Gallery
Valerio Tazzetti ha iniziato negli anni ‘80 la propria attività nella fotografia contemporanea inizialmente come autore e successivamente come curatore ed organizzatore di eventi espositivi dal 1996 al 2001; nel 2001 ha inaugurato a Torino la galleria PHOTO & CONTEMPORARY. Prevalentemente dedicata alla fotografia internazionale di ricerca (Hiroshi Sugimoto, Georges Rousse, Karen Knorr, Vik Muniz, Tracey Moffatt, Jürgen Klauke, Nils-Udo, Thomas Wrede, Gabriele Basilico, Franco Fontana, Patrizia Guerresi Maïmouna) la galleria ha successivamente ampliato il programma espositivo, includendo pittura, installazioni e video (tra gli altri Warhol, Bruce Nauman, Ed Ruscha, Emil Lukas ed autori italiani emergenti come Beatrice Pediconi, Luigi Gariglio…).
Sin dalla fondazione, la galleria ha sempre partecipato ad importanti fiere internazionali: Art Basel, FIAC, ArtBrussels, Parisphoto ed alle principali fiere italiane. Photo&Contemporary collabora regolarmente con istituzioni museali nazionali ed internazionali, collezioni pubbliche ed aziendali.
Exhibits
15.09.2023 - 26.10.2023
opening: 14.09.2023
15.09.2023 - 26.10.2023
PHOTO&CONTEMPORARY è lieta di annunciare la collettiva che aprirà la stagione 2023/2024 in occasione dell’apertura coordinata di OUVERTURE delle gallerie torinesi TAG, fino alle ore 23 del 14 SETTEMBRE p.v. La mostra proseguirà fino al 26 Ottobre 2023.
Saranno presentate opere di autori italiani ed internazionali, sia fotografiche, sia pittoriche e scultoree di Nobuyoshi Araki, Nicola Bolla, Franco Fontana, Giovanni Gastel, Betta Gancia, Ezio Gribaudo, Robert Mapplethorpe, Paolo Mussat Sartor, Enzo Obiso, Denis Piel, Edoardo Romagnoli, Filippo di Sambuy, Laura Viale.
Protagonisti della storia dell’arte e dell’insegnamento accademico, della tradizione della natura morta a partire dal Rinascimento, i fiori possono sembrare soggetti ormai iper-rappresentati, eppure gli artisti continuano a ritrarli, a ricercarne le connotazioni più segrete, misteriose, simboliche e metafisiche.
L’obiettivo che si pone questa mostra tra interpretazioni in b/n di monocromo e sobrio rigore e sfarzosi cromatismi è rappresentare l’essenza del “fiore” e la sua imperscrutabile presenza in posa dinanzi all’artista e allo spettatore. Come un soggetto umano, probabilmente anche i fiori ci guardano.
Il ribaltamento dello sguardo dalla parte dei fiori intende sottolineare il ruolo fondamentale ed il ciclo vitale breve, silenzioso e generoso dei fiori, creature che rendono possibili fenomeni biologici indispensabili alla nostra sopravvivenza, come quello dell’impollinazione. Si parla quasi sempre della vita sulla Terra con un’impostazione focalizzata su una visione biologica “animale”, mentre la flora rappresenta oltre il 95% delle forme di vita sul pianeta.
I fiori ci portano dunque grandi vantaggi e piacere e noi li amiamo, ma li coltiviamo intensivamente, li usiamo, li maltrattiamo, li gettiamo rapidamente, accelerando e snaturando la loro stessa esistenza.
Hanno sempre rappresentato simboli universali di bellezza, eleganza, raffinatezza, rarità , opulenza, ma anche incarnato ed espresso i più profondi e segreti sentimenti umani, dalla passione alla castità, dalla fedeltà al tradimento, dalla gratitudine al risentimento, dalla gioia alla tristezza, fino ad assumere connotazioni mistiche e religiose ( ad esempio, i fiori dei ciliegi in Giappone o il giglio a tre petali simbolo della sacrà trinità nell’iconografia cristiana).
Sono e sono stati inoltre i protagonisti di fenomeni economici rilevanti : dall’estrazione dei pigmenti e dei principi medicali alla produzione di spezie, estratte dai loro petali e pistilli, alle vicende legate al commercio internazionale dei fiori ornamentali che hanno creato effetti economici di portata storica; valga per tutti, la clamorosa vicenda della bolla speculativa dei bulbi di tulipano in Olanda che all’inizio del XVII secolo fu teatro di una crescita vertiginosa e nel 1637 di un rapidissimo crollo .
