambia quando in contatto con elementi diversi. La pelle è come un foglio bianco, dove l’artista inserisce elementi naturali, come insetti, foglie, spine e rami, che si congiungono nell’epidermide, cambiando in concetto le classiche foto di nudo.
Karina Chechik, con l’opera Galleria di Diana della Reggia della Venaria Reale che appartiene alla serie delle Architetture di Luce con opere uniche che nascono dalla fusione di fotografia e pittura. Partendo da fotografie che catturano la materialità di un edificio o di un luogo, Chechik inizia il suo personale viaggio artistico per svelarne il significato attraverso il gioco di luci e ombre, per trascendere la mera descrizione architettonica che spesso, nella nostra società secolare, è una distrazione dallo spirituale.
Diego Dominici con la serie di fotografie Ater vuole rappresentare momenti, sentimenti e visioni. Queste fotografie vengono realizzate attraverso l’utilizzo del colore nero e delle sue sfumature, sfruttando il trattamento lucido o quello opaco per creare volumi e profondità. Ater, che letteralmente rappresenta il nero opaco e il nero della sua accezione più negativa, vuole essere una critica al mondo contemporaneo: corrotto, indifferente alla tutela dell’ambiente e privo di valori etici e morali.
Carlo Gloria porta i Portici di Torino, conosciuti da tutti, che ci riparano in giorni di pioggia e ci danno un po’ di ombra in giorni di sole. Sono una caratteristica di Torino con il loro sviluppo di ben 18 km di eleganza e utilità. Con questa serie, Gloria porta i portici dentro le pareti di casa, con composizioni e sovrapposizioni di portici, con persone che camminano e che cambiano la vivacità della città ad ogni momento.
Luisa Raffaelli ha indagato in diversi lavori il tema della città, tema a cui è molto sensibile anche per la sua formazione di architetto. Fra questi, La Città Nido. Questo lavoro è una sorta di installazione fotografica che sviluppa una narrazione immaginifica: la fuga delle case dalle periferie urbane in cerca di nuove modalità e di senso dell’abitare. Le case si strappano dal suolo e volano in alto per ricongiungersi nel cielo in conglomerati abitativi ospitali, relazionali, comunitari e liberi.
Mery Rigo con questa installazione mette insieme fotografia e pittura, reale e non. L’opera è stata realizzata nello spazio della Cavallerizza Reale, uno spazio che durante anni è stato utilizzato da diversi artisti, come studio e come posto espositivo, e attualmente sono in corso dei lavori di ristrutturazione. Con quest’opera Mery Rigo si domanda cosa succederà, Cosa resta? Intende dello spazio della Cavallerizza nel futuro.
Marta Scavone con questi autoritratti della serie Moda Pandemica realizzati con un approccio multidisciplinare, con l’utilizzo della fotografia, performance e moda. L’artista ha utilizzato materiali riciclati per cucire i suoi vestiti, che poi ha indossato e fotografato. È una serie che ci fa capire come gli oggetti che utilizziamo in situazioni critiche o di emergenza possono relazionarsi con aspetti storici, politici e sociali, cambiando la visione delle persone per un mondo più sostenibile.
Stefano Stranges nella serie Medulla and Pupil. The answer vuole raccontare, attraverso le fotografie, come il cervello e gli occhi interagiscono per percepire il mondo. Quale è la teoria della forma visuale, chi vede realmente, sono le nostre pupille o il cervello che interpreta l’immagine? Medulla cerca le risposte, le pupille cercano il giudizio, che condiziona e che taglia radici. “La grande iride Medulla la copre dando le spalle a noi, che siamo l’altro lato di Pupilla. Un nuovo battesimo senza terra, senza acqua, senza Medulla.”
