Gallery
Via San Tommaso n. 7
10122 Torino
(primo piano)
La Galleria Weber è nata nel 1976. Nel corso degli anni ha ospitato più’ di duecento mostre d’arte contemporanea. Nel 2006 la Galleria cambia denominazione diventando “Weber & Weber”.
La Galleria si e’ distinta sin dall’inizio della sua attività’ per essersi occupata di giovani artisti, sia nazionali che internazionali, molti dei quali alla loro prima esposizione. All’attività’ espositiva si e’ affiancata la casa editrice “Weber & Weber” con una produzione di volumi su artisti e situazioni artistiche di taglio contemporaneo e storico.
Attualmente la galleria si occupa, con continuità, dei seguenti artisti: Silvia Amodio, Vasco Ascolini, Sandro Beltramo, Elisa Bertaglia, Gregorio Botta, Simone Bubbico, Davide Di Taranto, Federico Guerri, Horiki Katsutomi, Roberto Kusterle, Bruno Lucca, Marcovinicio, Francesco Nonino, Greta Pasquini, Jean Revillard, Sylvie Romieu, Antonio Violetta, Natale Zoppis.
Exhibits
10.02.2023 - 08.04.2023
opening: 09.02.2023
10.02.2023 - 08.04.2023
Artisti: Carlo Battaglia – Gregorio Botta – Gianni Del Bue Chiara Dynys – Gillian Lawler – Bice Lazzari Colm Mac Athlaoich – Pino Mantovani – Carol Rama – Stefan Sehler – Sergio Sermidi – Trudi Van Der Elsen Michael Van Ofen – Antonio Violetta – Valentino Zini
La Galleria Weber & Weber ha raccolto, in questa mostra, quindici autori già incontrati ed esposti nel corso degli anni. Cosa proviamo, quale sensazione nell’incontrare persone, ma anche figure, libri, oggetti, dopo un discreto periodo di tempo?
Qualcosa di dolce e amaro, sovente, un effetto di spiazzamento. Noi e loro. Entrambi un po’ diversi, spaesati. Un tempo né vicino né lontano, che respira ancora nel presente, lo incalza. E’ rimasto lo stesso tono di voce? O le cose vicine hanno già preso l’aura della lontananza? Come nella vita; cose che sembravano congiunte si separano, altre che sembravano distanti si avvicinano. Occorre un secondo sguardo, che è poi il vero sguardo, quello che mette a fuoco nella distanza, e lascia emergere ciò che la vita ha tessuto in silenzio. Figure inaspettate, percorsi imprevisti. Il tempo trascorso ha dato profondità, sfondo, anima. Pavese c’insegna bene: non c’è inizio fuori dal ritorno, non c’è la prima volta che non includa in sé la seconda. Conoscere è ri-conoscere.
Dario Capello
Stefan Sehler, Senza titolo, 1995, olio su tela, cm 200×150
03.11.2022 - 21.01.2023
opening: 02.11.2022
03.11.2022 - 21.01.2023
La galleria partecipa a:
TORINO ART GALLERIES NIGHT #25
SABATO 5 NOVEMBRE 2022 ore 17,00 – 24,00
&
TAG Art Coffee Breakfast
venerdì 4, sabato 5 e domenica 6 novembre dalle ore 9:30 alle ore 12
La mostra documenta l’opera di Horiki Katsutomi (1929-2021), artista colto e raffinato, nato in Giappone. Dopo la laurea in Ingegneria, si trasferisce in Italia per dedicarsi totalmente alla pittura. Frequenta l’Accademia Albertina di Torino, esordendo con opere caratterizzate da segni astratti, da lui definiti “impronte”, che collocava in vasti campi bianchi o neri. Dagli anni ottanta torna quindi a impostare la sua pittura sul colore con un ciclo di dipinti ispirati a Piero della Francesca, Storia della Vera Croce, mentre dagli anni novanta lavora su temi ripresi dall’Odissea. Della sua pittura Horiki scrive: “Cerco un linguaggio universale per parlare con me stesso e con gli altri, per capire il mio essere e fare capire come penso, quindi come sono, ad altri, per confrontare e correggere la mia rotta. Anche a costo di fare una lunga tortuosa strada. […] La mia vita è la mia opera”.
