Gallery
Valerio Tazzetti ha iniziato negli anni ‘80 la propria attività nella fotografia contemporanea inizialmente come autore e successivamente come curatore ed organizzatore di eventi espositivi dal 1996 al 2001; nel 2001 ha inaugurato a Torino la galleria PHOTO & CONTEMPORARY. Prevalentemente dedicata alla fotografia internazionale di ricerca (Hiroshi Sugimoto, Georges Rousse, Karen Knorr, Vik Muniz, Tracey Moffatt, Jürgen Klauke, Nils-Udo, Thomas Wrede, Gabriele Basilico, Franco Fontana, Patrizia Guerresi Maïmouna) la galleria ha successivamente ampliato il programma espositivo, includendo pittura, installazioni e video (tra gli altri Warhol, Bruce Nauman, Ed Ruscha, Emil Lukas ed autori italiani emergenti come Beatrice Pediconi, Luigi Gariglio…).
Sin dalla fondazione, la galleria ha sempre partecipato ad importanti fiere internazionali: Art Basel, FIAC, ArtBrussels, Parisphoto ed alle principali fiere italiane. Photo&Contemporary collabora regolarmente con istituzioni museali nazionali ed internazionali, collezioni pubbliche ed aziendali.
Exhibits
31.05.2022 - 30.06.2022
opening: 28.05.2022
31.05.2022 - 30.06.2022
Il 28 MAGGIO 2022 a partire dalle ore 17,00, durante i PhotoDays, la galleria Photo & Contemporary di Valerio Tazzetti presenta la serie “STAIRS OBSESSION” di Angela lo Priore, accompagnata dall’ampio ed elegante volume omonimo pubblicato dalla Giampaolo Prearo Editore.
“Stairs Obsession” nasce da una stanza segreta del mio inconscio: per questo forse lo definisco un lavoro autobiografico. La vertigine è sempre stata una costante nella mia vita, sono da sempre, ipnoticamente, attratta dal vuoto”. Le parole della autrice Angela Lo Priore riassumono compiutamente il suo ultimo e complesso progetto, per il quale ha deciso di non utilizzare modelle professioniste, ma ha lavorato con donne “vere”, lasciandosi ispirare dalle loro personalità, ognuna diversa, e lasciandole posare e cadere come desideravano.
Il progetto di Angela è l’elaborazione di un’esperienza personale: nel 2017 la fotografa è caduta dalle scale e si è rotta entrambi i piedi, in seguito ha impiegato sei mesi per tornare a camminare bene e circa un anno per riprendersi completamente. Nell’autunno dello stesso anno, Valerio Tazzetti, il suo gallerista, le ha chiesto se volesse partecipare a una mostra sull’architettura razionalista e modernista a cui stava lavorando. Angela si é occupata di fotografia di architettura ed interni nel corso della sua carriera, anche se come lei stessa ha dichiarato in alcune interviste, ha successivamente preferito specializzarsi nel ritratto, nel quale ha poi trovato la sua dimensione ideale come fotografa di attori e celebrities.
La proposta era comunque molto interessante, e così ha iniziato a guardarsi intorno, cercando soggetti interessanti tra i palazzi modernisti. A Torino ha scoperto il bellissimo palazzo della Borsa, progettato da Carlo Mollino, a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta. Entrandoci è rimasta affascinata dalla meravigliosa scala che dà l’idea che il palazzo sia stato costruito intorno a essa con un gigantesco lampadario che scende per otto piani. Innamoratasi del luogo, ha realizzato lo scatto di una donna che sembra cadere dalle scale. “Guardando la foto mi sono resa conto che avevo messo in scena la mia vicenda personale, la mia caduta, il mio dolore. Quell’immagine mi apparteneva molto intimamente. In me si era mosso qualcosa, al punto che ho iniziato a cercare grandi scale elicoidali per continuare questa ricerca sulla spirale, che è anche la spirale dell’animo, della passione e della dolorosa fragilità femminile
Le immagini prodotte si presentano sotto forma di visioni taglienti e profonde, perché realizzate da un’artista che guarda l’universo femminile con un atteggiamento di reciprocità e corrispondenza, riuscendo nell’intento di comprenderlo e sottrarlo all’ostentazione protratta e diffusa, per proiettarci al di là di quello che vediamo.