Carina Leal
15.03.2024 - 27.04.2024
opening: 14.03.2024
15.03.2024 - 27.04.2024
Vulnerabilēs Vulnerabilēs è un invito alla riflessione sull’individualità. Ogni giorno socializziamo con altre persone, stabiliamo connessioni e legami, alcuni più profondi, altri meno. Condividiamo lo stesso spazio, abitandolo in forme differenti. Comunichiamo diversamente, alcune persone hanno l’abilità di parlare, di esprimersi e dire tutto quello che pensano. Altri, più chiusi, non sanno come dire ciò che hanno in testa, magari per vergogna o paura di non essere capiti, di ferire gli altri o loro stessi. Siamo affetti da tante cose allo stesso tempo ed è difficile concentrarsi, capire l’importante, quello che ci rappresenta, la nostra natura. Siamo esseri vulnerabili che tutti i giorni si svegliano per giocare nello stesso gioco, alcuni vinceranno ma tanti altri no. Dobbiamo provarci, dare il nostro meglio ogni giorno in modo che saremo capaci di superare le nostre paure, per crescere ed evolvere come essere umani. Esiste una vulnerabilità associata all’atto di lasciarsi osservare nel proprio intimo davanti agli altri. Dobbiamo guardare e interpretare per poter tracciare diversi fili che ci connettano. Lasciare le nostre vulnerabilità, dare una parte di noi agli altri per riuscire a stabilire legami più forti. Guardare un’opera d’arte è guardare l’anima dell’artista. L’opera è la forma di comunicazione più genuina degli artisti, è una parte di loro donata agli osservatori.. Ognuno la interpreterà attraverso il filtro delle proprie vicissitudini ed esperienze. Con le opere che vi presentiamo, vi invitiamo a osservare, a capire, a chiedere e a parlare. A rendervi vulnerabili dall’effetto delle opere, senza giudizi.
Le opere di Annamaria Nicolussi Principe sono incentrate sulla comunicazione stabilita dal dialogo come luogo dove nasce o finisce un rapporto. Prendendo ispirazione dal mito e dalla letteratura, parla di rapporti impossibili o negati. In cui emerge la necessità di prestare attenzione al modo con cui ci rappresentiamo agli altri, come ci guardano e come noi guardiamo loro e la realtà. Questo aspetto può essere vissuto come una difficoltà nell’instaurare un legame, impedendo la creazione di uno spazio comune tra le persone, rendendo possibile il contatto.
I lavori di Fabio Cipolla sono il riflesso del suo spazio, con il quale può intervenire e dialogare, creando diverse connessione. Ognuno ha il suo posto nel mondo e lo percepisce in forme diverse, stabilendo un contatto con gli elementi che lo circondano, instaurando e tessendo relazioni con altri corpi. Il corpo vive l’indeterminatezza del passaggio delle persone, creando punti di connessione che raccontano la capacità e la bellezza del fare collettivo e l’importanza e la connessione che avviene tra le persone coinvolte nello spazio.
Bio
Annamaria Nicolussi Principe (Trento, 1997) vive, lavora e studia tra Trento e Torino. Nel 2019 si è diplomata in Pittura all’Accademia di Belle arti di Urbino. Dal 2021 è iscritta alla Scuola di Decorazione dell’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino. La sua produzione comprende disegni, dipinti, fotografie ed installazioni scultoree. Con il disegno esplora le dinamiche relazionali all’interno del nido come casa, popolandolo con creature immaginarie in lotta tra loro. Attraverso il mezzo fotografico analizza il corpo e la percezione di sé espressi attraverso la metafora del fiore. Di recente, con gli ultimi lavori in cera, ha approfondito i temi del corporeo e della carne. Ciò che accomuna tutti i suoi lavori è l’attenzione alla traccia e al residuo come metafora di una presenza assenza.
Fabio Cipolla (Gorizia, 1998) vive e lavora tra Torino, Carrara e Friuli. Si diploma nel 2021 alla triennale presso l’Accademia di Belle Arti di Carrara, indirizzo Scultura; successivamente conclude nel 2024 il corso magistrale presso l’Accademia Albertina di Torino, indirizzo Scultura ed arti performative. Nel corso degli anni ha sviluppato un forte interesse nei confronti della scultura, indirizzata a un’attenta riflessione sullo spazio, un’osservazione meditata che induce il soggetto a essere consapevole della propria dimensione e condizione materiale. Da qui la commistione di questi elementi in un’unica forma, il progetto “My place”: linguaggio caratterizzato da un forte senso di appartenenza e radicamento, capace di riunire e accogliere, diffondere e tramandare.
