Gallery
Via San Tommaso n. 7
10122 Torino
(primo piano)
La Galleria Weber è nata nel 1976. Nel corso degli anni ha ospitato più’ di duecento mostre d’arte contemporanea. Nel 2006 la Galleria cambia denominazione diventando “Weber & Weber”.
La Galleria si e’ distinta sin dall’inizio della sua attività’ per essersi occupata di giovani artisti, sia nazionali che internazionali, molti dei quali alla loro prima esposizione. All’attività’ espositiva si e’ affiancata la casa editrice “Weber & Weber” con una produzione di volumi su artisti e situazioni artistiche di taglio contemporaneo e storico.
Attualmente la galleria si occupa, con continuità, dei seguenti artisti: Silvia Amodio, Vasco Ascolini, Sandro Beltramo, Elisa Bertaglia, Gregorio Botta, Simone Bubbico, Davide Di Taranto, Federico Guerri, Horiki Katsutomi, Roberto Kusterle, Bruno Lucca, Marcovinicio, Francesco Nonino, Greta Pasquini, Jean Revillard, Sylvie Romieu, Antonio Violetta, Natale Zoppis.
Exhibits
20.05.2022 - 23.07.2022
opening: 19.05.2022
20.05.2022 - 23.07.2022
orari apertura da martedì a sabato ore 15:30 – 19:30
La Galleria Weber & Weber ospita la mostra fotografica “The Life and Death of Marina Abramović” ad opera di Omid Hashemi, fotografo ufficiale del progetto operistico e stretto collaboratore della celebre artista performativa Marina Abramović. L’idea di questa pièce teatrale, meditazione generale di vita e di morte, inizia nel 2007 quando l’Abramović telefona al noto regista teatrale Robert Wilson affinché lui mettesse in scena la sua morte -“ Solo se posso anche mettere in scena la tua vita” rispose. All’incrocio tra teatro, opera e arte visiva, il regista d’avanguardia Robert Wilson dirige e racconta la straordinaria vita e il prolifico lavoro dell’artista Marina Abramović partendo dalla sua difficile infanzia in una Belgrado controllata dai sovietici. L’opera ha come protagonista l’artista che recita nei panni di sé stessa e della madre, e vede come co-protagonista l’attore Willem Dafoe, il tutto accompagnato dalla splendida colonna sonora e canzoni del cantante e compositore Antony Hegarty. I racconti di vita dell’Abramović si alternano così a intime canzoni, significativamente come in “Santi Ascendono”: “Dio condanna / Coloro che feriscono gli altri / Ma cosa pensa / Di una donna che affligge il dolore / Su sé stessa? La performance ebbe la sua prima mondiale negli Stati Uniti, al Manchester International Festival nel 2011, e da allora è stato replicato numerose volte sul palcoscenico con un grande successo di pubblico. Per la mostra sono state selezionate 12 fotografie dell’artista iraniano Omid Hashemi che da anni collabora con l’artista serba e insegna la sua Méthode. Omid, osservando dal suo angolo durante le esibizioni, è riuscito a catturare e restituire ritratti intimi di questo incredibile pezzo poetico di teatro biografico. Gli elementi macabri dei ricordi di Marina sono trasformati, capovolti, in qualcosa di meraviglioso e dalle tinte umoristiche. Su sfondi dai chiaroscuri cangianti si stagliano le figure che, seppur reali visivamente, sembrano appartenere a un rituale misterico in un affondo nel dramma e durezza dell’esistenza. L’atmosfera è onirica dove dimensione umana e ultraterrena si confondono acquisendo un effetto ipnotico – sulle note di Antony: “That is my destiny. I became a Volcano of Snow”. Omid Hashemi attraverso inquadrature frontali dà vita a sequenze di scatti leggeri e visionari, fissando abilmente il dramma di una delle più celebri e controverse personalità dell’arte contemporanea dalla sua nascita fino alla sua ipotetica fine, in un continuo gioco dove il protagonista resta il proprio corpo e i propri limiti. La rassegna narra i racconti sopravvissuti di questa “quasi opera”. Eleonora Tartarelli La mostra è stata curata da Saeed Khavar Nejad e realizzata grazie alla collaborazione con l’Istituto internazionale SAFPEM (Middle East & Europe Specialized Institute of Contemporary Arts), con sede a Parigi e Toronto, che da anni è attivamente impegnato nel valorizzare e promuovere l’arte contemporanea del Medio Oriente nel contesto artistico occidentale.