Avere tra le mani il libro è come essere catapultati all’interno di una delle opere dell’autrice : la copertina è un vortice di rosso e di dinamismo che racchiude 153 pagine di storia dell’architettura; 54 immagini di Angela accompagnate da un colto testo con citazioni letterarie, steso dalla nota critica d’arte e curatrice del libro, Francesca Alfano Miglietti.
Confermata nei suoi intenti anche dal film Vertigo di Hitchcock, l’autrice ha ricercato in diverse città europee scale elicoidali, alcune progettate da grandi architetti quali Carlo Mollino, Morozzo della Rocca, Achille Castiglioni, Franco Albini o la scala di Palazzo Mannajuolo a Napoli che ha fatto da cornice a molti film, tra cui “Napoli Velata” di Ferzan Öpzetek, ha poi allargato la sua ricerca verso scale più contemporanee, con forme lineari, minimal e “sinuose” come la scala di Lugano, realizzata dall’architetto Richard Meier nel 2018, un tripudio di legno e colore bianco; la scala dell’architetto Frank Gehry della fondazione Luma ad Arles terminata nel 2021 e le due scale realizzate dagli architetti Gilles & Boisser nello show-room di Moncler a Milano ed in una residenza privata a St. Moritz.
Un progetto quasi interamente in bianco e nero, tranne per le tre scale progettate dallo studio d’architettura e urbanistica Oscar Carbonell e Roberto Imperato all’interno del Building Borio di Milano, identiche ma di colori diversi : blu, rosso e verde.
Per celebrare il progetto è stata realizzata un’edizione speciale numerata di eleganti cofanetti in seta grigia che conterranno una copia del libro ed un’opera numerata e firmata dall’artista in stampa Fine Art Photo Rag in edizione 1/30 + 2 pda, in formato 45×31.5 cm.
08.04.2022 - 15.05.2022
opening: 07.04.2022
08.04.2022 - 15.05.2022
La galleria Photo&Contemporary presenta la più recente produzione di NICOLA BOLLA in una nuova personale, che segue l’ultima intitolata “Let’s the Music Play” del 2016.
L’universo onirico e parallelo alla realtà dell’artista, già invitato alle Biennali Veneziane del 1995 e del 2009 (Padiglione Italia), recentemente esposto al MART di Rovereto a cura di Antonella Magno e Denis Isaia, noto per le sue installazioni e sculture di grande formato, basate sull’uso sistematico di cristalli Swarovski e di carte da gioco, si arricchisce di nuove opere realizzate con carte da gioco salisburghesi e da ramino.
“L’uso delle carte da gioco evoca la costruzione di mandala, di iridi, di cosmi ed universi fantastici attraverso la scrupolosa e minuziosa sovrapposizione di segni, le cui combinazioni sfiorano l’infinito. Ludiche ed affascinanti, le forme e le visioni di Bolla volgono le spalle all’arte impegnata, restituendo narrazioni che lasciano apparire il lato più ironico ed arguto della vita. La poetica dell’artista è ispirata alle stravaganze del Barocco e del Rococò di cui ricupera la libertà d’interpretazione e lo spirito vivace. In particolare, lo sguardo dell’artista è affascinato dalle raccolte delle Wunderkammer o Camere delle Meraviglie” osserva Antonella Magno.
“E’ un’interpretazione legittima, ma trascura il risultato onirico che ci mostra altro da quello che appare, trasfigurando il materiale povero in un’immagine durevole, attraverso un processo illusionistico…il mazzo di carte è propriamente un complesso e completo insieme di immagini che ambisce a rappresentare e a racchiudere il cosmo e l’uomo in un sistema di segni. Esso partecipa inoltre della natura del gioco contro il disordine del mondo. Bolla procede ad una trasfigurazione della materia e della forma in una grande illusione che ci convince e seduce. D’altra parte, non è l’arte inganno? non è finzione ? ” chiosa il prof. Vittorio Sgarbi.
In certo senso, già in precedenza, l’uso da parte dell’autore del cristallo e delle carte da gioco rappresentavano l’idea di azzardo esistenziale e di vanitas, dunque l’ossimoro visivo tra il senso d’inutilità e la pulsione creativa, tra la rappresentazione dell’opulenza e la miseria umana, tra l’eternità dell’arte e la caducità terrena. Opere frutto di grande virtuosismo e leggerezza che perdono il peso specifico tipico dell’opera plastica.