da martedì a sabato ore 15:30 – 19:30
16.09.2022 - 29.10.2022
opening: 15.09.2022
16.09.2022 - 29.10.2022
La mostra La goccia scava la pietra, personale dell’artista Simone Bubbico (Torino, 1984), ricorda nel titolo e visivamente l’azione leggera, lenta della goccia che scava la pietra erodendola, ma nelle opere di Bubbico è correlata alla natura che sempre lentamente e inesorabilmente si riprende i suoi spazi. La serie Resilience, concepita durante il periodo dei lockdown pandemici, include sculture di ispirazione classica le cui fessure contengono fiori di campo che, in alcune parti, trapassano i calchi gentilmente, alludendo si a un processo naturale di riappropriazione, sia a una compenetrazione sempiterna tra la natura e l’uomo. In mostra è presente anche la serie In Bloom e Singolarità, il disegno con lightbox che fa da ponte con la serie Dark Matter.
Quest’ultima è frutto di una ricerca artistica di Bubbico che perdura da tempo, basata su giochi di luce e ombre e strettamente collegata alla passione dell’artista per l’astronomia.
In queste opere dalla scomposizione materica vengono ottenute delle ombre corporee attraverso l’utilizzo della luce, le quali ricordano le ombre cinesi. L’oscurità, qui definita dalle silhouttes fumate, crea delle narrazioni nascoste ricordando il mito della caverna platonico che qui ha intenti ambivalenti e ambigui, in bilico tra la realtà e il fittizio.
Giulia De Sanctis
Il vuoto è forma IV, 2022, Creta fiori e luce led, cm 210x30x100
20.05.2022 - 23.07.2022
opening: 19.05.2022
20.05.2022 - 23.07.2022
orari apertura da martedì a sabato ore 15:30 – 19:30
La Galleria Weber & Weber ospita la mostra fotografica “The Life and Death of Marina Abramović” ad opera di Omid Hashemi, fotografo ufficiale del progetto operistico e stretto collaboratore della celebre artista performativa Marina Abramović. L’idea di questa pièce teatrale, meditazione generale di vita e di morte, inizia nel 2007 quando l’Abramović telefona al noto regista teatrale Robert Wilson affinché lui mettesse in scena la sua morte -“ Solo se posso anche mettere in scena la tua vita” rispose. All’incrocio tra teatro, opera e arte visiva, il regista d’avanguardia Robert Wilson dirige e racconta la straordinaria vita e il prolifico lavoro dell’artista Marina Abramović partendo dalla sua difficile infanzia in una Belgrado controllata dai sovietici. L’opera ha come protagonista l’artista che recita nei panni di sé stessa e della madre, e vede come co-protagonista l’attore Willem Dafoe, il tutto accompagnato dalla splendida colonna sonora e canzoni del cantante e compositore Antony Hegarty. I racconti di vita dell’Abramović si alternano così a intime canzoni, significativamente come in “Santi Ascendono”: “Dio condanna / Coloro che feriscono gli altri / Ma cosa pensa / Di una donna che affligge il dolore / Su sé stessa? La performance ebbe la sua prima mondiale negli Stati Uniti, al Manchester International Festival nel 2011, e da allora è stato replicato numerose volte sul palcoscenico con un grande successo di pubblico. Per la mostra sono state selezionate 12 fotografie dell’artista iraniano Omid Hashemi che da anni collabora con l’artista serba e insegna la sua Méthode. Omid, osservando dal suo angolo durante le esibizioni, è riuscito a catturare e restituire ritratti intimi di questo incredibile pezzo poetico di teatro biografico. Gli elementi macabri dei ricordi di Marina sono trasformati, capovolti, in qualcosa di meraviglioso e dalle tinte umoristiche. Su sfondi dai chiaroscuri cangianti si stagliano le figure che, seppur reali visivamente, sembrano appartenere a un rituale misterico in un affondo nel dramma e durezza dell’esistenza. L’atmosfera è onirica dove dimensione umana e ultraterrena si confondono acquisendo un effetto ipnotico – sulle note di Antony: “That is my destiny. I became a Volcano of Snow”. Omid Hashemi attraverso inquadrature frontali dà vita a sequenze di scatti leggeri e visionari, fissando abilmente il dramma di una delle più celebri e controverse personalità dell’arte contemporanea dalla sua nascita fino alla sua ipotetica fine, in un continuo gioco dove il protagonista resta il proprio corpo e i propri limiti. La rassegna narra i racconti sopravvissuti di questa “quasi opera”. Eleonora Tartarelli La mostra è stata curata da Saeed Khavar Nejad e realizzata grazie alla collaborazione con l’Istituto internazionale SAFPEM (Middle East & Europe Specialized Institute of Contemporary Arts), con sede a Parigi e Toronto, che da anni è attivamente impegnato nel valorizzare e promuovere l’arte contemporanea del Medio Oriente nel contesto artistico occidentale.