Omid Hashemi
Nato nel 1986 a Teheran, Omid (Seyed Habib Hashemi) è un artista e ricercatore. Si è trasferito frequentemente a causa della sua situazione familiare; dal 1989 al 1993 in Turchia, poi in Pakistan. Nel 2006 si è trasferito a Parigi per completare i suoi studi presso l’Università di Parigi VIII con una tesi di dottorato in Aesthetics, Science and Technology of the Arts, presso questa Università è poi diventato docente.
È stato nel febbraio 2009, a Parigi, che Omid ha incontrato Marina Abramović.
L’ha poi accompagnata nel giugno 2009 a Manchester per seguire il suo lavoro, e l’anno successivo a Madrid. Marina Abramovic accettò di diventare la sua insegnante e da allora tra i due artisti si è creato uno stretto sodalizio.
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Special Thanks to my Life Master, Marina Abramovic
Omid_Hashemi (Photographer)
Saeed Khavar Nejad (Curator of the Exhibition in Italy) SAFPEM_Institute (Exhibition Organizer in Middle East & Europe) Carlomaria Weber and Alberto Weber (Weber & Weber Gallery Owners) Eleonora_Tartarelli (Texts & Member of Managing board in Italy) De_Ketelfactory_Gallery (Video materials)
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#LIFE_AND_DEATH_OF_MARINA_
Robert Wilson (Concept, Director, Designer) Marina_Abramović (Co-creator)
Antony Hegarty (Composer & music curator) William_Basinski (Composer & music curator)
Jacques_Reynaud (Costume Designer) Anne-Christin_Rommen (Associate Director)
Performers: Marina Abramovic, Ivan Civic, Amanda Coogan, Willem Dafoe, Andrew Gilchrist, Antony Hegarty, Elke Luyten, Christopher Julian, Nell Kira O’Reilly, Antony Rizzi, Carlos Soto, Svetlana Spajic, Svetlana Spajic, Group (Minja_Nikolic, Zorana_Bantic, Dragana_Tomic), Gael_Rakotondrabel, Matmos, Doug_Wieselman, Oren_Bloedow
Credits: Commissioned by Manchester International Festival & Teatro_Real_Madrid with Theater Basel, Art Basel, Holland Festival, Salford City Council & deSingel
Produced by Manchester International Festival & Teatro Real Madrid & The_Lowry
25.03.2022 - 07.05.2022
opening: 24.03.2022
25.03.2022 - 07.05.2022
La mostra Manipulated Genes si basa sulle ultime produzioni d’arte contemporanea degli artisti iraniani dei nuovi media. Questo progetto fa parte di una serie di tre mostre parallele in Francia, Italia e Germania. Le opere selezionate si compongono di due parti principali; la prima parte comprende 26 video-art di 19 video artisti iraniani. Gli artisti presenti sono Nikzad Arabshahi, Omid Hashemi, Samad Ghorbanzadeh, Mehrnoosh Roushanaei, Nastaran Safaei, Mandana Moghaddam, Hamed Sahihi, Behnam Kamrani, Morteza Ahmadvand, Shirin Abedinirad, Soheil Kheirabadi, Alireza Khosroabadi, Farideh Shahsavarani, Alireza Memariani, Kambiz Sabri , Nima Nikakhlagh, Elmira Abolhasani, Rosita Taheri e Avazeh Almasi. La seconda parte della mostra è composta da opere di 4 fotografi contemporanei iraniani tra cui: Bijan Sayfouri, Melina Clade, Samad Ghorbanzadeh e Alireza Memariani. Gli artisti selezionati hanno fatto grandi tentativi per le arti dei nuovi media in Iran e in altri paesi negli ultimi due decenni. Inoltre, un gran numero di questi ha ricevuto premi speciali in importanti eventi internazionali.