I fiori, testimoni silenziosi delle vicende umane, compagni della nostra evoluzione sul pianeta, a ricordarci insomma che soltanto la vera bellezza può salvare il mondo, a suggerirci col loro sguardo di cercarla dentro di noi, attraverso lo stimolo dei loro colori, del loro profumo evanescente, catapultandoci in un’altra dimensione, quella della catarsi estetica e spirituale.
09.06.2023 - 26.07.2023
opening: 08.06.2023
09.06.2023 - 26.07.2023
PHOTO&CONTEMPORARY organizza la prima mostra di ENZO OBISO nei propri spazi torinesi con una selezione di 25 opere in b/n, colore di formati medio/grandi e Polaroid Transfer di piccolo formato.
C’è calma, silenzio, introspezione negli interni e nelle nature morte di Enzo Obiso; c’è la lentezza di uno sguardo esperto, ma sempre curioso e sorpreso dinanzi alla meraviglia dell’osservazione. Attendere e guardare come si posa e come cambia continuamente la luce sugli oggetti e i soggetti protagonisti delle proprie proiezioni interiori. Questa pare la missione paziente e quotidiana del noto fotografo siciliano, che dall’infanzia vive a Torino.
La definizione di “intimismo visivo” é tuttavia insufficiente e superata da una forma di nomadismo dello sguardo, inquieto ed evocativo, che ora ci conduce in riva al mare di Sicilia, culla delle civiltà mediterranee e patria dell’artista, ora si sofferma sui dettagli domestici di un interno in India, paese oggetto di una sua ampia ricognizione e di un ricco volume del 1990, ora nella penombra di uno studio d’artista sui dettagli di un corpo femminile.
“La Sicilia di Obiso é, come l’India e la Mongolia, composta di immagini sincere e giuste, immediate, semplici e per questo preziose….particolari solo in apparenza fragili, leggeri, discontinui, una volta raggruppati e ordinati permettono una lettura univoca della sua ricerca” aveva già intuito ed affermato il critico Filippo Maggia nel testo del catalogo “Silenzio della superficie”, 2002.
E’ in questa sottile ed essenziale linea poetica che va infatti ricercato il comun denominatore della fotografia di Obiso, in attesa perpetua e maniacale di quella luce che possa rivelare le pieghe delle cose, la loro implicita e peculiare bellezza, la loro più segreta essenza metafisica.
Questo interrogarsi senza sosta sull’immagine latente, in oscillazione tra realtà e visione interiore, sulla forma definitiva che prenderà, è la sostanza del processo creativo di Obiso: perdersi a guardare per intuire la verità, per vedere oltre sé stessi, come sembra fare, in una delle opere esposte, la donna di profilo, che si guarda incerta in uno specchio, nella semioscurita’ dello studio.
Un capitolo fondamentale nella vicenda artistica di Enzo Obiso è infatti il nudo femminile.
Tema classico della fotografia fin dai suoi albori (pensiamo agli studi di fine ‘800 del pittore Bonnard), il nudo viene affrontato dall’autore siciliano come disciplina rigorosa, ma sempre cangiante; come un diario quotidiano in cui il nudo, quasi sempre senza volto, deve appartenere a quella irripetibile sfera di intimità che si viene a creare ogni volta diversamente con una diversa modella; deve assomigliare, momento di pura e selvatica bellezza dello sguardo, alla bellezza unica ed esclusiva di quella donna, al suo carattere, al suo modo di muoversi e rivelarsi.
I corpi, a volte circondati da tessuti stropicciati o da vasi di fiori slanciati, appaiono tra luce e oscurità, sapientemente dosate dal fotografo attraverso la stampa dalle ricche scale di grigi che ammorbidiscono il contrasto, sospendendo i corpi in una dimensione eterea, atemporale.
Quando invece si avvale del colore, l’artista usa tonalità pallide e delicate, talvolta applicate a mano o ancora con procedimenti speciali come nella serie “Pensiero del giorno,1999”, piccoli e preziosi esemplari unici realizzati con la tecnica del Polaroid Transfer su carta acquerello.
