Gallery
Riccardo Costantini Contemporary nasce come nuovo progetto nel gennaio 2013. La galleria promuove ed espone artisti nazionali e stranieri, emergenti ed affermati, operando esclusivamente nel mercato primario con particolare attenzione, ma non solo, alla scena internazionale e a tutti i mezzi espressivi dell’arte contemporanea: pittura, fotografia, video, scultura e arte installativa.
Apertura al pubblico: mar-sab – 11/19
Exhibits
27.05.2022 - 01.07.2022
opening: 26.05.2022
27.05.2022 - 01.07.2022
noun
(in fishing etc) mulinello
(cotton reel) rocchetto, spoletta
(Technical) aspo
(for tape recorder) bobina
(Photography)
(for small camera) rotolino, rullino
(of cine film) bobina, pizza
(dance) danza scozzese o irlandese molto vivace
(Collins Dictionary)
Reel è il titolo della mostra di Saverio Todaro, a cura di Marco Enrico Giacomelli, che si terrà nei nuovi spazi della galleria Riccardo Costantini Contemporary, in via Goito n. 8 a Torino, dal 19 maggio al 1 luglio 2022.
“Reel” è anche il titolo dell’opera installativa, ispirata dai cavalli di frisia, a cui viene arrotolato il filo spinato, ormai nei nostri occhi quotidianamente tramite le immagini che ci provengono dagli scenari di guerra.
Reel è anche il breve filmato riavvolgibile che Instagram ha creato per contrastare lo strapotere di questo tipo di contenuto che, fino ad allora, era dominato da un altro social network: Tik Tok. Nella mostra infatti si parla proprio di internet e soprattutto dei social che sempre di più controllano e dominano la nostra esistenza.
Saverio Todaro indaga i meccanismi che ci rendono schiavi di un sistema subdolo e divisivo e che inconsapevolmente determinano le nostre opinioni e le nostre posizioni su qualsiasi tema.
La serie di opere pittoriche dal titolo “Follower” si ispira, per lo più, ad avvenimenti recenti. Nella loro singolarità potrebbero sembrare erroneamente didascaliche ma è nella pluralità che riescono a infonderci una visione complessiva e universale della cronaca. I social network, soprattutto Facebook e Twitter, ci portano a discutere ed esprimere opinioni che diventano sempre più radicali e lo fanno con il cosiddetto “filter bubble”, ovvero quel processo per cui ci appaiono, nella nostra bacheca, post e tweet inerenti ai nostri interessi o ai nostri precedenti interventi su un qualsiasi argomento.
“Luftwaffe” è un grande stendardo dove l’aquila che dominava l’emblema della aviazione tedesca durante il nazismo è qui sostituita dal logo di Instagram, simbolo del nuovo totalitarismo dell’immagine.
L’opera murale “Globe” è una rivisitazione del logo di Google, una finestra del mondo attuale, uno dei luoghi di quella geografia inconsueta e senza sostanza generata dai motori di ricerca.
Le tre opere dal titolo “Loading” fungono da “sentinelle” nelle tre stanze principali del percorso di mostra. Sono lavori a carboncino su carta, infinitesima parte di un corposo progetto che indaga la genesi di internet e gli scenari che emergono dalla connessione globale: la gestione delle relazioni sociali, il sapere, l’economia, la religione, la storia che l’essere umano oggi scrive nell’etere.
Infine con l’opera installativa “Breccia” si torna al tema della guerra evocata dalle macerie provocate da una “jihad” interiore.
Saverio Todaro nasce nel 1970 a Berna (CH). Vive e lavora a Torino dove ha compiuto gli studi al Liceo Artistico e all’Accademia di Belle Arti nel corso di Scultura.
Ispirato dai codici della biologia e della comunicazione, inizia ad esporre nei primi anni Novanta macchine per scrivere, tavoli tagliati e DNA di acciaio.
Nel secondo millennio, con la diffusione di Internet, avviene una rivoluzione planetaria e il biopotere assume una dimensione pervasiva. Attualmente la sua ricerca è attratta dagli
scenari che emergono dalla connessione globale e dal controllo che esercita sul mondo.
26.10.2021 - 15.01.2022
opening: 26.10.2021
26.10.2021 - 15.01.2022
Un corpus di lavori inediti, fra differenti mezzi espressivi quali fotografia, pittura e installazione, un ciclo di opere che nasce durante una residenza d’arte a Palermo nel 2018.