Carina Leal
27.10.2023 - 02.12.2023
opening: 26.10.2023
27.10.2023 - 02.12.2023
La mostra partecipa all’opening collettivo TAG in occasione di Artissima sabato 4 novembre 2023
Il concetto di “Sottopelle” si associa alle opere in mostra in un duplice significato. Da un lato, questo termine si lega alla tecnica impiegata da Pier De Felice nella creazione delle sue opere: frutto di un procedimento in cui l’artista incide il supporto e applica poi uno strato di resina, creando così delle linee che ricordano le tracce lasciate da un tatuaggio sotto la pelle. Dall’altro lato, “Sottopelle” assume un significato più ampio, indicando qualcosa che è intrinseco nell’essenza stessa dell’umanità, un elemento inscindibile del nostro DNA, una modalità di comportamento che ci caratterizza.
Nelle opere di Pier De Felice, alcuni elementi tipici della quotidianità assumono una nuova forma: da semplici oggetti d’uso comune vengono trasformati in soggetti di un mondo immaginario ideato dall’artista, intriso di favole, poesia e speranza, ma non senza una ferma volontà di purificazione.
Pier de Felice (Torino, 1969) Vive e lavora a Pianezza (TO).
Di formazione non accademica, De Felice giunge alla pittura dalla metà degli anni Ottanta. Nel 1989 intraprende un viaggio in giro per l’Europa che lo porterà per circa un anno e mezzo a contatto con gallerie e musei, rientrato comincia a frequentare lo studio di Enrico Colombotto Rosso. Da questa frequentazione, che dura oltre quindici anni, De Felice approfondisce le sue conoscenze tecniche in ambito artistico.
Le prime mostre arrivano nel 2002 e tra personali e collettive, in Italia e all’estero, ha continuato ad evolvere il suo linguaggio pittorico contaminandolo di materiali e tecniche tra le più disparate, mantenendo sempre costante quella curiosità e quella passione per il viaggio e la scoperta che aveva caratterizzato il suo approccio iniziale all’arte.
Tra le mostre più rilevanti si segnalano: La 54° Biennale Venezia Padiglione Italia Torino Esposizioni, nel 2011; Pier De Felice & Francesco Di Lernia, alla Galerija Dimenzija Napredka – Solkan (Slovenija) a cura di Willy Darko nel 2010; XX x XX Studio D’Ars – Milano, collettiva del 2013 a cura di Daniele Decia; la collettiva Sun Soul Various Spazio Novaventinove – Torino a cura di Francesca Canfora e Daniele Ratti nel 2011.
L’artista è rappresentato dalla galleria Febo e Dafne di Torino dove ha esposto nel 2018 con la personale “Short Stories” e nel 2020 con “Assemblages”
15.09.2023 - 21.10.2023
opening: 14.09.2023
15.09.2023 - 21.10.2023
Malinconia e atmosfere sospese, visioni subacquee e nuotatrici come ninfe e muse poetiche sono i soggetti d’elezione delle fotografie di Riccardo Bandiera, esposte in occasione del suo primo solo-show a Torino. In mostra il progetto Nantes Lubricis Pelagi – tutt’ora in progress – con alcuni inediti, la serie subacquea Hiraeth e Atlas over arteries.
07.07.2023 - 09.09.2023
opening: 06.07.2023
07.07.2023 - 09.09.2023
La mostra propone le opere delle due artiste Carina Leal e Sofia Fresia, che utilizzano diversi mezzi espressivi quali disegno, fotografia e pittura. I lavori di Carina Leal e Sofia Fresia spaziano in una varietà di medium e di tematiche, raccontando le loro storie, pensieri e passioni personali. Così come ciascuno ha i propri gusti, abitudini e peculiarità che rendono le proprie storie diverse da quelle altrui, i lavori in mostra danno due diverse prospettive sull’interiorità, differenti tra loro ma accomunate dall’evocazione di un rifugio mentale costruito con ricordi, sensazioni e spazi immaginari. La mostra vuole essere un invito a riflettere ognuno sul proprio rifugio: quei posti fatti di momenti e persone dove sentirsi felici; le due artiste ce ne presentano i loro personali esempi. Il progetto di Carina Leal è un’auto-caratterizzazione che nasce dal suo legame con la natura e dall’osservazione dei dettagli che la circondano. I disegni descrivono vari momenti della sua vita, rappresentando persone, luoghi o momenti che sono il suo rifugio. Nelle fotografie, il corpo è una foglia a contatto con il mondo esterno, sulla quale si proiettano molteplici forme, ombre e colori, che rendono unico ogni scatto. Gli elementi presenti nelle tele di Sofia Fresia hanno spesso un richiamo autobiografico, legato al suo vissuto di nuotatrice. Le diverse opere trasportano nella mente di Sofia, nei suoi rifugi liquidi e granitici: universi ambigui, spazi dove gli strumenti del nuoto convivono con elementi antitetici.