06.04.2023 - 13.05.2023
opening: 05.04.2023
06.04.2023 - 13.05.2023
06.11.2022 - 28.02.2023
opening: 05.11.2022
06.11.2022 - 28.02.2023
Emil Lukas: The Narration of Light, è la nuova mostra personale dell’artista Emil Lukas (Pittsburgh, 1964), che si svolgerà nell’autunno 2022.
Il linguaggio astratto di Lukas è variegato e complesso. L’artista è noto per il suo sperimentalismo con una vasta gamma di tecniche e materiali, dalla tela al gesso, dal legno ai rifiuti. Parlando del suo processo creativo, Lukas afferma:
“Ciò che mi appassiona profondamente è l’idea di esplorare materiali semplici, abbondanti ed accessibili, ma dall’immenso potenziale visivo. Amo cercare di creare qualcosa dal nulla attraverso processi complicati e che l’accumulazione di questi atti possa dissolversi in arte”.
Nei suoi Thread paintings, migliaia di fili sono tirati a telaio, ottenendo magnifici effetti di luce e dissolvenza cromatica. Le opere in questione sono definite “dipinti”, ma sono realizzate in modo tale da non poter essere propriamente catalogate come scultura o pittura. Sono piuttosto opere tridimensionali, costituite da diversi strati sovrapposti in cui interno ed esterno, superficie e supporto perdono la loro distinzione gerarchica per assumere uguale importanza.
In un’altra serie di opere, Lukas utilizza larve di insetti per realizzare creazioni di spessore mediante un’intenzionalità non umana.
Per produrre ogni opera, l’artista sfrutta l’energia cieca delle larve che, muovendosi su gocce di colore, imprimono la carta formando dei reticoli dalle forme casuali. Lukas definisce quindi il campo d’azione, ma è il solo movimento delle larve a determinare la traccia della natura, l’astratto segno del loro passaggio. Infine, i Bubble paintings ruotano attorno alla percezione dell’osservatore: la parte retrostante di ogni opera è piatta come una tradizionale tela mentre la parte frontale fisicamente e pittoricamente si incurva in relazione all’effetto delle bolle.
Nel lavoro di Lukas singole sottili variazioni e un lavoro minuzioso danno vita a sfide percettive: a una visione ravvicinata è possibile vedere una moltitudine di colori, fili, angoli e linee, ma, da lontano, ogni opera si dissolve in una composizione simmetrica, suggestiva di un processo matematico e guidato da rigidi schemi geometrici.
Pertanto, ciò che l’occhio intuisce ad un primo sguardo è solo una delle sfaccettature che l’opera cela, in realtà, ad una visione più attenta. L’artista lavora sui meccanismi della percezione, accumulando segni, elementi e materiali che, pur nell’intrinseca ridondanza, tendono a dissolvere la loro struttura in qualcosa di lieve, etereo e spirituale.
L’uso distintivo di Lukas di materiali oganici quotidiani, come filo, gesso, larve, vernici idrosolubili così come le sue tecniche innovative contribuiscono a creare opere intricate che coinvolgono lo spettatore in modo intimo e contemplativo.
Nelle sue opere Lukas giustappone pattern e casualità riflettendo le complessità della natura e la bellezza che cresce dal caos e dalla quotidianità. Il suo linguaggio fonde l’azione con il pensiero: l’opera è il processo attraverso cui essa si compie.
Nato a Pittsburgh, Pennsylvania, nel 1964, Emil Lukas ha tenuto esposizioni negli Stati Uniti e all’estero. Le mostre personali includono: “Emil Lukas: Connection to the Curious” al The Aldrich Contemporary Art Museum in Ridgefield, CT (2005), “Emil Lukas” al The Weatherspoon Museum, Greensboro, NC (2005); “Things with Wings,” The Mattress Factory, Pittsburgh, PA (2005); e infine “Moderate Climate and the Bitter Bison” all’ Hunterdon Museum, Hunterdon, NJ (2008).
Nel 2016 una mostra personale dei suoi lavori si è tenuta al Pennsylvania Academy of Fine Arts, Philadelphia, PA.
Le opere di Lukas sono state presentate anche in una mostra collettiva al Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris (1995), Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto (1996); Contemporary Arts Museum, Houston (1998); Kemper Museum of Contemporary Art, Kansas City (1999); American Academy, Roma (2000); The Drawing Center, New York (2002); and SCAD Museum of Art, Savannah (2012-13).