Maura Banfo scrive: “Il mio spazio mare ha dovuto modificare la sua prospettiva quando con il primo lockdown mi sono trovata nell’impossibilità di ripartire per due nuove residenze, una a Napoli e l’altra a Cannes.
La mia casa è quindi diventata il luogo del mio stare giorno per giorno, ho costruito così un luogo immaginario e sognante, un work in progress tutt’oggi in fase di definizione finale.
Ho cercato intorno a me tutto ciò che ho raccolto negli anni nei miei contatti con il mare in attesa di poterci ritornare, e in questo limbo ho costruito delle piccole wunderkammer, come delle scatole magiche che racchiudessero il mio spazio di attesa.
… indagare il senso e la destinazione, e solo così trovare i termini di un patto soddisfacente con il nostro ambiente di vita.”
15.09.2021 - 16.10.2021
opening: 14.09.2021
15.09.2021 - 16.10.2021
Il 14 settembre in occasione di Ouverture di TAG 2021 – Torino Art Galleries, e fino al 18 settembre in adesione a EXIBIT.TO, negli spazi di Riccardo Costantini Contemporary a Torino inaugurano le due mostre “I miei legni” di Andrea Bouquet e, nella project room, la personale di Enrico Iuliano “6200 bar”.
“I miei legni” | Andrea Bouquet
Dopo la mostra del settembre 2020 dei Magda_t_home, secondo appuntamento con il design dei maker, ovvero creatori che non si limitano a progettare le proprie creazioni ma si occupano personalmente della realizzazione.
Andrea Bouquet, ebanista di Pinerolo, presenta alcuni dei suoi lavori più recenti.
[…] La realizzazione dei mobili di Bouquet o, come lui ama definirli “i suoi legni”, avviene per lo più a mano, con l’aiuto di limitati utensili elettrici, in controtendenza a ciò che avviene oggi nella maggior parte del design. Bouquet parte da pochi schizzi, che spesso modifica durante la costruzione, seguendo la natura del materiale con cui lavora. Insieme al legno vengono mescolati molteplici elementi, la cui coesistenza e unione dà vita al risultato finale; estetiche e stili di diverse epoche storiche vengono mescolati con materie prese dalla natura, legni e rami raccolti nei boschi in cui si trova il suo laboratorio e con elementi contemporanei. Ad esempio, Il barocco viene mescolato e miscelato con linee più attuali e con i peculiari bastoni, che conferiscono unicità ai pezzi in quanto uno diverso dall’altro e contribuiscono a creare un senso di equilibrio precario.
[…] I suoi legni sono caratterizzati da leggerezza, precarietà che diventa equilibrio, sono legno che prende nuova forma attraverso le sue mani, materia che viene plasmata durante la realizzazione, miscela di più essenze, il risultato di una lavorazione che mescola e innesca in modo personale altri elementi al legno, a quel materiale che è parte accessoria della vita di tutti noi ma che è invece per Bouquet l’elemento fondamentale del proprio vivere.
(dal testo critico di Virginia Fungo)
“6200 bar” | Enrico Iuliano
[…] “6200 bar” è l’indicazione di una misura: quella della pressione, fortissima, necessaria affinché l’acqua riesca a tagliare il metallo. Le cinque opere esposte sono oggetti di alluminio o di acciaio sulla cui superficie sono state incise, impiegando la tecnologia Waterjet, sedici lettere che compongono la frase un’idea di scultura. Si tratta di oggetti di recupero (eliche di motoscafo) o avanzi di officina (bandelle), comunque derivati da un’operazione indicale di sapore duchampiano: l’artista trova la scultura dove c’è già e la sceglie. Non l’atto dello scolpire, dunque, ma un procedimento scultoreo che mantiene un criterio formale nell’attenzione per i valori plastici che l’oggetto possiede.
[…] L’invenzione della metallurgia segna l’alba della civiltà umana insieme all’altra fondamentale scoperta, quella della scrittura. “Il primo atto razionale dell’essere umano”, afferma Iuliano, che sul gesto dello scrivere indaga da lungo tempo, anche se solo di recente sembra aver trovato le parole: un’idea di scultura è una dichiarazione di ispirazione. O una superba utopia: corrispondenza immediata di materia e idea, scultura e pensiero, autore e fruitore, estetico e razionale.
