Gallery
Via Bernardino Galliari, 15/C
10125 Torino
Opening time from Tuesday to Saturday, 3.30 – 8 pm only by appointment
Directors
Emanuela Romano +39 349 3509087
Valentina Bonomonte +39 393 4317956
Fondata nel giugno 2019, A PICK GALLERY è una galleria d’arte contemporanea che, come suggerisce il nome, si focalizza sulla ricerca e selezione di artisti, emergenti e affermati, nel panorama internazionale.
La galleria si dedica alla ricerca di nuovi linguaggi artistici, curando regolarmente mostre personali e collettive, cataloghi e producendo eventi in collaborazione con altre gallerie e organizzazioni. La selezione degli artisti mira a creare una forte identità, con un’attenzione alle pratiche artistiche contemporanee che colleghino diverse aree geografiche e culturali, sviluppando anche approfondimenti su temi determinanti della nostra società.
Lo spazio di circa 300 metri quadrati, situato nel centro di Torino, permette di lavorare anche all’allestimento di mostre site specific.
Exhibits
02.07.2025 - 26.07.2025
opening: 01.07.2025
02.07.2025 - 26.07.2025
dalle 18:00
La mostra collettiva Diritti e rovesci presenta i progetti fotografici, video e installativi di 12 artiste e artisti visivi under 30, sviluppati nell’ambito della III° edizione del programma di formazione e produzione Futuri Prossimi, promosso da Fluxlab in collaborazione con JEST.
Il tema è un invito a considerare come ogni aspetto del nostro vivere e della nostra società abbia, come una medaglia, due facce: ogni diritto implica un rovescio. Al di là delle narrazioni prevalenti e a latere della cronaca, le giovani artiste e artisti in mostra osservano consapevolmente e criticamente il presente. Si confrontano con il rovescio delle medaglie dello sviluppo inteso in senso capitalista, industrialista, colonialista, militarista, individualistico e antropocentrico che ha dato e dà forma alle dinamiche che regolano la società e i luoghi che viviamo. E nel rovescio della medaglia, in molti casi ricercano e danno peso ai diritti, primo tra tutti quello ad una vita libera, sana e sicura, nella piena uguaglianza e nel rispetto reciproco: diritti troppo spesso messi in discussione. Attraverso un’ampia varietà di linguaggi, poetiche e approcci artistici – seppur prendendo le mosse dalla pratica fotografica – e da una molteplicità di punti di vista, i lavori in mostra investigano il modo che abbiamo di abitare luoghi, condividerli, costruirli e percepirli. In questi luoghi si dipanano narrazioni multivocali, si instaurano tensioni, si sviluppano conflitti e prendono forma nuove coesistenze.
Prima ancora dei rovesci, i diritti: diritto alla vita, alla salute, a un lavoro sicuro e a un ambiente sano e sostenibile. Quella della sicurezza sul lavoro e delle morti bianche è un’emergenza diventata disfunzione sistemica in Italia; Elia Brignoli (Bergamo, 1996) costruisce il suo progetto a partire da immagini d’archivio tratte da quotidiani e dà corpo con Eco a un urlo silenziato e mai abbastanza ascoltato, guardando alle tracce che lascia nel paesaggio e il racconto mediatico che ne viene fatto. Il paesaggio è anche soggetto di Now she walks through a sunken dream di Valeria Limongi (Maratea, 1995), che attraverso video e fotografie trasfigura i luoghi della Basilicata documentando ed evocando al tempo stesso la presenza incombente di una possibile contaminazione da idrocarburi e il rischio a cui sono sottoposte le popolazioni della Val d’Agri. Il concetto di società del rischio, insieme a quello di scomparsa del paesaggio, è affrontato da Sofia Gastaldo (Padova, 2003) con il progetto Véd. Attraverso una ricerca che si avvale anche di pratiche della sociologia e dell’antropologia sul territorio di Mestre e Marghera, si confronta con un territorio “scomparso” e con i giovani che lo abitano con la consapevolezza di questa privazione imposta.
Il tema del paesaggio ritorna nei lavori di altre due artiste di origine veneta, che ne investigano le trasformazioni e i cambiamenti di senso nel corso della storia. Irene Ferrari (Verona,1999) esplora con Dove roccia e fuoco diventano foresta le nuove ecologie (incluse quelle umane) e le coesistenze multispecie in un luogo segnato dagli eventi della seconda guerra mondiale, mentre Ivon De Pol Mandich (Venezia,1998) in Oltre la pietra segue i confini storici e mutevoli della laguna veneziana, evidenziando l’arbitrarietà e la precarietà del concetto di confine e della relazione tra ordine umano e instabilità del paesaggio.
Volgendo un occhio ai confini presenti e ai numerosi conflitti attualmente in corso nel mondo, non sfugge all’attenzione di diversi artisti come la guerra agisca non solo attraverso combattimenti e campagne militari, ma anche per mezzo della tensione latente ma concreta che attanaglia le vite di molti. Gaia Caramellino (Torino, 2001), grazie al profondo lavoro di ascolto e osservazione all’origine del lavoro video Kar u chkar, traspone con sguardo poetico il senso sospensione che vivono gli abitanti di un villaggio al confine tra Armenia e Azerbaijan, dove la quotidianità scorre in attesa di una possibile invasione militare. Con sguardo e poetica totalmente diversi Nicola Luciani (Feltre, 1999) rappresenta la tensione elettrica e i venti di guerra (passata e chissà futura) in un’isola taiwanese a pochi chilometri dalla Cina con il progetto fotografico documentario Quando tornerai.
Oleksandra Horobets (Starokostjantyniv, UA, 1997) si concentra, con un’indagine tra fonetica, performance e dispositivi di visione, sulle ambiguità e la violenza che attraversano il linguaggio. 72 87 92 apre una riflessione sulla traduzione come strumento di manipolazione e decostruzione, e sul potenziale politico del fraintendimento, della distanza e dello scarto.
In altri lavori in mostra la tensione che prende vita nei luoghi è quella tra il passato – più o meno reale – e il presente, che mentre da un lato porta le tracce della storia, dall’altro ne cancella o annulla in parte i significati. Così Rabat, legame o vincolo di Marta Vultaggio (Salemi, 1999) ricerca nella valle del Bélice le tracce del Giardino Mediterraneo, sorta di Eden comunitario che un tempo circondava le città della Sicilia e che oggi persiste e ritorna tra i riti religiosi e la frammentata privatizzazione del territorio. Elisa Liu (Venezia, 1999), rappresenta la Cina contemporanea sfruttando un immaginario personale a cavallo tra un passato mai direttamente vissuto e un presente che smantella le certezze delle tradizioni familiari e della vita comunitaria in 大家 [dàjia – “tutti” o “grande casa”].