I suoi lavori si trovano attualmente in importanti collezioni pubbliche e private, incluse: la Collezione Panza, Italia; la Dakis Joannou Collection, Grecia; la Margulies Collection, Miami; l’Allentown Art Museum, PA; la Anderson Collection alla Stanford University; il Baltimore Museum of Art; il Crystal Bridges Museum of American Art, Bentonville, AR; il Museum of Contemporary Art San Diego; la Pennsylvania Academy of the Fine Arts, Philadelphia; il San Francisco Museum of Modern Art; il San José Museum of Art; la UBS Art Collection; e infine il Weatherspoon Art Museum, Greensboro, NC.
16.09.2022 - 22.10.2022
opening: 15.09.2022
16.09.2022 - 22.10.2022
La storia della letteratura moderna è ricca di testi illeggibili, citati, nominati, estrapolati eppure conosciuti solo in parte oppure per nulla. Ad esempio Finnegans Wake di James Joyce, Horcinus Orca di Stefano D’Arrigo che nel 1975 rappresentò un caso editoriale e ora pressoché dimenticato, persino l’incompiuto Petrolio di Pier Paolo Pasolini riscoperto nell’anno del centenario.
I Cantos di Ezra Pound costituiscono uno di quei casi rari di estrema difficoltà di interpretazione e al contempo affascinano proprio per la loro cripticità. Un’opera poetica che ha accompagnato una vita intera, strato dopo strato, scrittura e riscrittura, impervia, talora inaccessibile, in bilico tra poema unitario e somma disordinata e casuale di frammenti.
Non è solo l’amore per questo testo che ha spinto Tania Pistone ad affrontarlo nella nuova fase della sua pittura. Chi ne conosce il lavoro sa che l’artista ha sempre messo il linguaggio dei segni al centro della propria riflessione; a differenza dei fondamenti teorici del concettuale, per Tania Pistone il linguaggio è oscuro e non chiarificatore, sorpassa le regole che la comunità si è data allo scopo di comunicare e in questo modo stabilire dei confini tra chi è dentro e chi fuori.
Pittrice, rinuncia altrettanto al potere diretto dell’immagine – che infatti rappresenta il primo stadio della comunicazione – per andare alla radice delle cose, mettere (e mettersi) in crisi un sistema di relazioni. Pistone punta così alla bellezza pura, alla preziosità dell’oro, all’incrocio di alfabeti inesistenti e afonici. Canti di cui bisognerà trovare i suoni.
Se l’ideale partenza e fonte di ispirazione è rappresentata dal capolavoro poundiano, l’artista suggerisce “altri canti” in questa fase del cammino. In particolare quelli scoperte da Bruce Chatwin nel 1987 quando scrisse Le vie dei canti, le storie di migrazioni con passo leggero degli aborigeni australiani divenute necessarie alla loro stessa esistenza. “La terra deve prima esistere come concetto mentale. Poi la si deve cantare. Solo allora si può dire che esiste”, scrisse l’autore di altri romanzi e memoir sull’orrore del domicilio e sul bisogno di spostarsi. Così noi pensiamo di capire il linguaggio espressivo di un popolo lontano senza conoscerne la lingua e questo dato ci deve portare a una riflessione sul depotenziamento della parola.
A Torino Tania Pistone presenta una selezione di opere pittoriche inedite e un’installazione site specific ; alcune realizzate con la tecnica della foglia d’oro come da tradizione trecentesca ed altre su superfici car-wrapping cromate.
Tania Pistone
Altri canti, II – 2022
Acrilico e testo scritto su car – wrapping
Cm 75 x 75
Tania Pistone
Cantos – 2022
foglia d’oro, tecnica mista e testo scritto su tavola
cm 70 x 30
Tania Pistone
Cantos – 2022
foglia d’oro, tecnica mista su carta
cm 90 x 90
31.05.2022 - 30.06.2022
opening: 28.05.2022
31.05.2022 - 30.06.2022
Il 28 MAGGIO 2022 a partire dalle ore 17,00, durante i PhotoDays, la galleria Photo & Contemporary di Valerio Tazzetti presenta la serie “STAIRS OBSESSION” di Angela lo Priore, accompagnata dall’ampio ed elegante volume omonimo pubblicato dalla Giampaolo Prearo Editore.