(dal testo critico di Emanuela Termine)
22.06.2021 - 11.09.2021
opening: 22.06.2021
22.06.2021 - 11.09.2021
5 giorni di opening:
martedì 22 giugno h. 15 – 23
dal 23 al 26 giugno h. 15 -20
In collaborazione con:
La personale di Carlo Galfione “Le vite degli altri” a cura di Federica Giallombardo è la nuova mostra negli spazi di Riccardo Costantini Contemporary.
Pitture di straordinaria qualità tecnica, realizzate su tessuto o carta da parati, dove i soggetti sono “le vite degli altri” ovvero immagini trovate dall’artista sui social.
[…] La tappezzeria nelle opere di Carlo Galfione (Pinerolo, 1969) circonda e assorbe Le vite degli altri. Non avviene in una maniera sempre narrativamente coesa, anzi: vi è una vibrante lacerazione tra storia e racconto, tra tessuto e pittura, che libera la materia dalla sua canonica e convenzionale funzione e che rappresenta uno spaccato di esistenze e di ecosistemi lontani se non agli antipodi da quello che le pareti hanno circoscritto per secoli. Il fascino nella poetica di Galfione risiede proprio nell’amalgamazione dei contrasti (sociali, economici, ambientali, estetici) grazie a un sapiente tratto pittorico che invece è un punto di incontro coerente e nobilitante; i soggetti umani vengono offuscati od obliati come un residuo di memoria che si intreccia con la trama delle decorazioni; il paesaggio invece assimila le textures lasciandole trasparire in controluce come un ordito sotteso tra artificio e natura.
Interno ed esterno coabitano grazie a patterns più o meno evidenti, immedesimandosi reciprocamente. Da qui l’idea di attingere da fotografie e immagini di ricordi altrui incorniciandole in una sorta di patchwork di reminiscenze; ovvero, la memoria dell’artista si riconosce in quella di persone sconosciute e contesti non vissuti direttamente poiché imprime in sé figure e colori, trasformando il ricordo d’esperienza in ricordo d’immagine. Si entra nelle vite degli altri con delicatezza, scucendo appena il textus dell’esistenza, appropriandosi di momenti che non rimangono a lungo propri del mittente ma che presto diventano altro appartenente al destinatario-artista (e che l’osservatore arricchisce ulteriormente subito dopo). Vite comuni, nelle quali si riscontrano scene e immagini condivisibili perché squisitamente umane, colme di potenziale di perfettibilità che soltanto il dipinto può sprigionare – perché la realtà è scompaginata e strappata proprio come i frammenti di tessuti e carte da parati. Trarre soggetti estraendoli e convertendoli da un bagaglio personale a un patrimonio artistico comune: un passaggio di testimone che si riversa nelle opere di Galfione esprimendo di conseguenza, con mimesi amalgamata e mai ostentatrice delle sue qualità, il patrimonio storico della pittura di paesaggio e della ritrattistica.
Federica Maria Giallombardo
Agosto chiuso
Orari: dal martedì a sabato ore 11.00 – 19.30. Lunedì e domenica chiuso
06.05.2021 - 20.06.2021
opening: 06.05.2021
06.05.2021 - 20.06.2021
Sarà presentato a Torino, a partire dal 6 maggio, negli spazi della galleria Riccardo Costantini Contemporary, il numero 6 del libro seriale Ghost dal titolo “La Bellezza Cambia il Mondo?” a cura di Riccardo Costantini. La raccolta fotografica, inizialmente concepita come progetto editoriale, diventa anche una mostra collettiva in presenza che avrà luogo fino al 5 giugno 2021. Gli artisti invitati sono: Ilaria Abbiento, Maura Banfo, Gianpiero Fanuli, Pierluigi Fresia, Patrizia Mussa, Claudio Orlandi, Giorgio Racca, Edoardo Romagnoli.