Matteo Montorfano (Monza, 1999) rivolge la sua attenzione allo spirito di comunità e condivisione: per È Bello Fare Tardi osserva con curiosità una serie di feste a cui prende parte un gruppo di giovani con sindrome di Down, ponendo in primo piano il sentimento di libertà offerto dallo stare insieme. Stare insieme che, nella sua semplicità e forza, può essere solido fondamento di nuove (o rinnovate) costruzioni affettive, nate dal confronto e dall’ascolto: Lorenza Bassino (Torino, 1997) ce ne offre un esempio con Esplorazione n.1, lavoro a quattro mani con la madre, che trasforma l’esperienza familiare in pratica artistica, affermando la potenza sovversiva dell’intimità come spazio di ascolto e trasmissione.
04.06.2025 - 28.06.2025
opening: 04.06.2025
04.06.2025 - 28.06.2025
Where paintings embrace è la prima mostra personale in galleria di Jilan Wu, artista selezionata nell’ambito del Premio Combat 2024, alla cui giuria la galleria ha preso parte. La mostra inaugura martedì 4 giugno e raccoglie una serie di lavori inediti su tela e, per la prima volta, una selezione di ceramiche, segnando un importante ampliamento del suo linguaggio espressivo. Jilan Wu, Due donne III, 2025, colla di pelle di coniglio, pigmento, olio su tela, 100×80 cm Jilan Wu, Due donne III, 2025, colla di pelle di coniglio, pigmento, olio su tela, 100×80 cm La pratica pittorica di Jilan Wu si distingue per un approccio intimo e sensibile alle relazioni umane, esplorate attraverso una narrazione visiva che fonde memoria personale e universalità emotiva. Nata nel 1990 a Gui Zhou, in Cina, e attualmente residente a Bologna, l’artista costruisce una dimensione visiva dove l’intimità si intreccia con l’ambiguità, e la malinconia si colora di tenerezza. Le opere in mostra presentano una pittura stratificata, vibrante e sensoriale, dominata da toni caldi — rossi, arancioni, rosa pastello — che accendono la superficie di una luce interna, capace di evocare ricordi, sogni e desideri. In particolare, la serie Abbracci esprime un bisogno profondo di contatto e prossimità, in risposta a esperienze di separazione e distanza. Nei lavori più recenti emerge inoltre una maggiore matericità del colore e una tensione narrativa più accentuata. Jilan Wu, Una donna IX, 2025, ceramica, 25×39 cm Jilan Wu, Una donna IX, 2025, ceramica, 25×39 cm L’introduzione della ceramica rappresenta una novità significativa nel percorso di Wu, introducendo una dimensione tridimensionale che conserva tuttavia la componente tattile e corporea della sua ricerca. Le forme, fragili e irregolari, sottolineano il gesto e la vulnerabilità dei legami umani. Tra riferimenti a Chagall, ai Fauves e alla sensibilità contemporanea di Yoshitomo Nara, Jilan Wu costruisce un universo visivo profondamente personale, dove il corpo diventa medium espressivo per raccontare la bellezza imperfetta delle relazioni.
A PICK GALLERY is pleased to present Where Paintings Embrace, the first solo exhibition at the gallery by Jilan Wu, an artist selected as part of the Premio Combat 2024, whose jury included the gallery itself. The exhibition opens on Tuesday 4 June 2025 and will remain on view until 28 June, showcasing a series of new paintings on canvas, along with a selection of ceramic works being presented for the first time. Jilan Wu, Due donne III, 2025, colla di pelle di coniglio, pigmento, olio su tela, 100×80 cm Jilan Wu, Due donne III, 2025, colla di pelle di coniglio, pigmento, olio su tela, 100×80 cm Jilan Wu’s pictorial practice is marked by an intimate and sensitive approach to human relationships, explored through a visual language that bridges personal memory and universal emotion. Born in 1990 in Gui Zhou, China, and now based in Bologna, the artist creates a visual space where intimacy blends with ambiguity and melancholy is infused with tenderness. The works on display feature a layered, vibrant, and sensorial painting style dominated by warm tones — reds, oranges, and pastel pinks — that illuminate the surface with an inner light, evoking memories, dreams, and desires. Particularly in the Abbracci series, there is a visceral expression of the need for contact and closeness, emerging from lived experiences of distance and separation. Wu’s more recent pieces also reveal a richer materiality in her use of colour and a stronger narrative tension. Jilan Wu, Una donna IX, 2025, ceramica, 25×39 cm Jilan Wu, Una donna IX, 2025, ceramica, 25×39 cm The introduction of ceramics marks a significant development in the artist’s practice, bringing in a three-dimensional aspect that retains the tactile and bodily qualities of her work. These fragile, irregular forms highlight gestures, voids, and the inherent vulnerability of human connection. Drawing on influences from Chagall, the Fauves, and the contemporary sensibility of Yoshitomo Nara, Wu constructs a deeply personal visual universe in which the body becomes a medium for expressing the imperfect beauty of relationships.
07.05.2025 - 31.05.2025
opening: 06.05.2025
07.05.2025 - 31.05.2025
Leila Erdman Tabukashvili, It was a cold long distance.jpg, stampa fine art su carta cotone, cm 42×28
14.03.2025 - 03.05.2025
opening: 13.03.2025
14.03.2025 - 03.05.2025
ore 19:30
Søvnrykk – Nordic Perspectives, collettiva con opere di Arild Horvei Instanes (Bergen, Norvegia, 1990), Søren Krag (Silkeborg, Danimarca, 1987), Bjørn Mortensen (Bergen, Norvegia, 1977), Anthony Charles Morton (Sud Africa, 1992) e Manuel Portioli (Reggio Emilia, 1987), offre una visione affascinante dell’arte contemporanea norvegese, mettendo in dialogo le opere di cinque artisti dai linguaggi visivi e sensibilità diverse, ma accomunati dall’interesse per temi universali come identità, ambiente, spiritualità e tecnologia. Questa collettiva crea un terreno di interazione, tensione e arricchimento reciproco, dando vita a un percorso espositivo che intreccia punti di contatto e differenze. Tra i punti di convergenza, emerge una comune riflessione sul rapporto tra materiale e immateriale, che molti degli artisti esplorano con sensibilità diverse ma complementari. Ad esempio, Søren Krag e Antony Charles Morton, seppur con linguaggi distinti, condividono una ricerca sulla spiritualità: Krag combina tecnologia e immaginario sacro, richiamando simboli religiosi attraverso il mezzo digitale, mentre Morton, con un approccio astratto e teorico, costruisce spazi meditativi che invitano alla contemplazione interiore. Entrambi riflettono dunque su dimensioni spirituali, ma lo fanno in modi che riflettono le loro inclinazioni: Krag con un’estetica lo-fi legata al digitale e Morton con la fisicità della pittura e il simbolismo astratto.