Carina Leal (Guarda, 1997) è pittrice, fotografa e curatrice. Ha studiato presso la Faculdade de Belas Artes de Lisboa e, durante la laurea magistrale in Mercati d’Arte, si è trasferita a Torino, dove attualmente vive e lavora. Le sue opere uniscono l’intimità del corpo umano e la bellezza delle forme naturali, intrecciando i vari elementi in un rapporto paritario.
Sofia Fresia (Genova, 1992) è pittrice e nuotatrice. Ha studiato all’Accademia Albertina di Torino, città in cui vive e lavora. Nella sua pratica artistica attinge principalmente dall’universo iconografico del nuoto per realizzare opere che trattano la contemporaneità e le nuove difficoltà che comportano il farne parte. Nei suoi lavori hanno particolare importanza l’ambiente e le nuove generazioni, che cercano di farsi strada in un mondo in continuo mutamento
28.04.2023 - 30.06.2023
opening: 27.04.2023
28.04.2023 - 30.06.2023
La galleria partecipa a
OUVERTURE | TAG ART NIGHT 2023
Sabato 6 Maggio 2023 dalle ore 19 alle ore 23
Claudio Napoli presenta, alla galleria Febo e Dafne di Torino, la mostra personale Parallel Worlds. Fotografia digitale, postproduzione, ma anche generative-art con l’utilizzo di algoritmi neurali: sono eterogenee le tecniche utilizzate dall’esperto di effetti speciali per illustrare i suoi visionari mondi paralleli. Dal 27 aprile al 17 giugno 2023.
Claudio Napoli (Napoli 1960, vive e lavora tra Roma e New York)
Inizia giovanissimo nel campo della grafica per l’audiovisivo. A metà degli anni Novanta diventa socio del più importante studio di effetti visivi digitali per il cinema italiano, Proxima, collaborando con registi quali Tornatore, D’Alatri, Verdone, Zeffirelli e Monicelli. Nominato con Proxima ai Premi David di Donatello per sei edizioni consecutive, vince nel 2006 per il film Romanzo Criminale diretto da Michele Placido, ha al suo attivo la regia di oltre 150 spot e la supervisione e produzione di effetti visivi digitali di oltre 40 film. Nel 2014, si trasferisce stabilmente a New York, acquisendo la cittadinanza americana e proseguendo la sua attività di produzione video realizzando documentari, corti, videoclip, video installazioni, animazioni. Da sempre fotografo per passione, Claudio Napoli negli ultimi dieci anni si dedica a progetti fotografici che espone a New York, Seoul, Milano, Torino e Roma.
orari: dal martedì al sabato – dalle 15 alle 19
oppure su appuntamento
22.03.2023 - 22.04.2023
opening: 21.03.2023
22.03.2023 - 22.04.2023
dalle 17.00 alle 21.00
La galleria Febo e Dafne presenta la mostra collettiva Declinazione donna. La mostra proseguirà fino al 22 aprile e propone le opere di tre artiste, tre donne che si esprimono tramite diversi medium: Martina Di Trapani, Nadia Kuprina, Mariarosaria Stigliano.
I lavori delle tre artiste in mostra rivelano diversi modi di declinare la sensibilità femminile nell’uso di pittura ed altro medium, attraverso i loro differenti approcci alla materia e la varietà delle tematiche trattate si dischiude la possibilità di esprimere alcuni aspetti della caleidoscopica sensibilità femminile. Quest’ultima è elemento comune a ricerche artistiche che hanno poi i propri punti peculiari. Le artiste sono accumunate da una particolare attenzione alla scelta dei materiali utilizzati e dall’interesse per la dimensione dell’intimità umana e del tempo. Il colore ha un ruolo fondamentale nei lavori di Martina Di Trapani, che hanno una dimensione confidenziale e raccontano una quotidianità fatta di ricordi, desideri e sentimenti come pagine di un diario o di un album familiare. Nadia Kuprina sceglie con cura materiali quali carte antiche stampate a mano, spartiti musicali, fili da ricamo ed utilizzando grafica e collage esplora il rapporto tra il tempo e la materia attraverso una manualità tangibile. Le immagini di Mariarosaria Stigliano sono immerse in atmosfere inquiete e vibranti, con superfici graffiate da una combinazione di grafite, olio e smalti industriali.