Presentazione ed inaugurazione: dal 6 al 9 maggio 2021 con ingresso contingentato dalle 11.00 alle 20.00; gli altri giorni e fino al 5 giugno: dal martedì al sabato dalle 11.00 alle 19.30. È possibile prenotare la propria visita all’indirizzo e-mail riccardocostantini65@
Gli artisti invitati a rispondere alla domanda “La Bellezza Cambia il Mondo?” e i critici a loro affiancati sono: Ilaria Abbiento – Claudio Composti, Maura Banfo – Olga Gambari, Gianpiero Fanuli – Ray Banhoff, Pierluigi Fresia che ha scritto lui stesso il suo testo, Patrizia Mussa – Giovanna Calvenzi, Claudio Orlandi – Alessia Locatelli, Giorgio Racca – Guido Turco, Edoardo Romagnoli – Giovanna Gammarota. La rassegna è introdotta e presentata dal testo del curatore Riccardo Costantini.
[…] Il mare è il soggetto delle fotografie di Ilaria Abbiento. Ilaria è napoletana e, come spesso succede per chi, come lei, è nata e vive in un luogo di mare, ha un rapporto quasi simbiotico e indissolubile con il paesaggio marino. Il lavoro della Abbiento rappresenta il mare nella sua maestosa e incommensurabile bellezza ma anche nella sua ingannevole pace. Le sue fotografie lo descrivono nella sua purezza, quasi come se volesse rimuovere quanto male gli esseri umani, con le proprie perniciose azioni, siano capaci di provocargli. Il suo profondo amore per il mare la porta a cercarlo ovunque, anche in immagini di particolari scovati sulla terra ferma che riescano semplicemente ad evocarlo. Risulterebbe comunque incompleto affermare che la Abbiento ami il mare; Ilaria è capace di raccontarlo così bene perché gli appartiene.
Maura Banfo, con il progetto “Esercizi di natura”, sembra esortarci a riflettere: dobbiamo tornare ad ascoltare la natura con un sentimento di appartenenza. Quando siamo disposti ad ascoltare qualcuno gli mostriamo il nostro rispetto. Le sue conchiglie sono lo strumento con cui, metaforicamente, possiamo tornare ad ascoltare il mare come ognuno di noi nell’infanzia ha fatto, appoggiando l’orecchio alla parte cava del guscio, con l’ingenuo stupore che ne uscisse il suono del frangersi delle onde. Come afferma la Banfo, “Ascoltare per ascoltarsi”. Da un percorso intimo e personale scaturisce una domanda universale: può esistere la bellezza senza la pace e la serenità interiore che ci permettano di coglierne l’essenza?
Le fotografie della serie “Warless Theatre” di Patrizia Mussa ci pongono al cospetto di straordinari paesaggi naturali e artificiali. Mera rappresentazione della bellezza? Il sospetto che l’artista non si stia limitando a questo ci viene nel momento in cui scopriamo dove sono state scattate le fotografie: Afghanistan, Etiopia e Yemen. Patrizia Mussa aveva realizzato queste foto molti anni fa quando questi luoghi erano accessibili; oggi non sappiamo nemmeno se tali paesaggi siano ancora come lei li ha visti e fotografati, poiché scenari che hanno perso la loro principale caratteristica di bellezza per acquisire lo status di territori di alcune fra le guerre più cruente e distruttive degli ultimi decenni. Ritrovando questi scatti, a distanza di tempo, l’autrice ha desaturato le fotografie, intervenendo successivamente con dei pastelli, allo scopo di rigenerare la bellezza percepita da quei luoghi e le emozioni che ne derivavano.
Con il lavoro di Edoardo Romagnoli rimaniamo sulla terra ferma. Potrebbe sembrare un paradosso per un autore che ha occupato, principalmente, la propria attività di fotografo nel rappresentare la Luna. I suoi fiori, qui pubblicati, sono tuttavia realizzati con lo stesso procedimento tecnico: lunga esposizione, movimento della camera e, in questa serie, talvolta sovrapposizione di due immagini. Romagnoli ha avuto la fortuna di nascere circondato da arte e bellezza. Suo nonno, Giuseppe Pallanti, fu pittore di successo fra l’800 e il ‘900, ma anche la madre dipingeva con indiscutibile qualità. Pochi anni fa realizzammo una mostra in cui le sue fotografie di fiori erano esposte, in una quadreria, insieme alle pitture dello stesso soggetto del Pallanti e di sua madre. Era impossibile non rimanere colpiti da quell’elegante tripudio di colori che ne scaturiva. A volte è dalle cose più immediate che nasce la capacità, non scontata, di accompagnare i nostri sensi verso la percezione della bellezza.