“Stairs Obsession” nasce da una stanza segreta del mio inconscio: per questo forse lo definisco un lavoro autobiografico. La vertigine è sempre stata una costante nella mia vita, sono da sempre, ipnoticamente, attratta dal vuoto”. Le parole della autrice Angela Lo Priore riassumono compiutamente il suo ultimo e complesso progetto, per il quale ha deciso di non utilizzare modelle professioniste, ma ha lavorato con donne “vere”, lasciandosi ispirare dalle loro personalità, ognuna diversa, e lasciandole posare e cadere come desideravano.
Il progetto di Angela è l’elaborazione di un’esperienza personale: nel 2017 la fotografa è caduta dalle scale e si è rotta entrambi i piedi, in seguito ha impiegato sei mesi per tornare a camminare bene e circa un anno per riprendersi completamente. Nell’autunno dello stesso anno, Valerio Tazzetti, il suo gallerista, le ha chiesto se volesse partecipare a una mostra sull’architettura razionalista e modernista a cui stava lavorando. Angela si é occupata di fotografia di architettura ed interni nel corso della sua carriera, anche se come lei stessa ha dichiarato in alcune interviste, ha successivamente preferito specializzarsi nel ritratto, nel quale ha poi trovato la sua dimensione ideale come fotografa di attori e celebrities.
La proposta era comunque molto interessante, e così ha iniziato a guardarsi intorno, cercando soggetti interessanti tra i palazzi modernisti. A Torino ha scoperto il bellissimo palazzo della Borsa, progettato da Carlo Mollino, a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta. Entrandoci è rimasta affascinata dalla meravigliosa scala che dà l’idea che il palazzo sia stato costruito intorno a essa con un gigantesco lampadario che scende per otto piani. Innamoratasi del luogo, ha realizzato lo scatto di una donna che sembra cadere dalle scale. “Guardando la foto mi sono resa conto che avevo messo in scena la mia vicenda personale, la mia caduta, il mio dolore. Quell’immagine mi apparteneva molto intimamente. In me si era mosso qualcosa, al punto che ho iniziato a cercare grandi scale elicoidali per continuare questa ricerca sulla spirale, che è anche la spirale dell’animo, della passione e della dolorosa fragilità femminile
Le immagini prodotte si presentano sotto forma di visioni taglienti e profonde, perché realizzate da un’artista che guarda l’universo femminile con un atteggiamento di reciprocità e corrispondenza, riuscendo nell’intento di comprenderlo e sottrarlo all’ostentazione protratta e diffusa, per proiettarci al di là di quello che vediamo.
Avere tra le mani il libro è come essere catapultati all’interno di una delle opere dell’autrice : la copertina è un vortice di rosso e di dinamismo che racchiude 153 pagine di storia dell’architettura; 54 immagini di Angela accompagnate da un colto testo con citazioni letterarie, steso dalla nota critica d’arte e curatrice del libro, Francesca Alfano Miglietti.
Confermata nei suoi intenti anche dal film Vertigo di Hitchcock, l’autrice ha ricercato in diverse città europee scale elicoidali, alcune progettate da grandi architetti quali Carlo Mollino, Morozzo della Rocca, Achille Castiglioni, Franco Albini o la scala di Palazzo Mannajuolo a Napoli che ha fatto da cornice a molti film, tra cui “Napoli Velata” di Ferzan Öpzetek, ha poi allargato la sua ricerca verso scale più contemporanee, con forme lineari, minimal e “sinuose” come la scala di Lugano, realizzata dall’architetto Richard Meier nel 2018, un tripudio di legno e colore bianco; la scala dell’architetto Frank Gehry della fondazione Luma ad Arles terminata nel 2021 e le due scale realizzate dagli architetti Gilles & Boisser nello show-room di Moncler a Milano ed in una residenza privata a St. Moritz.
Un progetto quasi interamente in bianco e nero, tranne per le tre scale progettate dallo studio d’architettura e urbanistica Oscar Carbonell e Roberto Imperato all’interno del Building Borio di Milano, identiche ma di colori diversi : blu, rosso e verde.
Per celebrare il progetto è stata realizzata un’edizione speciale numerata di eleganti cofanetti in seta grigia che conterranno una copia del libro ed un’opera numerata e firmata dall’artista in stampa Fine Art Photo Rag in edizione 1/30 + 2 pda, in formato 45×31.5 cm.