Martina Di Trapani, originaria di Palermo, lavora tra Torino e la Francia. Interessata fin da piccola al disegno, si laurea in pittura all’Accademia di Belle Arti di Palermo. Affianca all’attività artistica quella di docente, l’organizzazione di laboratori artistici e creativi per bambini e la scrittura. Il disegno e l’illustrazione sono alla base del suo lavoro, all’interno del quale il colore ha un ruolo fondamentale, la sua pittura ha uno stretto legame con il cinema e la scrittura.
Nadia Kuprina è una musicista, pittrice, illustratrice e grafica di origini russe, trasferitasi poi a Stoccolma, dove si è formata e diplomata in canto lirico presso il Conservatorio, e successivamente a Torino, oggi risiede tra Torino e Venezia. La sua attività si divide tra musica e pittura; parallelamente all’attività concertistica da soprano e alla didattica musicale si dedica alla grafica d’autore (linoleografia), alla pittura e all’illustrazione.
Mariarosaria Stigliano decide di dedicarsi alla pittura dopo gli studi in legge, conseguendo una seconda laurea in pittura all’Accademia di Belle Arti di Roma e l’abilitazione all’insegnamento delle discipline pittoriche. Interessata alla transitorietà della figura umana in contesti urbani, relitti industriali e interni di stanze, sviluppa una personale tecnica pittorica in cui la superficie è graffiata da una combinazione di grafite, olio e smalti industriali.
(Nella foto: opera di Nadia Kuprina)
24.02.2023 - 18.03.2023
opening: 23.02.2023
24.02.2023 - 18.03.2023
Nell’ambito di Novissimi+, la prima edizione del bando TO.BE dedicato alla crescita professionale di artisti emergenti, provenienti da un percorso di formazione presso l’Accademia Albertina di Torino, l’Associazione Ghёddo e Febo e Dafne presentano il progetto Limbo, mostra collettiva di Dalila Boualoua, Marco Curiale, Francesca Fiordelmondo e Annamaria Nicolussi Principe.
La proposta espositiva, curata da Carina Leal in collaborazione con Associazione Ghёddo, si inserisce nell’ambito di un programma più ampio di mostre a cura nell’Associazione Ghёddo, che prevede la collaborazione tra artisti e spazi d’arte contemporanea del territorio torinese.
L’intero progetto è realizzato con il supporto e il patrocinio dell’Accademia Albertina di Torino e della Città di Torino e con il sostegno della Fondazione Venesio.
Nella collettiva curata da Carina Leal il limbo viene interpretato come spazio emotivo.
Luogo metaforico in cui i nostri corpi perdono consistenza, atto immaginativo dove le nostre sensazioni prendono vita. Il limbo diventa lo spazio etereo in cui è concesso perdersi e riorganizzarsi nel mutevole flusso dell’esistenza
Le opere dei quattro artisti ospitati nello spazio di Febo e Dafne raccontano intime storie di sospensione e attesa. Attraverso media e ricerche differenti il Limbo è interpretato ora come ostacolo, ora come stimolo per superare i nostri limiti.
Nella mostra Limbo le opere di Curiale, le installazioni di Fiordelmondo, le incisioni di Boualoua e le fotografie di Nicolussi rappresentano diversi stadi di reclusione, oblio, transizione ed incertezza, guidandoci attraverso l’ampio spettro delle emozioni.
BIO
Dalila Boualoua (Borgomaero,1997) nel 2016 si è diplomata presso il Liceo Artistico Felice Casorati di Romagnano Sesia e attualmente sta frequentando il corso di Grafica d’Arte all’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino. Il suo operare artistico è frutto di un totale abbandono al caso. Le sue opere, infatti ,non vengono progettate né pensate a priori , ma si creano durante il Processo esecutivo. Il fine è quello di far emergere la parte più inconscia e
misteriosa dell’io , portando così il soggetto a una maggiore comprensione di sé e del mondo. Nel realizzare le opere vengono utilizzati numerosi materiali di scarto organici e non, segni diretti ed indiretti,la matrice subisce numerose modifiche, cancellazioni, tagli.