Pierluigi Fresia si rapporta alla natura con un approccio peculiare. La fotografia per Fresia non è un mezzo espressivo utile a rappresentare la realtà. Sembra quasi un paradosso ma le immagini scattate dall’artista diventano semplicemente una quinta scenica di finzione in cui, con l’intervento di segni grafici e di frasi che inserisce sulle sue fotografie, l’autore sembra negare la nostra capacità di dialogo con la natura: l’immagine e l’intervento dell’artista convivono ma non si parlano, come sinapsi in corto circuito. La bellezza delle immagini di Fresia è derisa dal suo intervento in post produzione esattamente come l’uomo, con le proprie azioni, si prende gioco della natura e di ciò che di bello lo circonda.
Solo una lettura superficiale del lavoro di Gianpiero Fanuli ci può portare a pensare, erroneamente, che le sue Polaroid siano esclusivamente un esercizio edonistico. Certo nessun dubbio che la piacevolezza del suo lavoro sia parte determinante del suo progetto artistico, ma sarebbe riduttivo ritenerle semplicemente delle belle immagini. Fanuli produce fotografie che hanno quel sapore vintage che ci spiazza: sono scattate oggi ma sembrano uscite dall’album dei ricordi della nostra giovinezza o almeno della mia, che sono nato negli anni Sessanta. Le immagini selezionate ci raccontano il mare e le spiagge popolate dei litorali italiani. Il bello rimane bello ma anche ciò che non riterremmo oggettivamente tale, nei suoi scatti lo diventa. Il tutto ci riporta a un magico vissuto cinematografico, quello colto dei grandi registi che hanno reso indimenticabile parte della produzione italiana di questo mezzo espressivo figlio della fotografia.
“The Poem From the Future (Aprile – Maggio 2020)” è il titolo del progetto in tre capitoli di Giorgio Racca: Ritratto del padre, Ritratto della madre e Autoritratto. Tre serie da nove fotografie in bianco e nero che sviluppano un percorso narrativo cinematografico e ermetico. Immagini metafisiche, rotte puntualmente dalla presenza dei tre ritratti anche se quello del padre, una sedia a rotelle in una stanza d’ospedale, è chiaramente metaforica. I riferimenti sono intimi e personali eppure ognuno di noi potrà ritrovare le immagini della propria memoria, seppur differente, in ogni singolo scatto utile al racconto. Perché è di questo che si tratta, della nostra vita e dei ricordi che la rendono indimenticabile nel bene e nel male. La bellezza è quella del “ricordo” e di quelle immagini indelebili che, a dispetto della propria natura, rimangono impresse nel racconto del nostro passato, immediato presente e che determineranno il nostro futuro. […]
(Dal testo di Riccardo Costantini per Ghost #6)
Orari: Dall’11 maggio al 5 giugno, dal martedì a sabato ore 11.00 – 19.30.
Lunedì e domenica chiuso
Ufficio Stampa: Sirio Schiano lo Moriello
Associazione Culturale Ghost
11.02.2021 - 30.04.2021
opening: 11.02.2021
11.02.2021 - 30.04.2021
Per ottemperare alle vigenti leggi sulla pandemia di Covid19, si avverte che l’accesso ai locali della galleria sarà limitato a 6/8 visitatori per volta. Si consiglia di prenotare la visita per avere la priorità di accesso rispondendo a questa e-mail.
Orari di galleria dal 16 febbraio: da martedì a sabato ore 11.00 – 19.30. Lunedì e domenica chiuso
O tempora, o mores – che tempi, che costumi – espressione utilizzata da Cicerone in varie orazioni, tra cui la prima orazione contro Catilina e la seconda orazione contro Verre. In origine, l’affermazione aveva il significato di rimpiangere le virtù passate e deplorare la corruzione imperversante nella propria epoca. Oggi viene usata invece in tono scherzoso o bonariamente polemico nei confronti dell’epoca in cui si vive e delle abitudini correnti.