La sua lettura dissacratoria e ludica della realtà sottolinea con forte accento post-surrealista la trasfigurazione simbolica del materiale e dell’oggetto in icona contemporanea, attraverso un processo di alchimia visiva.
Mantenendosi distante dall’aura glamour che circonda molti artisti suoi coetanei, Nicola Bolla, soprattutto con le sue opere realizzate con gli Swarovski, ha anche anticipato una profonda riflessione sulla ns. società sempre più dipendente dalla moda e dall’aspirazione al lusso ed ai suoi status symbols e sul rapporto ambiguo e promiscuo tra sistema dell’arte e fashion system.
La sua poetica affascinante ed indipendente ha condotto l’autore all’affermazione in Italia ed in Europa, nonché all’apprezzamento a livello globale negli ultimi 10 anni, con la partecipazione ad esposizioni personali e collettive negli USA ed in Cina. Sue opere figurano in importanti collezioni istituzionali e private.
09.03.2022 - 02.04.2022
opening: 08.03.2022
09.03.2022 - 02.04.2022
Dal 8 Marzo al 2 Aprile 2022 Photo and Contemporary ospita “Down to Earth” la seconda
mostra in Italia del fotografo e regista internazionale Denis Piel.
Il titolo evoca una discesa verso la madre Terra, un ritorno all’essenziale, al realismo, al mito
dell’origine: il progetto di Piel è, infatti, una celebrazione della natura e della fertilità, che mette
in correlazione corpi e terra, crescita e morte, rurale e urbano, natura e cultura, apparenti
opposti che si compenetrano negli scatti da lui realizzati in digitale con una Hasselblad
H4D a Chateau de Padiès.
È qui, nel Sud-Ovest della Francia, che Piel si trasferì da NY con la moglie e il figlio dopo l’11
Settembre 2001, in una sorta di ritiro dalla metropoli americana sconvolta dalla tragedia e
dall’inaudita violenza, per vivere a più stretto contatto con la natura, riscoprendo i cicli
della vita e la necessità di fare il proprio dovere per salvaguardare la madre Terra dalla crisi
indotta dai cambiamenti climatici.
Le opere, che evocano un ritorno all’agricoltura biologica sostenibile e rigenerativa praticata
ne Les Jardins du Château de Padiès, ritraggono il mondo naturale, rivisitando la mitologia
classica e creando echi con la storia dell’arte occidentale di fine Ottocento e inizio
Novecento. Terreni coltivati, boschi, prodotti del raccolto, corpi maschili e femminili a
riposo e al lavoro intessono parallelismi con opere iconiche e miti: nudi, come ninfe e satiri,
respirano e pulsano all’interno delle immagini, abitando un paesaggio quasi onirico, aldilà
dello spazio e del tempo, ma, allo stesso modo, impregnato di vita.
La predominanza del bianco e nero esalta texture e forme, creando un forte contrasto con
i colori della realtà, restituendo la concretezza e la sensualità della materia, esaltandola nella
bellezza della sua perfezione astratta.
Accanto alle immagini di “Down to Earth”, l’autore ha anche prodotto “Everyday Reality”,
una serie di ritratti di lavoratori che hanno contribuito alla manutenzione e alla produzione
di Les Jardins du Chàteau de Padiès attraverso l’organizzazione WWOOF: questi
rappresentano un altro aspetto di Down to Earth cioè il respiro animatore del
progetto.La mostra è organizzata da Luca Gracis e Valerio Tazzetti.
Orari: Mart-Sab. / 15.30-19.00
Denis Piel nasce in Francia il 1° marzo 1944, cresciuto in Australia, studia negli Stati Uniti.
Attualmente vive nel Sud-Ovest della Francia. È un fotografo e regista pluripremiato a livello
internazionale, riconosciuto principalmente per il suo apporto alla fotografia di moda negli
anni ‘80, quando lavora come fotografo di Condé Nast, scattando in un decennio più di
1000 servizi editoriali per Vogue americano, tedesco, italiano, francese, inglese, Vanity
Fair, Self e Gentlemen’s Quarterly e realizzando anche molti ritratti di celebrità. Con il
progredire della carriera di Piel, il suo metodo di lavoro come fotografo-regista si trasforma
in un interesse impegnato per la regia cinematografica: nel 1985 fonda e dirige la Jupiter
Films, società di produzione cinematografica di successo internazionale, con cui realizza
molti spot pubblicitari per clienti internazionali. Dopo l’11 settembre 2001, Piel e la sua
famiglia si trasferiscono definitivamente a Lempaut nel sud-ovest della Francia per vivere
e lavorare allo Château de Padiès, un castello medievale e rinascimentale che stanno restaurando
dal 1992: la proprietà comprende il castello e Les Jardin du Château de Padiès, esperimento
di agroecologia, sviluppato secondo i principi della permacultura e dello sviluppo
sostenibile. Padiès e l’ambiente locale sono diventati fonte di ispirazione per Piel e centro
della sua attuale pratica fotografica.