Un altro tema che unisce gli artisti è quello dell’ambiente. Krag e Bjørn Mortensen, in particolare, propongono letture diverse del rapporto tra arte e sostenibilità. Krag si confronta con il problema della plastica attraverso l’uso simbolico dei Lego, richiamando l’impatto ecologico di questo materiale, mentre Mortensen opta per un approccio più materico, lavorando direttamente l’argilla in un modo che richiama un legame ancestrale con la terra.
Manuel Portioli, dal canto suo, esplora il rapporto sensoriale con l’ambiente attraverso l’astrazione, invitando l’osservatore a una riflessione percettiva che non si limita a rappresentare la natura, ma vuole coinvolgere emotivamente chi guarda.
Le divergenze all’interno del gruppo emergono chiaramente nelle tecniche e nelle influenze culturali. Arild Horvei Instanes, ad esempio, sviluppa una “pittura estesa” che utilizza
l’aerografo su tessuti, superando la bidimensionalità e creando un dialogo visivo che mira a coinvolgere direttamente il pubblico. Di contro, Morton si concentra su una pittura teorica e filosofica, richiamandosi all’astrazione di Miró e Bess per costruire narrazioni simboliche. La street art e la cultura pop caratterizzano invece il linguaggio di Portioli, che, unico italiano del gruppo, aggiunge una nota di espressività urbana e provocatoria al progetto, differenziandosi dal minimalismo spirituale di Krag e dalla ruvidità formale di Mortensen.
Le specificità culturali contribuiscono inoltre ad arricchire ulteriormente il progetto. Krag porta il suo background danese attraverso un’estetica che combina immagini sacre e tecnologia, arricchendo l’immaginario della collettiva con elementi di iconoclastia cristiana e geometrie islamiche. Morton, con radici sudafricane e influenze giapponesi, introduce una complessità teorica che si traduce in un profondo legame tra arte e filosofia. Portioli aggiunge invece un contributo marcatamente italiano e mediterraneo, caratterizzato da colori intensi e un’estetica ispirata alla street culture, in netto contrasto con l’essenzialità delle forme di Krag o la matericità organica delle opere di Mortensen.
In definitiva, Søvnrykk – Nordic Perspectives si presenta come un progetto eterogeneo che riesce a far dialogare artisti dai background e approcci differenti senza forzare una sintesi stilistica. La varietà delle tecniche, dei temi e delle influenze culturali rappresenta il punto di forza di questa collettiva, capace di promuovere l’arte norvegese in Italia e di stimolare una riflessione sui temi universali della spiritualità, dell’ambiente e dell’identità. Questa pluralità di prospettive, anziché frammentare il progetto, ne rafforza il valore, offrendo una proposta curatoriale ricca e polifonica, che apre a nuovi scenari di confronto e connessione tra mondi artistici apparentemente distanti.
13.12.2024 - 08.03.2025
opening: 12.12.2024
13.12.2024 - 08.03.2025
L’esposizione esplora il rapporto tra percezione, memoria e trasformazione, attraverso opere che uniscono fotografia, pittura e scultura in un linguaggio estetico unico e innovativo.
Tagliafico, nato ad Alessandria nel 1985, sviluppa la sua pratica artistica intorno a temi universali come l’interazione tra il mondo fisico e quello digitale, la frammentazione della realtà e la ricerca di significato. Le sue opere si configurano come metafore visive in cui il vetro, elemento centrale, si fa filtro tra l’immagine visibile e ciò che sfugge alla percezione immediata.
Curata da Domenico De Chirico, la mostra ruota attorno alla serie Arcipelago, composta da stampe analogiche, cianotipie e vetri dipinti che si sovrappongono per creare paesaggi evocativi e frammentati. Le immagini, mai del tutto rivelate, richiedono uno sguardo attento e riflessivo, offrendo una molteplicità di significati e interpretazioni.
Come osserva De Chirico nel testo critico che accompagna l’esposizione, “il lavoro di Tagliafico esplora il concetto di visione all’interno di un lungo processo che porta alla ricerca di significato del mondo circostante, fatto di immagini sfuggenti, perpetuamente oscillanti tra compendi di spazi liminali e frammentazioni evocative di paesaggi illibati.” Questa complessità formale e concettuale si traduce in un’esperienza immersiva, in cui il pubblico è invitato a riflettere sulla propria percezione e sul senso del tempo.
Tra le opere esposte, si segnalano anche la struttura scultorea Celestial Bodies e l’installazione Field of Vision, che articolano ulteriormente il dialogo tra materiali e dimensioni spaziali. In entrambe, il vetro diventa strumento per amplificare e al contempo limitare la visione, evocando una tensione tra ciò che è accessibile e ciò che rimane inafferrabile.
Marco Tagliafico vive e lavora ad Alessandria.