Il curatore ha preso in considerazione il metodo e lo stile delle arti dei nuovi media iraniani, unici per quanto riguarda il metodo e la forma. Il trattamento del soggetto, lo stile narrativo e il contenuto locale relativamente diverso hanno contribuito alla creazione di una forma esotica (sebbene a volte incompleta rispetto alla sua forma/stile) nei nuovi media iraniani. I principi determinanti di questa formazione sono più radicati nella storia. I nuovi media non possono attirare un’attenzione significativa nelle istituzioni artistiche del paese e la presentazione di queste opere è spesso vista come un’azione artificiale dal punto di vista dei produttori e dei registi. Dopo più di due decenni di nuove produzioni mediatiche in Iran, un gran numero di influenti gallerie d’arte non prendono in considerazione queste nuove produzioni e le vedono come media non provati o poco affini al pubblico iraniano. Indubbiamente, questa situazione non è compatibile con la ricerca dell’indipendenza caratteristica dell’arte contemporanea. Pertanto, gli artisti di questo media inevitabilmente introducono le loro opere in cortometraggi, festival di animazione o biennali di arte contemporanea di altri paesi. I loro lavori suscitano molto entusiasmo internazionale, la video-art iraniana ha trovato la sua forma e il suo spazio in uno stato interdisciplinare dell’arte occidentale e orientale.
Saeed Khavar Nejad
14.01.2022 - 12.03.2022
opening: 13.01.2022
14.01.2022 - 12.03.2022
Gillian Lawler, da sempre interessata al paesaggio e alla sua memoria dove spesso risiede la tensione tra il reale e l’immaginario, esplora nuovamente in questa serie di dipinti inediti, Edgelands, i concetti di confini, bordi, transizioni e trasformazioni rielaborando quegli insediamenti abbandonati, tipici della sua ricerca, attraverso la contrapposizione di un reale immaginario e di uno realmente reale. L’artista continuando sempre a rinnovare il proprio linguaggio pittorico, sulla base anche di esperienze private e professionali, di recente ha iniziato a suddividere la tela in due territori tracciando una linea di demarcazione dove forme geometrico-astratte si incrociano, si trasformano, si dissolvono o si assorbono fino a diventare territori della mente; spazi meditativi per l’artista abitati da piattaforme e impalcature che le consentono di riflettere sull’idea di trasformazione e transizione della vita stessa. L’esplorazione di questi luoghi surreali si è ulteriormente intensificata in Edgelands assottigliando il divario tra questo mondo e il prossimo cogliendone la caducità della vita composta da fugaci momenti in assenza di tempo e spazio alla ricerca di una terra senza confine, di un mondo interiore situato tra il conscio e l’inconscio. I suoi fondali, semplici spazi vuoti, le permettono di immaginare una linea temporale o una dimensione alternativa di questi luoghi astratti composti da sistemi fluttuanti in perenne divenire. Molti degli elementi presenti sono, infatti, semplificati, ridotti all’essenza, per creare prospettive ardite attraverso una serie di strutture indefinite e singolari visioni concettuali di spazio, tempo ed esistenza. Questi luoghi eterei abitati da improbabili elementi, che appaiono talvolta vistosi altre volte mimetizzati da elaborati motivi, creano paesaggi onirici tali da sovvertire il reale dando vita a una fusione tra i due mondi. Edgelands si focalizza proprio sul desiderio di abbattere queste frontiere tra l’onirico e il reale, un mondo inviolato fatto di corpi indistinti e talvolta invisibili che si connettono attraverso l’uso simbolico del colore verde. Quel colore “la qual mistione si estende verso l’infinito” (Leonardo da Vinci, Trattato della pittura, 1540) verso mondi lontanissimi e territori mistici. Non è un caso, infatti, che il noto sensitivo torinese Gustavo Rol usasse proprio il verde, simbolo stesso dell’equilibrio, situato