Omid Hashemi
Nato nel 1986 a Teheran, Omid (Seyed Habib Hashemi) è un artista e ricercatore. Si è trasferito frequentemente a causa della sua situazione familiare; dal 1989 al 1993 in Turchia, poi in Pakistan. Nel 2006 si è trasferito a Parigi per completare i suoi studi presso l’Università di Parigi VIII con una tesi di dottorato in Aesthetics, Science and Technology of the Arts, presso questa Università è poi diventato docente.
È stato nel febbraio 2009, a Parigi, che Omid ha incontrato Marina Abramović.
L’ha poi accompagnata nel giugno 2009 a Manchester per seguire il suo lavoro, e l’anno successivo a Madrid. Marina Abramovic accettò di diventare la sua insegnante e da allora tra i due artisti si è creato uno stretto sodalizio.
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Special Thanks to my Life Master, Marina Abramovic
Omid_Hashemi (Photographer)
Saeed Khavar Nejad (Curator of the Exhibition in Italy) SAFPEM_Institute (Exhibition Organizer in Middle East & Europe) Carlomaria Weber and Alberto Weber (Weber & Weber Gallery Owners) Eleonora_Tartarelli (Texts & Member of Managing board in Italy) De_Ketelfactory_Gallery (Video materials)
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#LIFE_AND_DEATH_OF_MARINA_
Robert Wilson (Concept, Director, Designer) Marina_Abramović (Co-creator)
Antony Hegarty (Composer & music curator) William_Basinski (Composer & music curator)
Jacques_Reynaud (Costume Designer) Anne-Christin_Rommen (Associate Director)
Performers: Marina Abramovic, Ivan Civic, Amanda Coogan, Willem Dafoe, Andrew Gilchrist, Antony Hegarty, Elke Luyten, Christopher Julian, Nell Kira O’Reilly, Antony Rizzi, Carlos Soto, Svetlana Spajic, Svetlana Spajic, Group (Minja_Nikolic, Zorana_Bantic, Dragana_Tomic), Gael_Rakotondrabel, Matmos, Doug_Wieselman, Oren_Bloedow
Credits: Commissioned by Manchester International Festival & Teatro_Real_Madrid with Theater Basel, Art Basel, Holland Festival, Salford City Council & deSingel
Produced by Manchester International Festival & Teatro Real Madrid & The_Lowry
25.03.2022 - 07.05.2022
opening: 24.03.2022
25.03.2022 - 07.05.2022
La mostra Manipulated Genes si basa sulle ultime produzioni d’arte contemporanea degli artisti iraniani dei nuovi media. Questo progetto fa parte di una serie di tre mostre parallele in Francia, Italia e Germania. Le opere selezionate si compongono di due parti principali; la prima parte comprende 26 video-art di 19 video artisti iraniani. Gli artisti presenti sono Nikzad Arabshahi, Omid Hashemi, Samad Ghorbanzadeh, Mehrnoosh Roushanaei, Nastaran Safaei, Mandana Moghaddam, Hamed Sahihi, Behnam Kamrani, Morteza Ahmadvand, Shirin Abedinirad, Soheil Kheirabadi, Alireza Khosroabadi, Farideh Shahsavarani, Alireza Memariani, Kambiz Sabri , Nima Nikakhlagh, Elmira Abolhasani, Rosita Taheri e Avazeh Almasi. La seconda parte della mostra è composta da opere di 4 fotografi contemporanei iraniani tra cui: Bijan Sayfouri, Melina Clade, Samad Ghorbanzadeh e Alireza Memariani. Gli artisti selezionati hanno fatto grandi tentativi per le arti dei nuovi media in Iran e in altri paesi negli ultimi due decenni. Inoltre, un gran numero di questi ha ricevuto premi speciali in importanti eventi internazionali.