Dopo la laurea in Lingue Orientali all’Università di Torino studia fotografia e nel 2018 consegue il Master di alta formazione sull’immagine contemporanea di Fondazione Fotografia Modena Arti Visive. La sua pratica unisce fotografia, pittura e disegno, creando opere a cavallo tra astrazione e figurazione. Ha esposto in Italia e all’estero, tra le principali mostre: Da Guarene all’Etna, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Guarene d’Alba (2019); UKYA City Takeover, New Art Exchange Gallery, Nottingham (2019); Ge/19 Boiling Projects, a cura di Filippo Maggia in collaborazione con Fondazione Oelle, Fondazione Mazzullo, Taormina (2020); Blu policromo. Narrazioni e interpretazioni a confronto, a cura di Sara Liuzzi ed Emanuela Romano, A PICK GALLERY, Torino (2023); Bla Berlin, a cura di Virginia Monteverde, Bethanien Kunstquartier, Berlin (2023); Enegan Art, Palazzo Strozzi, Firenze, curated by Gabriele Chianese (2023); Degree of separation, a cura di Maria Elena Marhetti, A PICK GALLERY, Torino (2023); Come isole, a cura di Stefano Cagol, Castel Belasi, Trento (2024). Ha ricevuto numerosi riconoscimenti tra i quali New Post Photography, MIA art fair, Milano (2021); MZ Costruzioni, ArtVerona art fair (2023); Premio Espoarte Fotografia e Arteam Cup, Savona (2024)
31.10.2024 - 07.12.2024
opening: 30.10.2024
31.10.2024 - 07.12.2024
Good Idea
Manfred Peckl
Opening con Performance
Corpo a corpo
Silvia Gatti – Claudia Vetrano
Dance me to the end of love
Casper Faassen
in collaborazione con Mc2Gallery
Manfred Peck, Dark energy, 2015, collage su tavola, cm.71×91
20.09.2024 - 19.10.2024
opening: 19.09.2024
20.09.2024 - 19.10.2024
A PICK GALLERY inaugura la quarta edizione della rassegna annuale di street art.
Quest’anno la collettiva Gràphos è a cura di Cenere, con opere di Abel Bael, Cenere, Marco Filicio, Good Times Company, Hazkj, Luogo Comune, Monograff, Ninaro’, Rame13, Rise the Cat, Vernïs Lab.
Alla mostra seguirà l’intervento site-specific di Cenere che verrà prodotto a La Loggia (To), un grande murales che rielaborerà i simboli del comune alle porte di Torino e che va ad aggiungersi alla serie di lavori iniziata nel 2021 da Ufocinque, Seacreative, Refreshink e Max Petrone.
La parola gràphos (letteralmente dal greco γράϕω) riporta alla scrittura, all’incisione e al segno illustrativo, tecniche che uniscono tutti gli artisti in mostra, i quali durante le loro carriere si sono cimentati in queste pratiche – sia in campo editoriale, sia di marketing e design – che evidenziano la fondamentale relazione tra il linguaggio, la rappresentazione visiva e la comunicazione.
Nel mescolare pittura, incisione e illustrazione, Mattia Paganucci (aka Cenere), curatore della mostra, riporta alla memoria la prima arte realizzata dall’uomo, l’incisione su pietra e da qui parte per seguire le derive di alcuni street artists che dopo l’uso più classico dello spray nella realizzazione di graffiti murali, hanno scelto di indagare il segno sia a livello pittorico e illustrativo, sia scultoreo. La fusione di queste tecniche con la street art ha creato un ponte tra l’arte urbana e quella più tradizionale, con l’intento di renderne sempre più fruibili i messaggi, dentro e fuori gli spazi deputati all’arte contemporanea.
In mostra sono presentati oltre a una serie di lavori inediti, anche elementi installativi e scultorei che nel relazionarsi con gli spazi della galleria, escono dalla bidimensionalità del supporto (carta, tavola, tela) per creare una dimensione più immersiva.
Il lavoro di Abel Bael crea portali per altri mondi, mescolando simbologia e occultismo con nozioni di comunicazione visiva. Lo stile è caratterizzato da un tratto spesso ricco di elementi decorativi caratteristico della street art, in contrapposizione con il forte uso della simmetria e la quasi totale assenza di colori. Cenere (Jesi, 1987) si è sempre interessato ai graffiti e alla street art. La sua ricerca è iniziata con la fotografia analogica, per avvicinarsi poi all’illustrazione e all’inchiostro, ma la strada lo porta a indagare anche lo spray e il pennello con i quali crea figure fantastiche e mitologiche che si collegano a storie reali o strane leggende. Marco Filicio (Fermo, 1990) combina elementi di diverse provenienze, dal mondo animale a quello naturale e umano, creando delle allegorie o, come le definisce lui stesso, delle chimere. L’utilizzo della grafite definisce lo stile fantastico delle opere, focalizzandosi sulle ombre e conferendo tridimensionalità e un aspetto quasi fumettistico. Good Times Company è un duo formato dallo street artist Edoardo Kucich e dal graphic designer Beppe Conti. La loro ricerca è un meltig pot tra tecniche e stili differenti, creano lavori a partire da collage di elementi che seguono l’estetica delle riviste del secolo scorso, estraendoli dal contesto originale e creando atmosfere futuristiche e surreali. Hazkj (Bologna, 1995) si autodefinisce “a blast from the past” (un’esplosione dal passato) e mescola nelle sue opere elementi sociali, storici e culturali. L’artista ha collaborato in svariati progetti in passato volti alla rivalutazione di comunità nel territorio italiano, talvolta coinvolgendo i giovani nella produzione stessa delle opere. Luogo Comune è illustratore e urban artist. Come illustratore ha contribuito a opere pubblicate in diversi paesi, mentre come urban artist produce opere site specific. Lo contraddistinguono l’uso di colori piatti, vividi e in contrasto tra loro e l’inclusione di elementi della flora, fauna e tradizioni locali, oppure riferimenti letterari, che contribuiscono a creare opere che analizzano il contesto sociale locale. Monograff (Firenze, 1996) si focalizza sulla sua città natale, Firenze. L’artista riflette e dialoga con l’ambiente che lo circonda, concentrandosi su elementi naturali o architettonici, e rappresenta nelle sue opere il risultato dell’incontro tra elementi politici e sociali. La quasi totalità delle sue opere è accomunata dall’uso esclusivo del colore blu, ispirato alle azulejos portoghesi, su sfondo bianco, e dallo stile chiaroscuro, privo di dettagli, ottenuto utilizzando rulli da pittura su cui sono state incise delle strisce. Ninaro’ crea opere dalle forme fluide, sperimentando costantemente con materiali e tecniche. Lo stile che la contraddistingue, oltre alla fluidità delle forme, è l’uso di colori in forte contrasto per creare atmosfere fantastiche, talvolta oniriche o soprannaturali. Rame13 (Pisa, 1989) ha collaborato con enti di svariata natura, associazioni non governative come Emergency e il marchio di moda PINKO. Collabora con scuole per il coinvolgimento dei giovani nella street art. Gli scenari creati da Rame13 prendono ispirazione dal mondo onirico e raccontano storie ricche di elementi fantastici. Rise the Cat è uno street artist che produce opere focalizzate sull’importanza della partecipazione politica e il mantenimento della memoria collettiva. Le sue opere individuali si affiancano ad opere prodotte con scuole e cooperative, volte al riavvicinamento dei giovani alle istituzioni statali. Vernïs Lab è un duo composto da Barbara Migliaccio e Sara Zecchino. Il nome stesso dallo studio, vërnis, deriva dalla parola piemontese per vernice. Le due artiste mescolano nei loro progetti colori elettrici ed elementi naturali, fortemente ispirati alla pop art. Il risultato sono opere fortemente immersive e colorate che rapiscono l’attenzione dello spettatore.