al centro dell’iride, per la sua straordinaria energia, per il dominio della materia. È da lui così annotato nel suo diario: «Ho scoperto una tremenda legge che lega il colore verde, la quinta musicale ed il calore» (28 luglio 1927). È in queste poche parole racchiuso il segreto di quella che Rol definì “coscienza sublime”, termine con il quale indicava il punto di arrivo di quell’alchimia spirituale e di quella forza creatrice che gli permetteva di aprire le porte di mondi sottili, ovvero di dimensioni invisibili che coesistono all’interno della realtà tridimensionale del mondo materiale. Anche secondo la mitologia celtica si presume che gli spiriti siano in grado di viaggiare tra mondi (Tir nAill, parola gaelica per definire l’“altra terra”) attraversando gli assi naturali. Le svariate strutture di colore verde negli ultimi lavori di Gillian Lawler diventano pertanto punti di incontro e connessione nel tentativo di attraversare o connettere questi mondi invisibili o altri strati di esistenza diventando nuovi assi naturali e richiamando così l’attenzione su questi confini geometrici come nuovi luoghi di possibilità, mistero e bellezza. VALERIA CEREGINI
Orari di apertura
Da martedì a sabato, ore 15:30 – 19:30
03.11.2021 - 23.12.2021
opening: 02.11.2021
03.11.2021 - 23.12.2021
Aperta da martedi a sabato, ore 15.30 – 19.30
L’artista irlandese residente a Bruxelles, Colm Mac Athlaoich, ripercorre le fasi della retorica aristotelica
del percepire inteso come perceptum. L’oggetto della percezione dell’artista riguarda la lettura
dell’oggetto pittorico come elemento figurativo e rappresentativo di un soggetto reale che viene
trasfigurato dall’artista sulla tela. Tale processo astrattivo tipico della pittura di Mac Athlaoich sottende
però tematiche più profonde legate alla percezione dell’opera in sé e a ciò che essa rappresenta e sta a
significare.
L’artista, che da principio ha percorso a ritroso le fasi del percepire partendo dal pathos e passando per il
logos, è ora giunto all’ethos, a quella fase iniziale che stabilisce il ruolo centrale dell’oratore nel disporre
le proprie argomentazioni. Così Mac Athlaoich si pone come un oratore visivo che espone le sue
argomentazioni relative al significato intrinseco delle bandiere. Egli ci pone di fronte alla questione
metaforica e narrativa delle bandiere che con la loro iconicità e immediatezza figurativa ci comunicano dei
messaggi politici e sociali. L’intento dell’artista però non è quello di polemizzare o definire alcun
messaggio politico-sociale, bensì quello di destrutturare le immagini per destabilizzare il messaggio e
svelare i vari livelli comunicativi affinché rimanga sulla tela solo l’essenza delle bandiere come elementi
figurativi deducibili spesso solamente dai titoli.
Attraverso il titolo, e quindi l’uso delle parole associato alle immagini, riscopriamo l’importanza della
parola, o per meglio dire parole secondo il binomio saussuriano della langue e della parole, ovvero la
distinzione fra l’aspetto collettivo e sociale (langue) e il segno linguistico (parole). Inoltre, il titolo
assume il compito di metalinguaggio in quanto ci porta a desumere l’immagine in oggetto che secondo la
stessa etimologia antica della parola ‘immagine’ si intende imitari, ovvero un’imitazione del reale. Ed è
proprio ciò che fa Colm Mac Athlaoich: imitando immagini tratte dal reale – immagini provenienti dal
proprio archivio fotografico o reperite su internet sui social media – scompone il messaggio denotato
della fotografia, l’analogon, per introdurci all’interno di un messaggio connotato dall’osservatore che è qui
chiamato come un lector in fabula ad accogliere e completare cognitivamente l’opera che come “un testo
vuole che qualcuno lo aiuti a funzionare” poiché “è un prodotto la cui sorte interpretativa deve far parte
del proprio meccanismo generativo” (U. Eco, Lector in Fabula, 1979).