Il curatore ha preso in considerazione il metodo e lo stile delle arti dei nuovi media iraniani, unici per quanto riguarda il metodo e la forma. Il trattamento del soggetto, lo stile narrativo e il contenuto locale relativamente diverso hanno contribuito alla creazione di una forma esotica (sebbene a volte incompleta rispetto alla sua forma/stile) nei nuovi media iraniani. I principi determinanti di questa formazione sono più radicati nella storia. I nuovi media non possono attirare un’attenzione significativa nelle istituzioni artistiche del paese e la presentazione di queste opere è spesso vista come un’azione artificiale dal punto di vista dei produttori e dei registi. Dopo più di due decenni di nuove produzioni mediatiche in Iran, un gran numero di influenti gallerie d’arte non prendono in considerazione queste nuove produzioni e le vedono come media non provati o poco affini al pubblico iraniano. Indubbiamente, questa situazione non è compatibile con la ricerca dell’indipendenza caratteristica dell’arte contemporanea. Pertanto, gli artisti di questo media inevitabilmente introducono le loro opere in cortometraggi, festival di animazione o biennali di arte contemporanea di altri paesi. I loro lavori suscitano molto entusiasmo internazionale, la video-art iraniana ha trovato la sua forma e il suo spazio in uno stato interdisciplinare dell’arte occidentale e orientale.
Saeed Khavar Nejad
14.01.2022 - 12.03.2022
opening: 13.01.2022
14.01.2022 - 12.03.2022
Gillian Lawler, da sempre interessata al paesaggio e alla sua memoria dove spesso risiede la tensione tra il reale e l’immaginario, esplora nuovamente in questa serie di dipinti inediti, Edgelands, i concetti di confini, bordi, transizioni e trasformazioni rielaborando quegli insediamenti abbandonati, tipici della sua ricerca, attraverso la contrapposizione di un reale immaginario e di uno realmente reale. L’artista continuando sempre a rinnovare il proprio linguaggio pittorico, sulla base anche di esperienze private e professionali, di recente ha iniziato a suddividere la tela in due territori tracciando una linea di demarcazione dove forme geometrico-astratte si incrociano, si trasformano, si dissolvono o si assorbono fino a diventare territori della mente; spazi meditativi per l’artista abitati da piattaforme e impalcature che le consentono di riflettere sull’idea di trasformazione e transizione della vita stessa. L’esplorazione di questi luoghi surreali si è ulteriormente intensificata in Edgelands assottigliando il divario tra questo mondo e il prossimo cogliendone la caducità della vita composta da fugaci momenti in assenza di tempo e spazio alla ricerca di una terra senza confine, di un mondo interiore situato tra il conscio e l’inconscio. I suoi fondali, semplici spazi vuoti, le permettono di immaginare una linea temporale o una dimensione alternativa di questi luoghi astratti composti da sistemi fluttuanti in perenne divenire. Molti degli elementi presenti sono, infatti, semplificati, ridotti all’essenza, per creare prospettive ardite attraverso una serie di strutture indefinite e singolari visioni concettuali di spazio, tempo ed esistenza. Questi luoghi eterei abitati da improbabili elementi, che appaiono talvolta vistosi altre volte mimetizzati da elaborati motivi, creano paesaggi onirici tali da sovvertire il reale dando vita a una fusione tra i due mondi. Edgelands si focalizza proprio sul desiderio di abbattere queste frontiere tra l’onirico e il reale, un mondo inviolato fatto di corpi indistinti e talvolta invisibili che si connettono attraverso l’uso simbolico del colore verde. Quel colore “la qual mistione si estende verso l’infinito” (Leonardo da Vinci, Trattato della pittura, 1540) verso mondi lontanissimi e territori mistici. Non è un caso, infatti, che il noto sensitivo torinese Gustavo Rol usasse proprio il verde, simbolo stesso dell’equilibrio, situato al centro dell’iride, per la sua straordinaria energia, per il dominio della materia. È da lui così annotato nel suo diario: «Ho scoperto una tremenda legge che lega il colore verde, la quinta musicale ed il calore» (28 luglio 1927). È in queste poche parole racchiuso il segreto di quella che Rol definì “coscienza sublime”, termine con il quale indicava il punto di arrivo di quell’alchimia spirituale e di quella forza creatrice che gli permetteva di aprire le porte di mondi sottili, ovvero di dimensioni invisibili che coesistono all’interno della realtà tridimensionale del mondo materiale. Anche secondo la mitologia celtica si presume che gli spiriti siano in grado di viaggiare tra mondi (Tir nAill, parola gaelica per definire l’“altra terra”) attraversando gli assi naturali. Le svariate strutture di colore verde negli ultimi lavori di Gillian Lawler diventano pertanto punti di incontro e connessione nel tentativo di attraversare o connettere questi mondi invisibili o altri strati di esistenza diventando nuovi assi naturali e richiamando così l’attenzione su questi confini geometrici come nuovi luoghi di possibilità, mistero e bellezza. VALERIA CEREGINI
Orari di apertura
Da martedì a sabato, ore 15:30 – 19:30
03.11.2021 - 23.12.2021
opening: 02.11.2021
03.11.2021 - 23.12.2021
Aperta da martedi a sabato, ore 15.30 – 19.30
L’artista irlandese residente a Bruxelles, Colm Mac Athlaoich, ripercorre le fasi della retorica aristotelica
del percepire inteso come perceptum. L’oggetto della percezione dell’artista riguarda la lettura
dell’oggetto pittorico come elemento figurativo e rappresentativo di un soggetto reale che viene
trasfigurato dall’artista sulla tela. Tale processo astrattivo tipico della pittura di Mac Athlaoich sottende
però tematiche più profonde legate alla percezione dell’opera in sé e a ciò che essa rappresenta e sta a
significare.