ENGLISH VERSION
A PICK GALLERY presents the group show Gràphos – as part of the fourth edition of the annual street art review – on Thursday, September 19th at 6 pm, in Via Galliari 15/C, Turin. The exhibition, curated by Cenere, includes works by Abel Bael, Cenere, Marco Filicio, Good Times Company, Hazkj, Luogo Comune, Monograff, Ninaro’, Rame13, Rise the Cat, Vërnis. Alongside the exhibition, artist Cenere has been working on a site-specific installation, which will be located in La Loggia (To), consisting of a large mural re-elaborating the town emblehems, adding another piece to the pre-existing collection of artworks created in 2021 by Ufocinque, Seacreative, Refreshink and Max Petrone.
The word gràphos (from the greek γράφω) leads back to writing, to the act of engraving and to the sign itself, techniques which unite the artists in the exhibition, who apply them in different fields – editorial, design or marketing – highlighting the fundamental relation between language, visual representation and communication.
By mixing paint, engraving and illustration, the exhibition’s curator Mattia Paganucci (Cenere) brings back the first forms of art created by mankind, engravings on stones, and uses them as a starting point to showcase the artworks of a selection of street artists whom, after using the more common medium of spray painting in the realisation of wall graffiti, choose to analyse the sign itself on an artistic, illustrative and sculptural level.
The fusion of these techniques with street art has created a bridge between urban art and its more traditional counterpart, with the goal to make its inner messages available to larger audiences, both within and outside traditional contemporary art spaces.
The exhibition includes a series of unpublished artworks, including sculptures and installations that interact with the gallery spaces, avoiding the bi-dimensionality of traditional mediums (paper, canvas, plates) to create a more immersive dimensions.
The work of Abel Bael centres on the creation portals to other worlds, mixing symbology and occultism with elements of visual communication. His style is characterised by thick lines and an abundance of decorative elements, showing a street art influence, in contrast with the strong use of symmetry and the total absence of colours. Cenere (Jesi, 1987) always had an interest for graffiti and street art. His research starts with analogic photography, evolving into illustration and ink, and resulting in the exploration of spray paint and brushes as mediums, with which he creates fictional and mythological creatures,
connected to unusual legends or real stories. Marco Filicio (Fermo, 1990) combines elements from different origins, from the animal kingdom to the natural one as well as human nature, creating allegories or, as he calls them, Chimeras. The use of graphite defines the fantasy style of his work, which focuses on shadows and creating tridimensionality and an almost comic-like look.
Good Times Company is a duo made of street artist Edoardo Kucich and graphic designer Beppe Conti. Their artistic research is a melting pot of different techniques and styles, creating artworks composed of elements that imitate the aesthetics of magazines from the past century, extracting them from their original context and creating futuristic and surreal environments. Hazkj (Bologna, 1995) calls himself “a blast from the past”, mixing in his artworks social, historical and cultural elements. The artist has taken part to a variety of projects with the goal to restore communities within the Italian territory, often involving the local youth in the production of the artworks. Luogo Comune (Cremona, 1992) is an illustrator and urban artist. He has contributed to publications available in several countries as an illustrator, as well as producing an array of site specific artworks. His style stands out for the use of vivid colours in high contrast between each others, applied in uniform areas, creating artworks that analyse the local social context. Monograff (Florence, 1996) focuses on his hometown, Florence. The artist mirrors and opens a dialogue with his surrounding environment, focusing on natural or architectural elements, representing the result of the encounter between political and social in his artworks. The majority of his works is associated by the exclusive use of the colour blue, inspired by portuguese azulejos, on a white background, and by a chiaroscuro style free from unnecessary details, obtained carving patterns onto paint rollers. Ninarò created artworks characterised by fluid shapes, constantly experimenting with materials and techniques. What makes her style stand out, other than its fluidity, is the use of high contrast colours to create fantasy landscapes, often supernatural and dreamlike. Rame13 (Pisa, 1989) has collaborated with various institutions in the past, going from non-governmental organisations such as Emergency, to fashion brands like PINKO. She has been working extensively with local schools to introduce the youth to street art. The landscapes created by Rame13 take inspiration from the dream world and tell stories rich of fantasy elements. Rise the Cat is a street artist creating artworks highlighting the importance of taking part in politics and maintaining a collective memory. His solo works portfolio is followed by a repertoire of installations created in collaboration with schools and social cooperatives, with the intention of introducing the youth to state institutions.
Vërnis is a studio run by Barbara Migliaccio and Sara Zecchino. The name of the studio itself, vernïs, is derived from the piedmontese word for paint. The two artists mix up vivid colours and natural elements, with a strong pop art influence. The results are highly immersive and colourful artworks that capture the viewer’s attention.
For the #OVERTURE 2024, Thursday, 19th September 2024 all galleries of TAG – Torino Art Galleries will be open with extended hours until 11pm.
The exhibition will be open until 19th October 2024
21.06.2024 - 07.09.2024
opening: 20.06.2024
21.06.2024 - 07.09.2024
01.05.2024 - 15.06.2024
opening: 30.04.2024
01.05.2024 - 15.06.2024
La mostra è prorogata fino al 15 giugno 2024
The exhibition is extended until June 15, 2024
La mostra Portraits offre uno sguardo affascinante e complesso sul concetto di ritratto fotografico nell’arte contemporanea. Attraverso un’ampia varietà di opere, gli artisti presentano interpretazioni uniche e diversificate della forma classica del ritratto, inserendosi nei confini della fotografia e della rappresentazione dell’identità umana.