08.04.2022 - 15.05.2022
opening: 07.04.2022
08.04.2022 - 15.05.2022
La galleria Photo&Contemporary presenta la più recente produzione di NICOLA BOLLA in una nuova personale, che segue l’ultima intitolata “Let’s the Music Play” del 2016.
L’universo onirico e parallelo alla realtà dell’artista, già invitato alle Biennali Veneziane del 1995 e del 2009 (Padiglione Italia), recentemente esposto al MART di Rovereto a cura di Antonella Magno e Denis Isaia, noto per le sue installazioni e sculture di grande formato, basate sull’uso sistematico di cristalli Swarovski e di carte da gioco, si arricchisce di nuove opere realizzate con carte da gioco salisburghesi e da ramino.
“L’uso delle carte da gioco evoca la costruzione di mandala, di iridi, di cosmi ed universi fantastici attraverso la scrupolosa e minuziosa sovrapposizione di segni, le cui combinazioni sfiorano l’infinito. Ludiche ed affascinanti, le forme e le visioni di Bolla volgono le spalle all’arte impegnata, restituendo narrazioni che lasciano apparire il lato più ironico ed arguto della vita. La poetica dell’artista è ispirata alle stravaganze del Barocco e del Rococò di cui ricupera la libertà d’interpretazione e lo spirito vivace. In particolare, lo sguardo dell’artista è affascinato dalle raccolte delle Wunderkammer o Camere delle Meraviglie” osserva Antonella Magno.
“E’ un’interpretazione legittima, ma trascura il risultato onirico che ci mostra altro da quello che appare, trasfigurando il materiale povero in un’immagine durevole, attraverso un processo illusionistico…il mazzo di carte è propriamente un complesso e completo insieme di immagini che ambisce a rappresentare e a racchiudere il cosmo e l’uomo in un sistema di segni. Esso partecipa inoltre della natura del gioco contro il disordine del mondo. Bolla procede ad una trasfigurazione della materia e della forma in una grande illusione che ci convince e seduce. D’altra parte, non è l’arte inganno? non è finzione ? ” chiosa il prof. Vittorio Sgarbi.
In certo senso, già in precedenza, l’uso da parte dell’autore del cristallo e delle carte da gioco rappresentavano l’idea di azzardo esistenziale e di vanitas, dunque l’ossimoro visivo tra il senso d’inutilità e la pulsione creativa, tra la rappresentazione dell’opulenza e la miseria umana, tra l’eternità dell’arte e la caducità terrena. Opere frutto di grande virtuosismo e leggerezza che perdono il peso specifico tipico dell’opera plastica.
La sua lettura dissacratoria e ludica della realtà sottolinea con forte accento post-surrealista la trasfigurazione simbolica del materiale e dell’oggetto in icona contemporanea, attraverso un processo di alchimia visiva.
Mantenendosi distante dall’aura glamour che circonda molti artisti suoi coetanei, Nicola Bolla, soprattutto con le sue opere realizzate con gli Swarovski, ha anche anticipato una profonda riflessione sulla ns. società sempre più dipendente dalla moda e dall’aspirazione al lusso ed ai suoi status symbols e sul rapporto ambiguo e promiscuo tra sistema dell’arte e fashion system.
La sua poetica affascinante ed indipendente ha condotto l’autore all’affermazione in Italia ed in Europa, nonché all’apprezzamento a livello globale negli ultimi 10 anni, con la partecipazione ad esposizioni personali e collettive negli USA ed in Cina. Sue opere figurano in importanti collezioni istituzionali e private.
09.03.2022 - 02.04.2022
opening: 08.03.2022
09.03.2022 - 02.04.2022
Dal 8 Marzo al 2 Aprile 2022 Photo and Contemporary ospita “Down to Earth” la seconda
mostra in Italia del fotografo e regista internazionale Denis Piel.
Il titolo evoca una discesa verso la madre Terra, un ritorno all’essenziale, al realismo, al mito
dell’origine: il progetto di Piel è, infatti, una celebrazione della natura e della fertilità, che mette
in correlazione corpi e terra, crescita e morte, rurale e urbano, natura e cultura, apparenti
opposti che si compenetrano negli scatti da lui realizzati in digitale con una Hasselblad
H4D a Chateau de Padiès.
È qui, nel Sud-Ovest della Francia, che Piel si trasferì da NY con la moglie e il figlio dopo l’11
Settembre 2001, in una sorta di ritiro dalla metropoli americana sconvolta dalla tragedia e
dall’inaudita violenza, per vivere a più stretto contatto con la natura, riscoprendo i cicli
della vita e la necessità di fare il proprio dovere per salvaguardare la madre Terra dalla crisi
indotta dai cambiamenti climatici.