Opere fotografiche di Denis Piel si trovano nella collezione permanente del Victoria and Albert
Museum di Londra e del The Museum of Fine Art di Boston, nonché in numerose collezioni private,
tra cui la collezione fotografica BES e la collezione Antonio Champalimaud.
DENIS PIEL IN TURIN.
FROM 8th MARCH TO 2nd APRIL 2022
THE “DOWN TO EARTH” EXHIBITION AT PHOTO&CONTEMPORARY
From March the 8th to April the 2nd 2022 Photo&Contemporary hosts “Down to Earth”, the
second exhibition in Italy by the international photographer and director Denis Piel.
The exhibition “Down to Earth” is organised by Luca Gracis and Valerio Tazzetti.
The title evokes a descent to the earth, a return to the essential, to realism, to the myth
of origin: the project is, in fact, a celebration of nature and fertility, which correlates bodies
and earth, growth and death, rural and urban, nature and culture, apparent opposites that
interpenetrate in the shots he made digitally with a Hasselblad H4D at Chateau de Padiès.
It is here, in southwestern France, that Piel moved from NY with his wife and his child
after 9/11/2011, in a sort of retreat from the world, upset by tragegy and violence, to live
in closer contact with nature, rediscovering the cycles of life and the need to do one’s
own to safeguard mother earth from the climate change crisis.
The photoworks, which are inspired by the sustainable and regenerative organic agriculture
practiced in Les Jardins du Château de Padiès, portrays the natural world, revisiting
classical mythology and creating echoes with the history of Western art of the late
nineteenth and early twentieth centuries. Cultivated lands, woods, harvest products, male
and female bodies at rest and at work weave parallels with iconic and mythical works:
naked, like nymphs and satyrs, they breathe and pulsate within the images, inhabiting an
almost dreamlike landscape, beyond the space and time, but equally imbued with life.
The predominance of black and white enhances textures and shapes, creating a strong
contrast with the true colors, and restores the concreteness and sensuality of the material,
enhancing it in the beauty of its abstract perfection.
Alongside the images from “Down to Earth”, the artist also shooted “Everyday Reality”, a
series of portraits of workers who contributed to the maintenance and production of Les
Jardins du Chàteau de Padiès through the WWOOF organization: these represent both an
aspect of Down to Earth. Earth laid bare, is the animating breath of the project.
15.09.2021 - 15.01.2022
opening: 14.09.2021
15.09.2021 - 15.01.2022
PHOTO&CONTEMPORARY organizza la prima personale nei propri spazi torinesi del noto autore PAOLO MUSSAT SARTOR, testimone ed interprete insostituibile dei momenti salienti dell’evoluzione artistica dell’Arte Povera e della scena internazionale dell’arte moderna e contemporanea, ma anche raffinato e colto protagonista nell’ambito della fotografia italiana di ricerca.
Dopo aver per anni elaborato particolari tecniche pittoriche a olio e pigmenti e di viraggio sulle carte fotografiche in b/n, MUSSAT SARTOR è riuscito a distillare esemplari unici di stampe di grande fascino e poesia in cui il tema del viaggio, della visionarietà, del nomadismo interiore emergono in oniriche e delicate immagini, quasi miraggi soffusi, che ci mostrano vedute di paesaggio e scorci di città misteriose e sorprendenti. Rivelazioni di un viaggiatore al volante della sua macchina, immerso in una dimensione solipsistica, quasi febbrile; un viaggio senza sosta attraverso l’ossessione allucinata della fotografia come metafora di un percorso esistenziale ad inseguire una bellezza celata, intravista per un attimo e poi improvvisamente scomparsa.