Posizione che si può adottare senza moralismi, interrogandosi sul tempo che ci si trova a vivere. In questo senso O tempora, o mores tocca differenti tematiche appartenenti alla società contemporanea, aspetti innegabili del nostro tempo, complessi ma in esso presenti. In ogni epoca l’umanità tende a vedere i tempi precedenti come migliori, pensando del proprio “che tempi, che costumi”, è stato così dall’epoca romana e sarà lo stesso in futuro. Ecco perché è importante riflettere su ciò che della nostra società può essere ambiguo e talvolta infastidirci, al fine di conoscerne le varie sfaccettature. Esiste dunque un insieme di elementi legati alla società contemporanea, connessi a pulsioni e attitudini umane, che vanno dalla sessualità alla violenza, al potere e che sfociano in comportamenti che caratterizzano la società stessa e le relazioni umane. Relazioni interpersonali come nel caso della famiglia e dei rapporti sessuali oppure relazioni con res del mondo, dall’ambiente agli animali, fino a un senso di inquietudine talvolta sotteso e latente al mondo stesso. Dinamiche relazionali e ruoli che spesso, in una visione distorta della libertà propria e altrui legata anche al ruolo sempre crescente di internet e dei suoi meccanismi, si tramutano in manifestazioni di potere.
Partendo dal rapporto tra persone, la famiglia è protagonista dell’opera di Cinzia Ceccarelli, parte della serie (mai) per sempre, in cui due fotografie vintage di altrettante famiglie sono interrotte da un’immagine contenente fiamme, riflessione sul ruolo attuale della casa come rifugio ma anche come luogo in cui possono annidarsi pericoli. Membri importanti delle famiglie sono anche gli animali domestici, come i bassotti de L’abbuffata di Francesco Pergolesi – dalla serie Cave Canem a cura di Carla Testore – intenti a rubare del cibo in una cucina sono metafora della società umana. Daniele Galliano guarda alla sfera intima e sessuale con le sue opere erotiche che riprendono foto estratte da film porno trovati su internet, e allo stesso tempo a quella collettiva, come in Il ruggito dei conigli, indagando le relazioni tra persone all’interno della nostra società.
In una dimensione invece legata alla società civile si colloca l’opera di Kinki Texas, in cui una Statua della Libertà rivisitata come una donna di colore incinta di un coniglio e armata di un fucile è un riferimento ai problemi collegati alla società americana, oggi particolarmente evidenti. Tempi spesso violenti, cui si deve sopravvivere metaforicamente armati, armati ad esempio della mazza ferrata soggetto dell’opera di Ubay Murillo, rivisitazione di una fotografia trovata dall’artista su internet, mondo che può essere visto come non-luogo in cui si ritrova la ripetizione dello standard tipico di essi. Rapporto complesso, e sovente brutale nei suoi confronti, è anche quello con l’ambiente e la natura; nel lavoro di Carlo Galfione tale realtà emerge nell’immagine di una discarica in fiamme.
In Simone Stuto il dualismo tra spirito e materia e tra bellezza e mostruosità porta in evidenza l’angoscia della situazione attuale. Un immaginario inquietante e allo stesso momento in grado di trasmettere bellezza è presente anche in Rocas Secas y Huecas di Jesus Zurita. Inoltre, personaggi caratterizzati da metamorfosi e ambiguità si trovano nei lavori di Ray Smith.
Accanto al rapporto con la società e il mondo si colloca il rapporto intimo tra persone, sfociante talvolta nell’erotismo, esplorato nelle sue molteplici forme. Con la ragazza ammiccante dell’opera di Richard Kern, il corpo femminile è oggettivato in un atto compiuto in modo consapevole al fine di compiacere, con un rimando agrodolce al ruolo della donna come oggetto sessuale. Nelle polaroid di Nobuyoshi Araki l’erotismo emerge in una dimensione contorta e violenta, violenza però consensuale e quindi lecita, all’interno della linea di confine delineata dal consenso reciproco. Limite che viene invece superato nel momento in cui manca il consenso portando alla violenza più estrema, come nell’opera di Ryan Mendoza, in cui l’immagine di uno stupratore viene accostata a un nudo. Passando poi ad opere in cui il nudo è protagonista, nei lavori di Manuele Cerutti e Chantal Joffe in una dimensione intima e nelle fotografie di Gianpiero Fanuli e Carolina Lopez, in cui diventa parte integrante della composizione. Nei lavori di Melissa Steckbauer si passa da un riferimento alla seduzione femminile consapevole, con il richiamo alla pin-up Bettie Page, all’intervento tramite tagli, incisioni, sovrapposizioni su immagini fotografiche, inserendo così una distanza rispetto ai sentimenti di desiderio o possesso in esse presenti.