Nell’ambito storico, il ritratto ha sempre rivestito un ruolo fondamentale nell’arte, sia come espressione dell’individuo sia come strumento di potere e autorità. Dalle opere classiche dei maestri rinascimentali alla rivoluzione dell’arte moderna, il ritratto ha subito molteplici trasformazioni, riflettendo i cambiamenti sociali, culturali e tecnologici delle epoche.
In Portraits, gli artisti reinterpretano questo genere con un’ampia varietà di approcci. Alcuni si attengono ai canoni tradizionali, catturando l’essenza di un volto attraverso tecniche classiche di composizione e illuminazione. Altri, invece, sfidano le convenzioni, utilizzando la fotografia per esplorare concetti di identità, memoria e percezione.
Attraverso la manipolazione digitale, l’uso di oggetti simbolici o l’assenza fisica del soggetto, le opere in mostra offrono una riflessione profonda sulla natura stessa del ritratto e sulla complessità dell’essere umano. Le immagini possono essere suggestive, enigmatiche o provocatorie, invitando lo spettatore a interrogarsi sulla propria percezione dell’identità e della rappresentazione visiva.
Portraits rappresenta dunque un’opportunità per esplorare la ricchezza e la diversità del ritratto fotografico contemporaneo, offrendo uno spaccato affascinante della creatività umana e delle molteplici possibilità offerte dalla fotografia come mezzo espressivo.
Il lavoro di James Scott Brooks (Exeter, UK, 1974) parte dalla ricerca di ritratti di omonimi dell’artista. La serie, Eleven time James Brooks, nasce dalle fotografie delle undici persone e prende forma riportando lo scatto fotografico su carta millimetrata asportandone una parte. Dai fori, appaiono i ritratti di ‘altri James Brooks’ che rivelano quanto l’uso di internet abbia modificato la nostra percezione dell’identità e dell’individualità.
Marco De Rosa (Roma, 1991) propone la videoinstallazione Capocantiere dove delinea il ritratto attraverso elementi e situazioni della quotidianità. L’artista mostra le figure che lo affascinano, che diventano presenza immaginaria di un elemento comune e quotidiano, rappresentando frammenti di mondi diversi che riportano alla mente ricordi di vita comuni ad ognuno di noi.
Con i lavori di Leila Erdman-Tabukashvili (Siberia, 1995) emerge il clima politico degli ultimi anni, con un punto di vista inedito sulla guerra russo-ucraina che evidenzia le drammatiche sofferenze subite da chi vive in prima persona il conflitto. La sua ricerca si snoda tra foto e video. L’artista visita e fotografa accademie militari e di polizia, scuole per internati in Siberia e scatta una serie di ritratti a personaggi capaci di farci sentire le difficoltà legate alla quotidianità e di esplorare le trasformazioni dell’anima umana.
Maria Elisa Ferraris (Torino, 1995) con la serie Make it home presenta la narrazione di un viaggio a Cipro – ad oggi il Paese europeo con la più alta percentuale di richiedenti asilo rispetto alla popolazione locale, dove storia recente e passata si mescolano indistintamente – dove l’artista ha indagato, attraverso un ritorno all’individuo, ai piccoli racconti, agli spazi silenziosi, le contraddizioni di un territorio sognato: l’Europa.
Silvia Margaria (Savigliano, CN, 1985) attraverso la fotografia, la parola e il gesto, valorizza le storie e traccia i profili di alcune donne liguri della Resistenza: Clelia Corradini, Ines Negri, Franca Lanzone, Paola Garelli, Luigia Comotto e la congregazione delle suore “Maria bambina” di Pietra Ligure. Donne coraggiose che diventano con questo lavoro bandiere di umanità.
Paola Mongelli (Torino, 1972) parte da una ricerca sul vuoto e sull’assenza. Le opere in mostra raccontano la dialettica tra luce e buio, chiamata a restituire con le immagini l’intensità dell’esperienza visiva ed emotiva. Un racconto per immagini che vede la relazione tra uomo e natura in una dimensione in cui l’esplorazione del sé e l’osservazione del mondo finiscono per sovrapporsi.
Manfred Peckl (Wels – Austria, 1968) nelle sue opere sono costituite prevalentemente da manifesti pubblicitari, quali scarti visivi della società dei consumi. Separa colori, lettere e figure, taglia e sminuzza tutto in strisce sottilissime che vengono pazientemente accostate per dar vita a nuovi mondi. In questi scenari poetici di urgenza, emergono volti e figure che aggrediscono lo sguardo e lanciano messaggi di attualità.
Marco Tagliafico (Alessandria, 1985) elabora per la mostra una nuova serie di opere – a partire da un lavoro del 2019 – sul tema del ritratto. Pone la figura umana al centro dei suoi paesaggi in un continuo oscillare tra percezione visiva e realtà, con un oscuramento pittorico tipico della sua cifra stilistica.
08.02.2024 - 23.03.2024
opening: 07.02.2024
08.02.2024 - 23.03.2024
A PICK GALLERY inaugura due mostre: la personale di Letizia Scarpello “Nell’occhio di vetro, nell’odio di seppia, il sole d’inverno”, a cura di Osservatorio Futura (Francesca Disconzi e Federico Palumbo) e la collettiva Paperland con opere di James Scott Brooks, Riccardo Dapino, Andrea Fiorino, Andrea Guerzoni e Karla Nixon.
La mostra di Letizia Scarpello (Pescara, 1989) “Nell’occhio di vetro, nell’odio di seppia, il sole d’inverno” svela subito il suo interesse per la scrittura oltre che per l’arte figurativa che accompagna la sua ricerca artistica e che ne esalta la forza evocativa. Ogni singolo elemento, che sia parola o immagine, è studiato e ricercato puntando all’essenziale. I suoi lavori sono tanto potenti quanto privi di orpelli, innescano molteplici dialoghi sensoriali e concettuali tra lo spazio e il visitatore anche grazie ad interventi site-specific.