Immagini oscure e sognanti di Praga, con austeri ed eleganti palazzi sospesi e campanili volanti alla maniera di Chagall, o di Lisbona, malinconica e sfuggente verso l’oceano con le sue famose scale e strade in discesa, prima della sua consacrazione definitiva nei film di Alain Tanner e Wim Wenders.
O ancora Parigi e le città italiane, Venezia con riflessi dorati,la domestica e clandestina Torino, ma anche una Roma anni’70, percorsa timidamente dall’artista in auto, quasi incapsulato nel suo abitacolo, che diventa parte della composizione; una città già avvolta dai primi sintomi del traffico caotico che la caratterizzerà nei decenni successivi.
E ancora meravigliose immagini di costruzione classica che ci mostrano paesaggi mediterranei e soggetti architettonici degni della pittura del ‘600-‘700, fiammeggianti di interventi a pennello che ne amplificano il pathos raffinato e la preziosità.
Fotografie dipinte, in cui la memoria visiva è sedimentata e trasfigurata dall’intervento pittorico successivo e che rivelano la loro reale dimensione estetica solo dal vivo.
Ma che cosa cerca MUSSAT SARTOR nella costruzione delle proprie personalissime inquadrature, nei suoi scorci taglienti ed obliqui dal basso? A noi pare che cerchi sempre uno squarcio di cielo, magari grigio e nuvoloso, ma sempre uno spiraglio di luce, un frammento di bellezza, il dettaglio rivelatore di una speranza, che possa salvarci dalla nostra condizione sofferta di viaggiatori alla ricerca di una meta.
24.04.2021 - 26.06.2021
opening: 24.04.2021
24.04.2021 - 26.06.2021
Photo&Contemporary é lieta di partecipare alla riapertura delle gallerie TAG restART 21 presentando il suo SPRING GROUP-SHOW con opere di Gabriele Basilico, Nicola Bolla, Franco Fontana, Giovanni Gastel, Luigi Ghirri, Bruce Naumann, Nils-Udo, Uli Weber, Thomas Wrede.
27.02.2021 - 30.01.2021
opening: 10.12.2020
27.02.2021 - 30.01.2021
Photo & Contemporary presenta una nuova mostra collettiva “Artissima 2020.Ipotesi e odissea di uno stand…”
La mostra vuole rappresentare l’incertezza del nostro ruolo di galleristi oggi. In qualche modo si è lavorato molto per l’appuntamento di Artissima… si è pensato, riflettuto, cercato di immaginare e raccogliere idee e opere per un progetto speciale come per le altre edizioni…eppure allo stesso tempo si aveva la percezione che tutto questo non si sarebbe potuto finalizzare e far atterrare nel luogo e nel momento temporale immaginato e atteso da tanto tempo. C’era una forte valenza in quest’attesa e di speranza per questa fiera che sarebbe stata “storica”, in quanto l’unica fiera europea di rilievo a svolgersi nell'”anno Covidi” 2020. Tensioni interiori fra follia, speranza, delusione, passione, preoccupazione agitano oggi il gallerista, privato della sua funzione di aggregatore sociale e organizzatore culturale, abituato a partecipare ad eventi collettivi e fieristici ed ormai esiliato nel mondo dell’online. Il tema dello stand inoltre non poteva che riflettere quello attuale della nostra identità in crisi e del nostro rapporto con noi stessi e con l’ambiente esterno mutato e la sua percezione. Dall’autoritratto di Man Ray ad un’opera di Andy Warhol “Are you different?” a quelle di autori contemporanei come William Wegman, Uli Weber, Thomas Wrede, Nicola Bolla, Maurizio Vetrugno o Nils-Udo, tutto porta alla riflessione sulla nostra esistenza individuale, infima parte di un mondo naturale e sociale in bilico fra dura realtà presente e virtualità del futuro.
22.09.2020 - 31.10.2020
opening: 22.09.2020
22.09.2020 - 31.10.2020
OUVERTURE TAG 2020: 3 GIORNI DI INAUGURAZIONE COORDINATA 22 – 23 – 24 SETTEMBRE ORE 14 – 21
PHOTO&CONTEMPORARY è lieta di rappresentare in esclusiva italiana e di esporre presso la propria sede di Torino (Via dei Mille 36) alcuni lavori recenti della serie “REAL LANDSCAPE”, opere fotografiche del tedesco THOMAS WREDE (Letmathe,1963). L’autore, a partire dal 2004, ha prodotto un vasto repertorio di soggetti fotografici su questo tema, attirando l’attenzione del pubblico e della critica internazionale.