O tempora, o mores si pone dunque come un viaggio di ricognizione tra le pieghe dell’oggi tramite opere che suscitano sentimenti contrastanti, legate alla violenza, agli aspetti inconsci e oscuri della nostra società e alla sessualità in tutte le sue forme. Arriverà forse il momento in cui il nostro presente sarà visto come “i tempi migliori”, nel probabile continuo interrogarsi sul proprio tempo che avverrà in futuro, si avrà bisogno ancora e ancora dell’aiuto di Cicerone?
Virginia Fungo
05.11.2020 - 23.01.2021
opening: 10.12.2020
05.11.2020 - 23.01.2021
Dal 5 novembre al 5 dicembre 2020, con inaugurazione in occasione di Ouverture #9 TAG Turin Art Week, da giovedì 5 a domenica 8 novembre, negli spazi di Riccardo Costantini Contemporary a Torino va in scena la mostra collettiva Verba.
In mostra alcune opere di artisti che nell’ambito dell’arte concettuale, pittorica, fotografica, performativa e installativa, abbiano inserito nei propri lavori la scrittura e le parole.
Un percorso che parte da artisti di fama internazionale quali Acconci, Agnetti, Mondino, Occhiomagico,Paolini, Pietroiusti e Prini, affiancati in questa collettiva da alcuni nomi dell’arte contemporanea emergente, che usano la scrittura come elemento distintivo del proprio lavoro.
Se per Vincenzo Agnetti, maestro indiscusso dell’arte concettuale, la scrittura è presente nella quasi totalità della sua produzione artistica, nel lavoro in mostra di Vito Acconci (Hand Mouth – film still text – 1971) il testo in uno dei tre pannelli che compongo l’opera sembra quasi la didascalia dell’azione performativa.
Nell’opera in esposizione di Giulio Paolini (senza titolo – tempera e collage su cartoncino – 1967) la sagoma della mano che scrive evoca il concetto di scrittura senza la presenza di un testo.
Nei lavori di Aldo Mondino le parole sembrano didascalie che in maniera del tutto pleonastica evidenziano la natura dell’opera e del soggetto.
Anche nel lavoro dello Studio Occhiomagico, nato a Milano nei primissimi anni Settanta e oggi rappresentato dal solo Giancarlo Maiocchi, i testi che accompagnano l’immagine della fotografia di un bottone incastonato di spine, ci aiutano a svelare e comprendere l’intento metaforico del soggetto stesso.
L’iconoclastia che caratterizza buona parte del lavoro di Emilio Prini e quindi i lavori in esposizione in Verba e i paradossi delle azioni ordinarie e degli scambi economici, fino al rifiuto di vendere le proprie opere, oggetto della poetica di Cesare Pietroiusti, ci aiutano a introdurre il lavoro fortemente provocatorio di Gianni Colosimo, che da sempre parla del vuoto e delle contraddizioni del sistema del mercato dell’arte.
Pierluigi Fresia utilizza la fotografia dove inserisce segni e frasi/parole spesso in contrasto con l’immagine stessa per corrompere la realtà, in quanto per l’artista la fotografia non è rappresentativa della realtà stessa.
Nell’opera di Enrico Iuliano, l’unione fra l’elemento scultoreo/installativo e la scrittura stampigliata lettera per lettera negli elementi dei lavori esposti, vive in un mix di esperienze minimal e concettuali.
Inedito nella forma ma non per concetto è il lavoro pittorico di Nicola Ponzio che da sempre parla di pittura senza che si manifesti in quanto tale; le definizioni di colore che componevano i lavori precedenti in fine art, qui per la prima volta vivono attraverso colore, luce, forma, materia e concetto manifestandosi in opera pittorica riportando così la sua ricerca al punto di origine.
Silvia Beccaria presenta in mostra l’opera “Unfildivoce”, installazione di parole ricamate che riportano le strofe di una canzone che le operaie delle filande cantavano nella prima metà del Novecento, in una azione di conservazione della memoria al fine di combattere la negazione dei diritti dell’oggi.
Nei soli giorni di inaugurazione gli artisti e collezionisti Luisa Bruni e Gianni Colosimo, ostenderanno sulla facciata della galleria l’opera di Giulio Alvigini “Ilaria Bonacossa 6 la mia vita”, striscione di 8 metri circa. Anche per Alvigini elemento distintivo del proprio lavoro è una forte critica, mai priva di profonda ironia o sarcasmo, al babelico sistema dell’arte.