Le discipline teatrali e performative, care all’artista, ampliano il rapporto tra finzione e realtà su cui lavora e ciò porta Scarpello a utilizzare spesso materiali deperibili e di scarto, realizzando opere appositamente per il luogo deputato. In questa mostra personale dà vita ad una sorta di annebbiamento che ingloba le opere d’arte e che porta lo spettatore a rivivere, ripensare e rivalutare lo stato di crisi. Installazioni leggere e morbide, materiali come la gommapiuma e sottili pellicole si alternano a elementi opposti, come vetro e metallo. Al centro della mostra c’è il processo di scambio con le opere, che possono essere viste come un ostacolo da superare o come elementi di passaggio, che inducono ad attraversare una soglia andando oltre. La perturbazione nella vita di un individuo o di una collettività è un momento fondamentale, da esplorare pienamente e che può portare ad un arricchimento. L’artista dopo aver meditato a lungo sull’argomento, da sola e con Francesca e Federico di Osservatorio Futura, propone spunti di riflessione aperti, sensibili e non scontati.
Nella concezione galileiana esistevano due visioni del mondo: il “mondo di carta”, cioè la conoscenza basata esclusivamente sulla lettura dei libri, e il “mondo sensibile”, dato dalla conoscenza fondata sull’osservazione e sugli esperimenti.
Nella collettiva Paperland la carta modifica questo concetto, creando un mix tra cultura e realtà, tra percezione ed esperienza concreta. Gli artisti in mostra seguono le orme di grandi artisti del passato e mantengono un atteggiamento reverenziale verso la carta e allo stesso tempo sperimentano nuove soluzioni che hanno come protagonista questo materiale; la carta da un lato è il supporto, dall’altro entra a far parte del lavoro, come elemento necessario all’esistenza dell’opera stessa.
In Paperland è tutto di carta e su carta e i cinque artisti mostrano le loro ricerche che diventano un tutt’uno con il supporto, in un dialogo strettissimo fra contenuto e contenitore, fra significante e significato.
Il lavoro di James Scott Brooks (Exeter, UK, 1974) prende forma attraverso la carta, materiale ottimale ad accogliere con precisione la complessità del suo linguaggio che unisce forma, colore e rapporti matematici. Con la serie Japanese Castle Town, attraverso l’utilizzo di un codice da lui inventato, le forme geometriche rappresentano parole e luoghi, in questo caso castelli giapponesi. Sempre a tema viaggio e città, con la serie Geometry of travel, le forme geometriche rappresentano la trasposizione in forme di cartoline, ognuna delle quali ingloba storie di città.
Nella ricerca di Riccardo Dapino (Torino, 1982) la carta è un supporto che si fonde con il segno creato dalla grafite. In un perfetto bilanciamento tra chiaro e scuro, bianco e nero, sulla carta si svelano forme di elementi naturali che, sepolti per lungo tempo, tornano alla luce per rivelarsi e raccontarsi. I dettagli della natura, ingranditi e ascoltati, si aprono a nuovi mondi grazie ai disegni di Dapino che più si avvicinano alla realtà e più la trasformano.
E ancora di elementi naturali è costellato il lavoro di Andrea Guerzoni (Torino, 1969). Dal bianco della carta emergono forme che evocano licheni, minerali, muschi o cortecce di alberi, che descrivono nella loro conformazione l’esatto perimetro di alcune isole. Viste dall’alto le terre emerse non sono altro che forme che si stagliano su un medesimo sfondo compatto. Forme e colori ricordano gli elementi naturali, diversi ma simili. Il metodo di lavoro di Guerzoni si avvicina a quello comparativo del botanico, che esamina e classifica ritrovamenti, analizzando il dettaglio per poi reinventarne forma e senso nella realtà.
Le opere di Andrea Fiorino (Augusta, 1990) fanno parte della recente serie ECO che nasce da una idea di ripetizione, come accade nell’effetto sonoro, ma che qui viene traslato sui fogli, che si ripetono, pagina dopo pagina, come se stessimo leggendo un racconto. Una reiterazione di immagini, di presenze umane che spesso identificano l’artista stesso, un riverbero di sensazioni. Il lavoro di Fiorino è una molteplicità di narrazioni per immagini, attraverso le quali egli condivide le proprie esperienze con l’osservatore. La carta diventa il supporto ideale per accogliere la rapidità con cui scorrono eventi e sensazioni vissute. Anche Karla Nixon (Durban, Sud Africa, 1991) racconta il mondo che la circonda e attraverso l’utilizzo della carta – tagliata a mano, dipinta e incollata – evoca paesaggi naturali. Nella sua ricerca la carta non è meramente un supporto, ma entra a far parte dell’opera stessa, creando trame e intrecci, permettendole di uscire dalla bidimensionalità e realizzare spazi in cui potersi addentrare. La carta è al centro della sua pratica per la sua fragilità, il suo uso quotidiano, la sua riciclabilità e per il suo essere uno dei beni più deperibili del nostro tempo.
Short Bio
James Brooks (Exeter – UK, 1974) ha completato il Master in Fine Art al Chelsea College of Art nel 2004; vive e lavora a Londra.
Brooks ha esposto sia nel Regno Unito che a livello internazionale, in gallerie come Tate Britain, Seventeen, Arcade e Riflemaker a Londra, Galerie Thaddaeus Ropac a Parigi, Trinity Contemporary a New York, Bomuldsfabriken Kunsthall in Norvegia, Galerie Laurent Mueller a Parigi e presso la Galleria Opere Scelte a Torino. Tra le principali mostre: Measurements Port 25 – Raum für Gegenwartskunst, Mannheim, Germany (2023); Dialogues 2. Beyond Abstraction, Paolo Maria Deanesi, Trento (2023); Painters + Collection, Nakata Museum, Japan (2021); Senza titolo 2 – Monocromi, Opere Scelte, Torino (2017); Floating Urban Slime/ Sublime, Miyauchi Gallery, Hiroshima (2017); DR/OP: Beyond Boundaries, Goodman Arts Centre, Singapore (2017); Drawing Biennial 2017, The Drawing Room, London (2017); The Archivist, Galerie Laurent Mueller, Parigi (2016); Vielen Dank, auf Wiedersehen, Galerie M Detterer, Frankfurt (2016); British Drawing, Xi’an Academy of Fine Arts, China (2015); Crosswords II, Galerie Jordan Seydoux, Berlin (2014); Give me Five, Staedel Museum, Frankfurt (2013); State of Flux, Trinity Contemporary, New York (2011).