Le forze della natura e lo spirito pionieristico si incontrano nell’affascinante e misteriosa produzione paesaggistica di Wrede. Le sue fotografie costituiscono un sottile esercizio d’ironia fra naturalezza ed artificialità, fra percezione del micro e macrocosmo.
L’Autore trasforma ariosi e solitari paesaggi in luoghi d’invenzione di romantica bellezza, usando elementi in miniatura tratti dal modellismo. Il titolo della serie “Real Landscapes” parte dalla constatazione che, pur nell’era del digitale, tutto è il set realizzato veramente nel paesaggio circostante.
Rifacendosi allo spirito della pittura di Caspar David Friedrich ed al rapporto dialettico con la natura, peculiare della filosofia classica tedesca (Kant ed Hegel, in particolare), l’autore mette in discussione la percezione della realtà ambientale. Lo spettatore è messo alla prova e sorpreso dalle immagini che sembrano riprese aeree ed invece sono scattate al livello del suolo, dove il mare è soltanto una grande pozzanghera ed un piccolo cumulo di sabbia e rocce sembra un’imponente catena montuosa.
“Voglio trovare il punto esatto in cui l’osservatore sia colto dal dubbio che si tratti di un set fotografico, piuttosto che di un paesaggio reale e, solo in un secondo tempo, si accorga di alcune discrepanze ed incongruenze nelle proporzioni. Sono piccoli mondi che possono esistere solo nell’illusione fotografica e che si fondono con le immagini presenti nella memoria dello spettatore” specifica l’artista. Luoghi dell’Utopia, sospesi tra spazio e tempo, ma anche evocazioni dell’immaginario cinematografico, in cui le tracce umane appaiono fragili e sperdute, fra nostalgia della bellezza e perdita del senso di sicurezza.
Opere dell’autore sono presenti in numerose collezioni istituzionali tra cui:
Sammlung der Bundesrepublik Deutschland
Sammlung des Landes NRW (Nordrhein-Westfalen, Düsseldorf)
DG Bank Frankfurt
Grafiksammlung der Staatsgalerie Stuttgart
Landesmuseum Münster
Helmond Museum (NL)
Kunsthalle Recklinghausen
Gandhara Advisors Asia Limited, Hong Kong (RC)
UBS Zürich & Luzern (CH)
The West Collection, Philadelphia (USA)
Royal Caribbean Art Collection (USA)
WGZ Bank Münster
Stadt Münster
Fanno inoltre parte di numerose collezioni private in USA ed in tutta Europa
16.06.2020 - 25.07.2020
opening: 16.06.2020
16.06.2020 - 25.07.2020
Photo&Contemporary è lieta di annunciare nell’ambito di Torino Photo Season 2020 la presentazione in galleria di una selezione di nuove opere dell’artista Nils-Udo con immagini di grandi installazioni site specific realizzate al Van Dusen Botanical Garden di Vancouver, in Francia e nei Vosgi per la Fondation François Schneider.
Recentemente l’autore ha realizzato inoltre grandi installazioni site-specific per la Fondation EDF (titolo “Black Bamboo”) a Parigi e per la Fondation CARMIGNAC nell’isola di Porquerolles (titolo “La Couvée”) con grandi uova di marmo, ciottoli ed elementi vegetali in una radura del parco della Fondazione.
“La Natura è l’arte di cui siamo parte” sembra affermare Nils-Udo con le sue installazioni ed opere fotografiche. Il noto rappresentante dell’Art in Nature, movimento internazionale che coniuga le intenzioni della Land Art ad una visione più lirica ed ecologistica, sarà nuovamente presente nel ns. galleria torinese di Via dei Mille 36 nei mesi di Giugno/Luglio con una personale incentrata sui lavori più recenti.
Scultore della natura, pittore e fotografo delle proprie installazioni effimere, Nils-Udo ha iniziato nel 1972, con la nascita del movimento ecologista in Germania, il percorso attuale, che lo ha portato ad utilizzare per i propri progetti “site specific” i più diversi materiali organici ed inorganici. Tali elementi sono composti, organizzati e fotografati in modo da trasformare la percezione di un soggetto statico e scultoreo in stupore e meraviglia per un’opera pervasa dal respiro della natura: colline artificiali piantumate, grandi nidi realizzati con tronchi d’albero, sentieri di fiori o foglie colorate, tappeti erbosi sospesi come passerelle, radici intrecciate e composizioni di petali su acqua e sabbia….