Questa nuova serie di opere invita, pertanto, alla cooperazione interpretativa fra l’osservatore e l’artista e
a un meccanismo generativo di senso che cambia continuamente a seconda dell’osservatore e
dell’interpretazione che ne conseguirà. L’artista, come un narratore, dà sfogo alla sua creatività
interpretativa dell’oggetto simbolico ‘bandiera’ lasciando però completa libertà sia interpretativa che
visiva all’osservatore che è invitato attivamente a completare l’opera attraverso la propria sensibilità
emotiva e intellettiva. Ogni stratificazione di colore, forma e senso è arbitraria e ciò dimostra come
l’artista voglia oggettivare e destrutturare la bandiera per guardarne all’essenza e sovvertirne il
significato percettivo ed etico.
Valeria Ceregini
Con il sostegno di: Culture Ireland
15.09.2021 - 30.10.2021
opening: 14.09.2021
15.09.2021 - 30.10.2021
L’artista visiva e performativa Trudi van der Elsen in questo nuovo nucleo di opere introduce una percezione frammentaria del reale, da qui il titolo Fragmented perception, in cui si rivolge a due visioni del mondo: una locale e una globale. Attraverso l’utilizzo della pittura astratta, van der Elsen esplora il mondo sia visivo sia digitale ricreando questa sovrapposizione di esperienze reali e virtuali nella sua pittura tramite la stesura di molteplici strati di colori e segni applicati progressivamente sulla tela per immortalare sulla superficie del quadro i plurimi movimenti del mondo virtuale. Cos , la superficie del dipinto diventa il luogo di svariati punti di fuga generati dalla stessa esperienza che l’artista ha personalmente del mondo. Il tempo assume un ruolo fondamentale nella pratica pittorica di van der Elsen, esso si sprigiona come forma di energia in ogni fase del suo lavoro, dalla concezione alla realizzazione. Ogni moto dello spirito e del corpo ponderato e controllato, essi si rivelano allo spettatore attraverso un accurato sguardo dello spettatore che attiva con la sua presenza tali illusori spazi visivi. Il processo di ricerca che ha condotto Trudi van der Elsen alla realizzazione di questi lavori un percorso s intuitivo, ma soprattutto lento e mirato dove l’artista procede per tentativi, continue prove e ricerche, nel mettere e togliere il colore. Pennellate organiche e segni di penna si compenetrano e si contrappongono fra i vari spazi e livelli pittorici che si creano. Il suo lavoro, inoltre, ricerca per sua natura il coinvolgimento dell’astante che viene invitato, attraverso anche l’uso di tele di grandi dimensioni, a prendere parte all’opera attraverso un’esperienza immersiva e incarnata. Tutto in costante movimento, un flusso di gesti e colori che indica sia il movimento fisico dell’artista sia il trascorrere del tempo. Van der Elsen, infatti, dichiara che attraverso la pittura si colloca nel tempo, un tempo performativo, dell’azione, “essere nel tempo” hic et nunc. Durante il processo creativo e istintivo del segno sulla tela, pensieri ed emozioni si susseguono e si affastellano nella mente dell’artista finch non trovano la loro distribuzione sulla tela nel componimento dell’immagine astratta finale. Essa diventa, pertanto, un istante congelato nel tempo che riflette esattamente quell’intensit armonica, quell’acme artistico e poetico. Nella pittura di Trudi van der Elsen memoria, osservazione, intuizione, conoscenza, abilit tecnica, tecnologia e storia si fondono in un unicum dove le fasi di realizzazione, spesso legate a esperienze visive personali come l’incantevole estuario del fiume Shannon in Irlanda, si mescolano per poi scomparire e dare vita a un nuovo spazio dell’immaginazione. Questi “paesaggi” diventano paesaggi della mente che assumono per concretezza e veridicit nella loro astrazione.