Riccardo Dapino (Torino, 1982) vive e lavora a Venaria Reale (To). Dopo aver conseguito il diploma al Liceo Artistico, frequenta l’Accademia Albertina delle Belle Arti di Torino dove si diploma in Pittura. Nella stessa istituzione si abilita all’insegnamento del Disegno e Storia dell’Arte. Nei suoi lavori, in un processo di disvelamento, le forme riemergono dalle profondità e si depositano per mezzo della grafite, sulla superficie di fogli di carta o pietre. Sono frammenti di elementi naturali per lo più marini come conchiglie e coralli di cui la grafite ripercorre i confini, si sofferma sui dettagli per trasfigurarli in forme organiche nuove risvegliando la nostra capacità di immaginare e di ricordare. Fra le principali mostre: D’inesuribile segreto, a cura di A PICK GALLERY, Leading Law Notai e Avvocati, Milano, 2023; Megamix curata da Massimiliano Petrone, A PICK GALLERY, Torino, 2023; Diciassette Passi curata da Renato Galbusera, Passante ferroviario di Milano, 2021. Nel 2023 viene selezionato per partecipare alla Masterclass Dal Disegno all’Installazione con l’artista Omar Galliani presso la Fondazione Zeffirelli di Firenze.
Andrea Fiorino (Augusta, Siracusa, 1990) vive e lavora a Milano. Laureato in Grafica d’arte e Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Brera. Frequenta il corso di specializzazione in Arte-Terapia Clinica, presso Lyceum, Milano. I suoi paesaggi sono eden primordiali. La realtà subisce una trasposizione ideale dove tutte le forme riconosciute e classificate scompaiono a favore della libertà selvaggia che possa ricongiungerci con la natura. Fra le mostre personali si ricorda: FIGLI* PRODiG*, Hello Tiresia, Carrara, 2022; Amaro in Bocca, CasaVuota, Roma, 2019; Every day like a Sunday, Antonio Colombo Gallery, 2018 Milano; Della stessa sostanza, Circoloquadro Milano, 2017; Nel Buio risplendono, Ateliermultimedia Galerie Artecontemporanea, Vienna, 2016. Fra le mostre collettive: Blu Policromo: narrazioni e interpretazioni a confronto, A PICK GALLERY, Torino, 2023; VASO, A PICK GALLERY, Torino, 2022; Limiti e confini 5°premio Cramum, Grande Museo del Duomo di Milano, 2017; Novantiani, Fondazione Pio Alferano e Virginia Ippolito, Castellabate, 2017; Derive, Opere Scelte, 2017, Torino; Immagini dal sottosuolo, Ateliermultimedia Galerie Artecontemporanea, Vienna, 2016.
Andrea Guerzoni (Torino, 1969) diplomato in Pittura all’Accademia Albertina delle Belle Arti, vive e lavora a Torino. L’artista pone al centro della propria ricerca la memoria, la conservazione e l’evocazione di frammenti di vita: dalle forme più piccole e apparentemente marginali, come i licheni o gli insetti, alle biografie di grandi autori, tanto fragili quanto dirompenti, appartati e allo stesso tempo rivelatori, quali Carol Rama, Alda Merini, Fernando Pessoa, Camillo Sbarbaro o Minakata Kumagusu. Tra le principali mostre: Il mondo in piccolo, Museo Civico Craveri di Storia Naturale, Bra – Cn (2023); Nel Giardino, dialogo con Clarence Bicknell, MAR Museo Archeologico Ventimiglia (2018); Asylum, EXMA Exhibiting and Moving Arts, Cagliari (2017); Esercizi di naturalità, Opere Scelte, Torino (2017); Here, Cavallerizza Reale, Torino (2016); Kinderstube – La stanza del bambino, Studio Tommaseo, Trieste (2015, pers.); PanoRama, Opere Scelte, Torino (2015); RAQAM, disegno e segno, Rossmut, Roma (2013); Una stanza tutta per Carol, Artissima 19, sezione Istituzioni – Artegiovane, Torino (2012, pers.); Domestic Drama, Sala comunale d’arte, Piazza Unità d’Italia, Trieste (2012 pers.); Quanta luce nel nero, Carol Rama | Andrea Guerzoni, Palazzetto Art Gallery, Roma (2011, pers.).
Karla Nixon (1990, Durban, South Africa), lavora prevalentemente con la carta. Ritaglia e scolpisce a mano immagini e oggetti intricati, tratti dall’ambiente circostante. Sebbene la carta sia al centro della sua pratica, lavora in modo trasversale con pittura, scultura, tecniche miste, collage, video e installazioni. Nixon ha partecipato a diverse mostre collettive a Durban, Città del Capo e Johannesburg. Le sue opere sono presenti in numerose collezioni private in Sudafrica, Libano, Australia, Spagna e Olanda. Oltre che in collezioni pubbliche, tra cui la Durban Art Gallery e la National Art Bank. Attualmente Nixon è docente del programma Arts Extended Program presso la Durban University of Technology. Tra le principali mostre: Spier Light Art, Pier Wine Farm, Stellenbosch, South Africa (2023); State of the Art Gallery, Time and Tides: Awaits no man, Cape Town (2023); Landscapes of hidden words, curated by Laura Burocco, A PICK GALLERY, Turin (2022); Underfoot, Lizamore, Fairland Gallery, Johannesburg (2022); Commune, KZNSA Gallery, Durban (2021); Be Inspired by Phansi, Phansi Museum, Durban (2019); Karla Nixon, Bremischen Bürgerschaft, Bremen, Germany (2018); Enchant. Celebrate. Create. Disrupt, ICC, Durban, Essence Festival (2017).
Letizia Scarpello (Pescara, 1989) vive e lavora tra Milano e Pescara. Ha conseguito una laurea triennale in Fashion Design nel 2011 presso l’Istituto Marangoni di Londra e una laurea magistrale in Scenografia nel 2015 presso l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano. Ispirandosi al teatro e alla performance, fin dall’inizio della sua ricerca artistica lavora alla costruzione di un linguaggio e di uno strumento di espressione personale.
Essendo cresciuta in una famiglia di tappezzieri da tre generazioni, Letizia ha sviluppato una profonda conoscenza del mondo tessile in relazione alle attitudini dell’uomo e agli ambienti sociali. Ha partecipato a diverse residenze artistiche come Viafarini in residence (Milano) e Highlights by The Blank Contemporary Art (Bergamo) in Italia. Nel 2021 ha vinto il Winzavod Center for Contemporary Art AIR promosso dall’Istituto Italiano di Cultura a Mosca e il Premio Sala Santa Rita a Roma promosso dall’Azienda Speciale PALAEXPO.