22.09.2020 - 24.10.2020
opening: 22.09.2020
22.09.2020 - 24.10.2020
OUVERTURE TAG 2020: 3 GIORNI DI INAUGURAZIONI COORDINATE 22 – 23 – 24 SETTEMBRE ORE 14 – 21 (in adesione a EXIBIT.TO)
MAGDA | Magda_t_home
Ferro e pelle, Simone Mussat Sartor e Pierfranco Giolito. Sono materiali e nomi che costituiscono il cuore del nuovo brand torinese di design Magda_t_home. Sotto l’egida della sfinita moglie di Furio, stanca – in questo caso – di vedere sempre gli stessi oggetti e le stesse lavorazioni.
Loro sono Simone Mussat Sartor e Pierfranco Giolito.
Da questa atipica coppia nasce un nuovo brand dalle caratteristiche spiccatamente artigianali e con un nome evocativo: Magda_t_home. Il riferimento è al personaggio interpretato da Irina Sanpiter in Bianco, rosso e verdone: era la moglie di Furio e infine sbottava con un inappellabile “Non ce la faccio più”. Nella fattispecie, secondo i due fondatori di Magda la misura è colma nel campo del design e delle sue circonvoluzioni più decorative e vezzeggiative. Per questo, la loro produzione – pezzi unici realizzati su richiesta – si concentra su due soli materiali, il ferro e la pelle, vissuti e manipolati nella maniera più diretta e naturale. Dalle librerie ai portariviste, dal comodino fino al piccolo portaoggetti con specchio per il bagno, gli elementi si contano sulle dita di una mano, con forme ferrose ortogonali e curve dettate dalla pelle stretta con cinghie oppure lasciata a compartimentare dolcemente gli spazi.
Magda, bussola impazzita segna il nord, la freddezza geometrica ed essenziale delle linee metalliche perimetrali adatte a sostenere, ma segna il sud nella morbida abbondanza che smussa gli spigoli riempendone i margini con la pelle abituata a contenere.
Simone Stuto | Morphé
Le opere del giovane artista Simone Stuto nascono da un’indagine rivolta ai suoi personali stati interiori più profondi e che prendono forma attraverso il segno grafico, generando un continuo dualismo tra spirito e materia e tra bellezza e mostruosità.
La dimensione del racconto è arricchita da un bestiario personale che si fa “essenza”, attraverso il medium del disegno su tavola o carta, che spesso si ispira alle iconografie della tradizione, con rimandi quasi rinascimentali, senza mai perdere le caratteristiche dell’estetica contemporanea. Il risultato spinge l’osservatore a viaggiare fra lo spazio saturo di figure irreali accentuate da un forte dinamismo compositivo oppure, in altri lavori, verso ritratti surreali composti da panneggi e bottoni che ci privano della possibilità di vederne i volti.
Due mostre completamente differenti ma dalla loro unione si rievoca proprio il concetto di “bottega” rinascimentale, prima che l’epoca Romantica definisse una netta divisione fra le forme d’arte.
16.06.2020 - 19.09.2020
opening: 16.06.2020
16.06.2020 - 19.09.2020
Mostra a cura di Riccardo Costantini
In mostra le opere inedite del progetto “port_land” dell’artista fotografo Mario Daniele. Il lavoro di questa serie prevede alcune installazioni di polittici di fotografie in cui, principalmente, la figura umana si rapporta con close-up di elementi architettonici. In tutte le opere di “port_land” l’approccio dell’artista rimanda ai temi del Modernismo e l’attenzione dell’autore sembra rivolgersi più all’aspetto formale che al contenuto. Tuttavia è proprio il percorso espositivo e lo svolgersi dei lavori stessi che pare negare, se non negli aspetti tecnici e per l’appunto formali, la completa assenza di un messaggio. Ciò che emerge in questo nuovo lavoro di Mario Daniele è sicuramente una originale indagine sulla bellezza e sull’estetica senza abbandonare alcuni dei temi principali delle sue opere precedenti come, per esempio, il rapporto che esiste fra l’uomo e l’ambiente che lo circonda.
Dal 16 giugno al 19 Settembre 2020 (chiuso il mese di agosto)
06.02.2020 - 07.03.2020
opening: 06.02.2020
06.02.2020 - 07.03.2020