09.06.2021 - 24.07.2021
opening: 08.06.2021
09.06.2021 - 24.07.2021
La Galleria Weber & Weber ha raccolto, in questa mostra, autori che operano con la fotografia già incontrati ed esposti nel corso degli anni. Cosa proviamo, quale sensazione nell’incontrare persone, ma anche figure, libri, oggetti, dopo un discreto periodo di tempo? Qualcosa di dolce e amaro, sovente, un effetto di spiazzamento. Noi e loro. Entrambi un po’ diversi, spaesati. Un tempo né vicino né lontano, che respira ancora nel presente, lo incalza. E’ rimasto lo stesso tono di voce? O le cose vicine hanno già preso l’aura della lontananza? Come nella vita; cose che sembravano congiunte si separano, altre che sembravano distanti si avvicinano. Occorre un secondo sguardo, che è poi il vero sguardo, quello che mette a fuoco nella distanza, e lascia emergere ciò che la vita ha tessuto in silenzio. Figure inaspettate, percorsi imprevisti. Il tempo trascorso ha dato profondità, sfondo, anima. Pavese c’insegna bene: non c’è inizio fuori dal ritorno, non c’è la prima volta che non includa in sé la seconda. Conoscere è ri-conoscere.
19.02.2021 - 15.05.2021
opening: 18.02.2021
19.02.2021 - 15.05.2021
La Galleria Weber & Weber presenta nei propri spazi la mostra collettiva Intermezzo: diciassette artisti fra pittura, scultura ed installazioni. In musica, per intermezzo si intendono brani per l’orchestra, all’origine eseguiti tra un atto e l’altro e successivamente divenuti brani strumentali, collocati nel mezzo di una scena drammatica; come ad esempio gli atti di una commedia o i movimenti di un lungo lavoro strumentale. L’arte in questo periodo sta vivendo la medesima situazione, questa mostra vuole dunque essere uno stacco, una pausa da un momento drammatico del nostro tempo.
03.12.2020 - 13.02.2021
opening: 10.12.2020
03.12.2020 - 13.02.2021
La Galleria Weber & Weber presenta la mostra personale dell’artista Roberto Kusterle, la cui ricerca negli ultimi anni è stata incentrata sul rapporto uomo – natura. In questa serie, dal titolo Echo, le immagini di montagne rappresentano la relazione tra uomo e natura che è diventata visiva. Lo sguardo dell’artista è quello di un osservatore che si trova di fronte alla maestosità di catene montuose, ma anche esperienziale, poiché egli è, allo stesso tempo, un esploratore di luoghi ancora sconosciuti. Queste immagini sono il racconto di un viaggio in cui vengono lasciati i territori noti, rassicuranti e a scala umana, intrapreso con la volontà di sciogliere antichi legami, per andare verso luoghi ancora ignoti, immensi e distanti, ma che in un certo senso esistono già nella mente dell’artista. Il mondo di partenza è reale, rappresenta il presente e il passato, mentre il luogo di arrivo è l’esito di un’invenzione, è una visione e tensione al futuro. Il viaggio narrato è anche, quindi, una celebrazione del processo creativo artistico che non è privo di fatiche, difficoltà, ostacoli, ripensamenti, rendendo la visione delle montagne una sorta di obiettivo da raggiungere. L’immagine del piede scalzo e impolverato allude alla fatica del cammino e alla necessità di abbandonare ogni comodità del mondo conosciuto e contemporaneo. In tutto questo il viaggiatore-artista è in solitudine, cerca una relazione di intimità con la natura in cui ritrova se stesso anche se solamente nel suono di una eco, il quale non è altro che il ritorno della propria voce nel vuoto e nella distanza che ha da queste montagne. In questo viaggio per ritrovarsi e fondersi con la natura, l’unica mappa fidata da seguire è l’immaginazione. Ecco così che nelle immagini che più si discostano dai paesaggi reali, si trova tutta una serie di informazioni necessarie al cammino: nomi, altitudini, distanze, traiettorie come in una vera e propria mappa escursionistica
22.09.2020 - 14.11.2020
opening: 22.09.2020
22.09.2020 - 14.11.2020
Prima mostra personale alla Galleria Weber & Weber per l’artista Rodrigo Blanco (Latina 1975).