Le opere, che evocano un ritorno all’agricoltura biologica sostenibile e rigenerativa praticata
ne Les Jardins du Château de Padiès, ritraggono il mondo naturale, rivisitando la mitologia
classica e creando echi con la storia dell’arte occidentale di fine Ottocento e inizio
Novecento. Terreni coltivati, boschi, prodotti del raccolto, corpi maschili e femminili a
riposo e al lavoro intessono parallelismi con opere iconiche e miti: nudi, come ninfe e satiri,
respirano e pulsano all’interno delle immagini, abitando un paesaggio quasi onirico, aldilà
dello spazio e del tempo, ma, allo stesso modo, impregnato di vita.
La predominanza del bianco e nero esalta texture e forme, creando un forte contrasto con
i colori della realtà, restituendo la concretezza e la sensualità della materia, esaltandola nella
bellezza della sua perfezione astratta.
Accanto alle immagini di “Down to Earth”, l’autore ha anche prodotto “Everyday Reality”,
una serie di ritratti di lavoratori che hanno contribuito alla manutenzione e alla produzione
di Les Jardins du Chàteau de Padiès attraverso l’organizzazione WWOOF: questi
rappresentano un altro aspetto di Down to Earth cioè il respiro animatore del
progetto.La mostra è organizzata da Luca Gracis e Valerio Tazzetti.
Orari: Mart-Sab. / 15.30-19.00
Denis Piel nasce in Francia il 1° marzo 1944, cresciuto in Australia, studia negli Stati Uniti.
Attualmente vive nel Sud-Ovest della Francia. È un fotografo e regista pluripremiato a livello
internazionale, riconosciuto principalmente per il suo apporto alla fotografia di moda negli
anni ‘80, quando lavora come fotografo di Condé Nast, scattando in un decennio più di
1000 servizi editoriali per Vogue americano, tedesco, italiano, francese, inglese, Vanity
Fair, Self e Gentlemen’s Quarterly e realizzando anche molti ritratti di celebrità. Con il
progredire della carriera di Piel, il suo metodo di lavoro come fotografo-regista si trasforma
in un interesse impegnato per la regia cinematografica: nel 1985 fonda e dirige la Jupiter
Films, società di produzione cinematografica di successo internazionale, con cui realizza
molti spot pubblicitari per clienti internazionali. Dopo l’11 settembre 2001, Piel e la sua
famiglia si trasferiscono definitivamente a Lempaut nel sud-ovest della Francia per vivere
e lavorare allo Château de Padiès, un castello medievale e rinascimentale che stanno restaurando
dal 1992: la proprietà comprende il castello e Les Jardin du Château de Padiès, esperimento
di agroecologia, sviluppato secondo i principi della permacultura e dello sviluppo
sostenibile. Padiès e l’ambiente locale sono diventati fonte di ispirazione per Piel e centro
della sua attuale pratica fotografica.
Opere fotografiche di Denis Piel si trovano nella collezione permanente del Victoria and Albert
Museum di Londra e del The Museum of Fine Art di Boston, nonché in numerose collezioni private,
tra cui la collezione fotografica BES e la collezione Antonio Champalimaud.
DENIS PIEL IN TURIN.
FROM 8th MARCH TO 2nd APRIL 2022
THE “DOWN TO EARTH” EXHIBITION AT PHOTO&CONTEMPORARY
From March the 8th to April the 2nd 2022 Photo&Contemporary hosts “Down to Earth”, the
second exhibition in Italy by the international photographer and director Denis Piel.
The exhibition “Down to Earth” is organised by Luca Gracis and Valerio Tazzetti.
The title evokes a descent to the earth, a return to the essential, to realism, to the myth
of origin: the project is, in fact, a celebration of nature and fertility, which correlates bodies
and earth, growth and death, rural and urban, nature and culture, apparent opposites that
interpenetrate in the shots he made digitally with a Hasselblad H4D at Chateau de Padiès.
It is here, in southwestern France, that Piel moved from NY with his wife and his child
after 9/11/2011, in a sort of retreat from the world, upset by tragegy and violence, to live
in closer contact with nature, rediscovering the cycles of life and the need to do one’s
own to safeguard mother earth from the climate change crisis.