Marco Curiale (Torino, 1998) studia e lavora a Torino. Nel 2020 si laurea in Scultura presso l’Accademia Albertina Di Belle Arti. La sua ricerca artistica è legata agli opposti e alle somiglianze. Attraverso vari media, per lo più installativi, cerca di creare cortocircuiti che mettano in luce dinamiche estremizzanti e in continua evoluzione, come quelle tra la generazione alla quale appartiene e la cultura visiva online. I miliardi di input visivi — alla base di sottoculture pop o fenomeni poco conosciuti — che riceviamo tutti i giorni, sono difatti parte integrante del suo interesse artistico e diventano, una volta filtrati dalla sua memoria, materiale primario per innescare processi ibridi e narrative altre, figlie di quella complessa mitologia collettiva sulla quale si basa il web.
Francesca Fiordelmondo (Osimo, 1995), vive e lavora a Torino. Dal 2015 studia performance e scultura contemporanea presso l’ABMC, in seguito all’ENSA Bourges e conclude il percorso di studi all’accademia Albertina di Torino nel 2021. Ama sperimentare con materiali e tecniche di ogni tipo; il suo lavoro è attualmente orientato sulla ricerca di temi come l’impalpabilità, la memoria, condizioni di fragilità, partendo da tracce intime ma sempre con riferimenti ad un universale di significati che possano esprimersi dall’interiorità verso l’esterno. Una parte della sua ricerca si basa sul lavoro text based, con riflessioni sull’esistenza quotidiana tramite giochi di parole e metafore.
Annamaria Nicolussi Principe (Trento, 1997) vive, lavora e studia tra Trento e Torino. Nel 2019 si è diplomata in Pittura all’Accademia di Belle arti di Urbino. Dal 2021 è iscritta alla Scuola di Decorazione dell’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino.
La sua produzione comprende disegni, dipinti, fotografie e di recente anche alcune installazioni scultoree. Con il disegno e la pittura esplora le dinamiche delle relazioni all’interno del nido come casa, facendo rifermento al suo immaginario e alle creature che lo abitano. Attraverso il mezzo fotografico analizza il corpo e la percezione di sè, espressi attraverso la metafora del fiore. Ciò che accomuna tutti i suoi lavori è un duplice movimento di ritrosia e svelamento. Da un lato il fiore come carnalità mostrata con pudore, dall’altro il disegno come astrazione che nasconde di- namiche relazionali reali.
Durante l’opening sarà possibile degustare un drink proposto da “Sciarada – Bistrò e
Miscelati” e ispirato alla mostra.
21.10.2022 - 03.12.2022
opening: 20.10.2022
21.10.2022 - 03.12.2022
La galleria partecipa a:
TORINO ART GALLERIES NIGHT #25
SABATO 5 NOVEMBRE 2022 ore 17,00 – 24,00
&
TAG Art Coffee Breakfast
venerdì 4, sabato 5 e domenica 6 novembre dalle ore 9:30 alle ore 12.
Gli artisti torinesi Carlo Gloria ed Enrica Salvadori sono protagonisti della doppia personale che caratterizza la stagione autunnale di Febo & Dafne.
Ricerche e carriere diverse non hanno impedito uno stimolante incontro tra lavori il cui dialogo è delegato interamente all’intuito dello spettatore, vero testimone di un avvenimento inaspettato.