Blanco è un pittore. A Latina, città nella quale è nato, ha potuto scrutare sin da bambino le zone paludose
della sua città in cui le canne, sottili ed alte, emergevano dall’acqua. Questa era la zona che negli anni della
sua infanzia anelava raggiungere, da scoprire, ibrida e segreta, che, non lontana dalla sua abitazione,
attendeva chi decidesse di andarla a scovare. Tutto è ridotto ai minimi termini, a segni che appaiono in uno
spazio costruito dal colore, a barre verticali che scandiscono il ritmo permettendo all’orecchio di udire una
sorda musicalità dell’esistenza, irte ed immerse in un’atmosfera senza tempo. Quelle linee sono
interferenze, interruzioni che ci permettono di avvicinarci ad un’altra dimensione senza il timore della
rivelazione. L’intrusione del segno è strettamente legata all’apparizione dell’esistenza e questo è ciò che
interessa all’artista. Dialogare con un pittore significa entrare, dopo aver utilizzato la retina, nel terreno
della sua foresta mentale per captare le aperture, le motivazioni e i collegamenti che si espandono e si
sviluppano come le porzioni di cielo che sembrano uscire dalla tela. È così che riusciamo a comprendere che
tutto lo spazio si apre verso il firmamento, abbracciando metaforicamente figure prive di identità che,
nonostante l’incontro, non hanno ancora coscienza del loro potenziale carnale ed erotico. Il sensuale rosa
delle silhouette sembra vivere per la prima volta un luogo che non ha né tempo né spazio ma che diviene
religioso, espressione di una divinità che ha l’intento di legare tra loro tutte le cose. La pelle sfuma e il
lavoro, realizzato con le setole che assorbono il colore ad olio e poi lo rigettano sulla tela, provoca
sensazioni tattili che possono divenire strazianti. Nessuno pensa più al miracolo dell’esistenza, dichiara
Rodrigo Blanco, e questo lo colpisce a tal punto da permettergli di lavorare fuori dal palcoscenico sul quale
quotidianamente avvengono i fenomeni fisici per riscoprire l’amore universale. La fosforescenza dei toni
cromatici rappresenta la possibilità della luce di giungere in altri luoghi, così come riesce a farlo la sessualità
libera. Un rispetto di tutti gli elementi che appare con un’economia della materia legata al desiderio di
tornare all’attimo in cui la consapevolezza è inesistente. Nascite, antropofanie, bagni e paesaggi lacustri
vogliono accompagnarci verso la conoscenza di noi stessi.
21.05.2020 - 25.07.2020
opening: 21.05.2020
21.05.2020 - 25.07.2020
Visitazioni/Rivisitazioni è la mostra con cui la Galleria Weber & Weber riapre i propri spazi dopo
la chiusura forzata causa Covid19.
Venti opere per altrettanti artisti, alcuni già esposti dalla Galleria negli ultimi 40 anni ed altri
totalmente inediti. In mostra ci saranno opere pittoriche come quelle di Colm Mac Athlaoich,
Gillian Lawler e Horiki Katsutomi, opere fotografiche come quelle di Vasco Ascolini e Sylvie
Romieu e due sculture storiche come quelle di Aldo Mondino e Antonio Violetta.
Nessuna inaugurazione, solo tanta voglia di ripartire e far vedere che ci siamo!
Da martedì a sabato ore 15:30 – 19:30