L’artista, che da principio ha percorso a ritroso le fasi del percepire partendo dal pathos e passando per il
logos, è ora giunto all’ethos, a quella fase iniziale che stabilisce il ruolo centrale dell’oratore nel disporre
le proprie argomentazioni. Così Mac Athlaoich si pone come un oratore visivo che espone le sue
argomentazioni relative al significato intrinseco delle bandiere. Egli ci pone di fronte alla questione
metaforica e narrativa delle bandiere che con la loro iconicità e immediatezza figurativa ci comunicano dei
messaggi politici e sociali. L’intento dell’artista però non è quello di polemizzare o definire alcun
messaggio politico-sociale, bensì quello di destrutturare le immagini per destabilizzare il messaggio e
svelare i vari livelli comunicativi affinché rimanga sulla tela solo l’essenza delle bandiere come elementi
figurativi deducibili spesso solamente dai titoli.
Attraverso il titolo, e quindi l’uso delle parole associato alle immagini, riscopriamo l’importanza della
parola, o per meglio dire parole secondo il binomio saussuriano della langue e della parole, ovvero la
distinzione fra l’aspetto collettivo e sociale (langue) e il segno linguistico (parole). Inoltre, il titolo
assume il compito di metalinguaggio in quanto ci porta a desumere l’immagine in oggetto che secondo la
stessa etimologia antica della parola ‘immagine’ si intende imitari, ovvero un’imitazione del reale. Ed è
proprio ciò che fa Colm Mac Athlaoich: imitando immagini tratte dal reale – immagini provenienti dal
proprio archivio fotografico o reperite su internet sui social media – scompone il messaggio denotato
della fotografia, l’analogon, per introdurci all’interno di un messaggio connotato dall’osservatore che è qui
chiamato come un lector in fabula ad accogliere e completare cognitivamente l’opera che come “un testo
vuole che qualcuno lo aiuti a funzionare” poiché “è un prodotto la cui sorte interpretativa deve far parte
del proprio meccanismo generativo” (U. Eco, Lector in Fabula, 1979).
Questa nuova serie di opere invita, pertanto, alla cooperazione interpretativa fra l’osservatore e l’artista e
a un meccanismo generativo di senso che cambia continuamente a seconda dell’osservatore e
dell’interpretazione che ne conseguirà. L’artista, come un narratore, dà sfogo alla sua creatività
interpretativa dell’oggetto simbolico ‘bandiera’ lasciando però completa libertà sia interpretativa che
visiva all’osservatore che è invitato attivamente a completare l’opera attraverso la propria sensibilità
emotiva e intellettiva. Ogni stratificazione di colore, forma e senso è arbitraria e ciò dimostra come
l’artista voglia oggettivare e destrutturare la bandiera per guardarne all’essenza e sovvertirne il
significato percettivo ed etico.