Il suo sguardo infatti può spaziare dai lineamenti meticolosamente ritratti a china su carta di Carlo alle sculture realizzate con vari materiali da Enrica con occhio «tattile» nel tentativo di ricordarne o inventarne le storie. Da una parte spiccano volti segnati da vite e situazioni che non è dato conoscere ma che, con non troppo fiuto, suggeriscono un comune denominatore nel loro accostamento. Dall’altra, a cadenzare il volume tutt’intorno, campeggiano plastiche dall’estetica brutalista (ove il cemento e l’argilla enfatizzano la rudezza della struttura) inglobate dentro a gabbie metalliche. Queste sembrano ironizzare su un destino collettivo fatto di muri aperti, solcabili e di scale percorribili così come di celle inviolabili. Se le pareti lasciano intravedere i segni della vita comunitaria mentre le inferriate ne segnano la chiusura verso il mondo esterno, le loro ombre invece ammiccano alla loro presunta «anima». Che siano spazi fisici o della mente essi sono lungi dall’identificarsi con dei «non luoghi» perché nel loro nudo mostrarsi dichiarano una loro identità e storia. I volti degli uomini di Carlo invece sono frutto di un disegno calibrato da linee più o meno vicine, a seconda della trama della pelle e delle vesti, che creano effetti di estrema verosimiglianza. Questa pratica artistica, in grado di imprimere l’immediatezza dell’atto creativo, storicamente è stata collocata in uno spazio tra l’ideazione, il bozzetto preparatorio per intenderci, e la produzione. Nel loro essere «onesti» anche nella scelta delle pose riportate, affatto scontate, i disegni asciutti e antiretorici esposti spingono lo spettatore a vedere con gli occhi dell’artista. Gente comune, attori della storia o criminali efferati? Se di primo acchito colpisce la visione personale tracciata sulle carte, in un secondo momento, scrutando i titoli delle stesse si apprende che i «disegni di malavita», questo il titolo del ciclo, riproducono quella che qualcuno definirebbe la peggiore gentaglia. Nomi come Jeffrey Epstein, Totò Riina, Pablo Escobar, Renato Vallanzasca si affacciano sui candidi spazi. Foto segnaletiche prese a prestito dal mare magnum della rete diventano raffinate immagini emanando, come le strutture architettoniche, un loro spirito che, lontano dallo sconfinare nell’astrazione, conduce magistralmente alla concretezza. La sfera umana fatta di persone, dalle loro costruzioni, e dai loro passaggi è rappresentata come in una pièce teatrale che svela lentamente fatti, luoghi e protagonisti. La galleria acquista le sembianze inedite di un palcoscenico in cui fanno eco le migliori prove di Eugène Ionesco e Samuel Beckett, prive di logica apparente. Architetture indefinite, una scalinata sospesa, rovine, un portico bruciato, una torre di terracotta con un’unica finestra compongono un abecedario di situazioni terrene familiari ma di difficile classificazione. La luce, elemento fondamentale di ogni teatralizzazione quanto dei più riusciti «capricci» pittorici settecenteschi, talora spunta tra le nervature o retroillumina le sculture creando una sorta di aura mistica. Sono gli occhi vigili delle opere a muro che però ci riportano, ancora una volta, con i piedi per terra rammentando quanto il rappresentato arrivi dalla realtà senza elucubrazioni di sorta.
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Carlo Gloria è nato a Torino dove vive e lavora. La sua ricerca artistica è legata alla fotografia, alla pittura e alla loro sintesi attraverso le tecnologie digitali. Inizia la sua attività espositiva nel 1996, dapprima sperimentando una varietà di strumenti e materiali fino ad arrivare a tecniche a cavallo fra fotografia, pittura, e wallpapers digitali. Le fotografie, le installazioni, i ritratti, i lavori su commissione per le aziende e per i privati, sono a poco a poco confluiti nelle particolari tematiche degli ultimi anni. I temi della riconoscibilità e dell’identità multipla sono al centro della sua ricerca, declinati fin dal 2000 con i primi ritratti fotografici, e con gli “affreschi digitali”. La duttilità stilistica e tecnica di Carlo Gloria si sviluppa in contenuti pregni di leggerezza e ironia. Le sue fotografie sono uno specchio delle sue/nostre potenziali facce. Con i suoi minuziosi disegni a penna biro l’artista prende invece la direzione opposta, come se tagliandosi a pezzi potesse capire meglio il proprio posto nel mondo. Al concetto di gravità si riconducono alcuni grandi acquerelli mentre al nomadismo la serie di opere in metallo taglio laser denominata “Vado e vengo”. Ultimamente si sta occupando di ritrattistica attraverso la tecnica artistica del disegno.
Enrica Salvadori è nata a Torino, dove ho studiato al Liceo Artistico e all’Accademia Albertina di Belle Arti, laureandosi nel 2000. La sua carriera artistica è iniziata verso la fine degli studi accompagnata dalla curatela critica di Guido Curto e Rolando Bellini fino al 2005. Diverse sono le mostre e gli eventi a cui ha partecipato. Nel 2005 si è trasferita in Argentina, a Buenos Aires, dove ha vissuto fino al 2018. Ha viaggiato molto, soprattutto in Sud America, ha avuto tre figli, molte case, tanti amici, lavori diversi e si è dedicata alla scenografia sia per il teatro che per il cinema parallelamente al suo impegno artistico. Attualmente vive e lavora a Torino dove ha sede il suo studio. Ha in programma mostre in Italia, a Berlino e a Buenos Aires.