The photoworks, which are inspired by the sustainable and regenerative organic agriculture
practiced in Les Jardins du Château de Padiès, portrays the natural world, revisiting
classical mythology and creating echoes with the history of Western art of the late
nineteenth and early twentieth centuries. Cultivated lands, woods, harvest products, male
and female bodies at rest and at work weave parallels with iconic and mythical works:
naked, like nymphs and satyrs, they breathe and pulsate within the images, inhabiting an
almost dreamlike landscape, beyond the space and time, but equally imbued with life.
The predominance of black and white enhances textures and shapes, creating a strong
contrast with the true colors, and restores the concreteness and sensuality of the material,
enhancing it in the beauty of its abstract perfection.
Alongside the images from “Down to Earth”, the artist also shooted “Everyday Reality”, a
series of portraits of workers who contributed to the maintenance and production of Les
Jardins du Chàteau de Padiès through the WWOOF organization: these represent both an
aspect of Down to Earth. Earth laid bare, is the animating breath of the project.
15.09.2021 - 15.01.2022
opening: 14.09.2021
15.09.2021 - 15.01.2022
PHOTO&CONTEMPORARY organizza la prima personale nei propri spazi torinesi del noto autore PAOLO MUSSAT SARTOR, testimone ed interprete insostituibile dei momenti salienti dell’evoluzione artistica dell’Arte Povera e della scena internazionale dell’arte moderna e contemporanea, ma anche raffinato e colto protagonista nell’ambito della fotografia italiana di ricerca.
Dopo aver per anni elaborato particolari tecniche pittoriche a olio e pigmenti e di viraggio sulle carte fotografiche in b/n, MUSSAT SARTOR è riuscito a distillare esemplari unici di stampe di grande fascino e poesia in cui il tema del viaggio, della visionarietà, del nomadismo interiore emergono in oniriche e delicate immagini, quasi miraggi soffusi, che ci mostrano vedute di paesaggio e scorci di città misteriose e sorprendenti. Rivelazioni di un viaggiatore al volante della sua macchina, immerso in una dimensione solipsistica, quasi febbrile; un viaggio senza sosta attraverso l’ossessione allucinata della fotografia come metafora di un percorso esistenziale ad inseguire una bellezza celata, intravista per un attimo e poi improvvisamente scomparsa.
Immagini oscure e sognanti di Praga, con austeri ed eleganti palazzi sospesi e campanili volanti alla maniera di Chagall, o di Lisbona, malinconica e sfuggente verso l’oceano con le sue famose scale e strade in discesa, prima della sua consacrazione definitiva nei film di Alain Tanner e Wim Wenders.
O ancora Parigi e le città italiane, Venezia con riflessi dorati,la domestica e clandestina Torino, ma anche una Roma anni’70, percorsa timidamente dall’artista in auto, quasi incapsulato nel suo abitacolo, che diventa parte della composizione; una città già avvolta dai primi sintomi del traffico caotico che la caratterizzerà nei decenni successivi.
E ancora meravigliose immagini di costruzione classica che ci mostrano paesaggi mediterranei e soggetti architettonici degni della pittura del ‘600-‘700, fiammeggianti di interventi a pennello che ne amplificano il pathos raffinato e la preziosità.
Fotografie dipinte, in cui la memoria visiva è sedimentata e trasfigurata dall’intervento pittorico successivo e che rivelano la loro reale dimensione estetica solo dal vivo.
Ma che cosa cerca MUSSAT SARTOR nella costruzione delle proprie personalissime inquadrature, nei suoi scorci taglienti ed obliqui dal basso? A noi pare che cerchi sempre uno squarcio di cielo, magari grigio e nuvoloso, ma sempre uno spiraglio di luce, un frammento di bellezza, il dettaglio rivelatore di una speranza, che possa salvarci dalla nostra condizione sofferta di viaggiatori alla ricerca di una meta.
24.04.2021 - 26.06.2021
opening: 24.04.2021
24.04.2021 - 26.06.2021
Photo&Contemporary é lieta di partecipare alla riapertura delle gallerie TAG restART 21 presentando il suo SPRING GROUP-SHOW con opere di Gabriele Basilico, Nicola Bolla, Franco Fontana, Giovanni Gastel, Luigi Ghirri, Bruce Naumann, Nils-Udo, Uli Weber, Thomas Wrede.