Valeria Ceregini
Con il sostegno di: Culture Ireland
15.09.2021 - 30.10.2021
opening: 14.09.2021
15.09.2021 - 30.10.2021
L’artista visiva e performativa Trudi van der Elsen in questo nuovo nucleo di opere introduce una percezione frammentaria del reale, da qui il titolo Fragmented perception, in cui si rivolge a due visioni del mondo: una locale e una globale. Attraverso l’utilizzo della pittura astratta, van der Elsen esplora il mondo sia visivo sia digitale ricreando questa sovrapposizione di esperienze reali e virtuali nella sua pittura tramite la stesura di molteplici strati di colori e segni applicati progressivamente sulla tela per immortalare sulla superficie del quadro i plurimi movimenti del mondo virtuale. Cos , la superficie del dipinto diventa il luogo di svariati punti di fuga generati dalla stessa esperienza che l’artista ha personalmente del mondo. Il tempo assume un ruolo fondamentale nella pratica pittorica di van der Elsen, esso si sprigiona come forma di energia in ogni fase del suo lavoro, dalla concezione alla realizzazione. Ogni moto dello spirito e del corpo ponderato e controllato, essi si rivelano allo spettatore attraverso un accurato sguardo dello spettatore che attiva con la sua presenza tali illusori spazi visivi. Il processo di ricerca che ha condotto Trudi van der Elsen alla realizzazione di questi lavori un percorso s intuitivo, ma soprattutto lento e mirato dove l’artista procede per tentativi, continue prove e ricerche, nel mettere e togliere il colore. Pennellate organiche e segni di penna si compenetrano e si contrappongono fra i vari spazi e livelli pittorici che si creano. Il suo lavoro, inoltre, ricerca per sua natura il coinvolgimento dell’astante che viene invitato, attraverso anche l’uso di tele di grandi dimensioni, a prendere parte all’opera attraverso un’esperienza immersiva e incarnata. Tutto in costante movimento, un flusso di gesti e colori che indica sia il movimento fisico dell’artista sia il trascorrere del tempo. Van der Elsen, infatti, dichiara che attraverso la pittura si colloca nel tempo, un tempo performativo, dell’azione, “essere nel tempo” hic et nunc. Durante il processo creativo e istintivo del segno sulla tela, pensieri ed emozioni si susseguono e si affastellano nella mente dell’artista finch non trovano la loro distribuzione sulla tela nel componimento dell’immagine astratta finale. Essa diventa, pertanto, un istante congelato nel tempo che riflette esattamente quell’intensit armonica, quell’acme artistico e poetico. Nella pittura di Trudi van der Elsen memoria, osservazione, intuizione, conoscenza, abilit tecnica, tecnologia e storia si fondono in un unicum dove le fasi di realizzazione, spesso legate a esperienze visive personali come l’incantevole estuario del fiume Shannon in Irlanda, si mescolano per poi scomparire e dare vita a un nuovo spazio dell’immaginazione. Questi “paesaggi” diventano paesaggi della mente che assumono per concretezza e veridicit nella loro astrazione.
09.06.2021 - 24.07.2021
opening: 08.06.2021
09.06.2021 - 24.07.2021
La Galleria Weber & Weber ha raccolto, in questa mostra, autori che operano con la fotografia già incontrati ed esposti nel corso degli anni. Cosa proviamo, quale sensazione nell’incontrare persone, ma anche figure, libri, oggetti, dopo un discreto periodo di tempo? Qualcosa di dolce e amaro, sovente, un effetto di spiazzamento. Noi e loro. Entrambi un po’ diversi, spaesati. Un tempo né vicino né lontano, che respira ancora nel presente, lo incalza. E’ rimasto lo stesso tono di voce? O le cose vicine hanno già preso l’aura della lontananza? Come nella vita; cose che sembravano congiunte si separano, altre che sembravano distanti si avvicinano. Occorre un secondo sguardo, che è poi il vero sguardo, quello che mette a fuoco nella distanza, e lascia emergere ciò che la vita ha tessuto in silenzio. Figure inaspettate, percorsi imprevisti. Il tempo trascorso ha dato profondità, sfondo, anima. Pavese c’insegna bene: non c’è inizio fuori dal ritorno, non c’è la prima volta che non includa in sé la seconda. Conoscere è ri-conoscere.
19.02.2021 - 15.05.2021
opening: 18.02.2021
19.02.2021 - 15.05.2021
La Galleria Weber & Weber presenta nei propri spazi la mostra collettiva Intermezzo: diciassette artisti fra pittura, scultura ed installazioni. In musica, per intermezzo si intendono brani per l’orchestra, all’origine eseguiti tra un atto e l’altro e successivamente divenuti brani strumentali, collocati nel mezzo di una scena drammatica; come ad esempio gli atti di una commedia o i movimenti di un lungo lavoro strumentale. L’arte in questo periodo sta vivendo la medesima situazione, questa mostra vuole dunque essere uno stacco, una pausa da un momento drammatico del nostro tempo.