In tal senso l’artificio fotografico è il solo testimone possibile del gesto artistico a causa della deperibilità biologica dell’opera stessa, mentre le grandi tele ad olio riflettono l’emozione dell’autore e la sua onirica integrazione con l’ambiente.
Alla base di questa progettualità dell’artista, cresciuto fra i boschi della Franconia e del Tirolo, si trova l’intenzione di rendere l’idea dell’esprit vital che appartiene alla cultura naturalistica tedesca, mediando forme ed immagini che sembrano possedere un forte legame con la tradizione popolare, mitologica e fiabesca. Boschi, spiagge, paludi, deserti diventano dunque campo d’azione e parte integrante con i loro elementi costitutivi dell’opera artistica in una concezione romantica piuttosto che concettuale, in una forma di meditazione spirituale ed estetica più prossima all’Oriente che alla Land Art americana. L’autore è continuamente invitato a realizzare le sue installazioni effimere in ogni parte del mondo dal deserto della Namibia alle spiagge vulcaniche delle Isole Canarie, dai parchi dei castelli della Loira ai grandi boschi naturali della South Carolina o alle foreste tropicali delle isole Réunion.
04.11.2019 - 26.01.2019
opening: 02.11.2019
04.11.2019 - 26.01.2019
Una nuova esposizione collettiva nel suo spazio torinese dal titolo A Drawing Room, a cura di Nicola D. Angerame e Valerio Tazzetti. La mostra presenta una selezione di lavori su carta dei seguenti artisti: Alighiero Boetti, Agostino Bonalumi, Pablo Bronstein, Davide Cantoni, Enrico Castellani, Trevor Gould, Georges Rousse, Filippo di Sambuy, Mario Schifano, Nicus Lucà. La mostra intende rievocare, con opere di artisti moderni e contemporanei in dialogo tra loro, quella che storicamente è all’origine del salotto borghese. Nate intorno a metà del Cinquecento, le Drawing Room sono chiamate così perché i disegni abbellivano la stanza preposta all’accoglienza e all’intrattenimento degli ospiti. Nella prima sala è presente il dittico “Elevation of Seaton Deval”, di Pablo Bronstein, dedicato all’edificio simbolo dello stile Barocco Inglese, progettato da Sir John Vanbrugh. Esso dialoga con le architettura vive e vibranti degli acquerelli creati da Georges Rousse che sono parte integrante, e decisiva del suo processo produttivo; in essi il decano della staged photography francese progetta i suoi grandi affreschi fotografici che rappresentano un crocevia in cui architettura, pittura e fotografia s’incontrano. Di altra natura è invece il crocevia segnato dagli acquerelli su carta che fanno parte del ciclo di lavori dedicato al “Libro dello Splendore” di Filippo di Sambuy, il quale interpreta e crea una simbologia personale a partire da simboli ancestrali ispirandosi alle verità tramandate dal libro sapienziale fondativo della tradizione esoterica e mistica dell’ebraismo. Con ironia e libertà espressiva (tra stancil e lettering) l’opera su carta di Alighiero Boetti, intitolata significativamente “I Vedenti”, affronta in modo ilare ed enigmatico il tema visivo della scimmia e della crocifissione. Un tema, quello del rapporto tra uomo e natura, che è al centro della poetica di Trevor Gould, presente in mostra con un acquerello che imposta un dialogo concettuale tra figurazione e lettering. La seconda sala presenta invece un insieme di opere che rimandano allo stile minimalista di un’arte riportata al suo grado zero. Enrico Castellani è presente con due carte bianche fatte a mano, in cui le sue famose estroflessioni assumono una consistenza materica rilevante, dimostrando così l’autonomia di pensiero e di realizzazione delle opere su carta rispetto alle opere su tela del fondatore di Azimuth. Di blu elettrico è invece l’opera su carta di Agostino Bonalumi, le sui forme richiamano il tracciato di un pneumatico ma in realtà rappresentano una composizione formale astratto-geometrica di natura a-semantica. La stessa assenza di un senso imposto appare nella grande carta di Mario Schifano, un Senza Titolo del 1961, periodo decisivo per l’affermazione da parte dell’artista romano di una pittura libera, immediata ed estroversa ma anche informale, astratta e concreta allo stesso tempo. In una ideale linea di continuità, si muovono i due lavori su carta di due artisti che sono esponenti di generazioni successive. La Marilyn Monroe che Maurizio Vetrugno ritrae su foglio di carta bianca con punzonature di ago da cucito, fa il paio con la carta lucida su cui Davide Cantoni disegna con bruciature un “Fidel Castro” intento in uno dei suoi discorsi fiume. Si tratta di opere figurative e iconiche d’ispirazione pop (la Marilyn è la stessa usata da Warhol) ma realizzate con tecniche su carta di estrema delicatezza e levità, in una rarefazione del segno che crea forti risonanze con le grandi carte dei maestri sopra citati.
03.05.2019 - 26.07.2019
opening: 03.05.2019
03.05.2019 - 26.07.2019
a cura di Nicola Davide Angerame e Valerio Tazzetti
Le fotografie di Georges Rousse nascono dagli interventi pittorici realizzati dall’artista in luoghi abbandonati o in corso di demolizione. Ambienti deserti che riacquistano, nel lavoro dell’artista francese, una nuova dimensione attraverso la decostruzione, l’installazione e la pittura. Rappresentante della photographie plasticienne, in Francia è riconosciuto come “artiste nationale”. Il suo lavoro parte dalla Nouvelle Figuration per affiancarsi alle ricerche coeve di Gordon Matta-Clark e di Jan Dibbets fino a giungere alle attuali costruzioni, come le gabbie di legno, eseguite appositamente negli ultimi anni. In questa ultima mostra personale sono presentati una selezione di lavori recenti e significativi: Lima, che mostra una baracca della favela di Lima ricostruita nel museo di arte contemporanea e qui trasformata secondo la tecnica peculiare di Rousse; Namur, che attraverso una struttura di legno crea all’aperto il senso di un’architettura impermanente, ma fornita di sobria eleganza e dinamismo prospettico.
Ciò che appare nelle immagini di Georges Rousse è in sostanza un’anamorfosi; la scena in deformazione prospettica permette una visione corretta da un unico punto di vista: quello dell’obiettivo fotografico. Da un lato l’artista riscopre e si appropria di luoghi abbandonati, sull’orlo della loro scomparsa, dall’altro li trasforma, per il tempo di una posa, in uno spazio virtuale offerto al sogno ed alla riflessione.
L’opera è realizzata in due momenti inscindibili: pittura e fotografia. La prima rimodella gli ambienti: superfici dipinte, forme geometriche, iscrizioni monumentali, carte topografiche creano nuovi volumi illusori richiamando alla mente le cupole immaginarie ed i falsi corridoi degli affreschi barocchi. La fotografia poi rivela questa nuova realtà in cui, nella bidimensionalità, si fondono ambiente originario e illusione pittorica.
La luce e lo spazio costituiscono i termini di uno studio estetico complesso e inedito che coinvolge la visione nei procedimenti e nei paradossi della percezione. Georges Rousse sorprende lo spettatore e ne destabilizza lo sguardo con immagini enigmatiche costituite da situazioni vissute ed avvenimenti immaginari.
Le forme sembrano volersi liberare dal “peso terrestre”, i colori puri e accesi si frappongono tra noi e lo spazio insinuandosi nei volumi e contrastano l’opacità dei luoghi. Ne deriva un’immagine di momentanea, colorata euforia in uno scenario di solitudine inquietante: un ulteriore elogio del paradosso. “Essere in un altro tempo e in un altro spazio: ecco cosa propongono le mie fotografie”, sostiene Georges Rousse. “Questi luoghi costituiscono per me l’atelier familiare dove si formano le immagini”, aggiunge l’artista.
Georges Rousse (1947) è nato a Parigi, dove vive e lavora. Sue opere sono presenti in importanti collezioni europee e americane: Centre Georges Pompidou, Musée du Louvre, FNAC, Maison Européenne de la Photographie a Parigi – Guggenheim, New York – Brooklyn Museum, New York – De Menil Collection, Houston – Wien Museum – Museo Pecci, Prato – Musée de Nice – Musée de Vienne – Unicredit Group – Cabinet des estampes, Genève – Fondation Salomon – Musée d’art et d’histoire, Genève – Collection UBS – Tokyo Metropolitan Museum of Photography.