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Exhibits
15.09.2023 - 21.10.2023
opening: 14.09.2023
15.09.2023 - 21.10.2023
C’era una volta una stanza vista dall’alto – bird’s eye view, come la chiamano – e in questa stanza con vista a volo d’uccello succedevano cose come succedono cose in quasi tutte le stanze, viste dall’alto oppure no. A volte le cose succedono senza il ben che minimo intervento di fattori esterni. Come quando un frammento d’intonaco decide di cadere o un raggio di luce cambia posizione e smette d’illuminare una porzione di pavimento o di muro. Altre volte le cose che succedono, succedono perché qualcuno le fa succedere. Ad esempio quando la mosca, stanca del proprio riposo, riprende il suo volare ansioso. O se una porta si apre – una porta ci deve pur essere! – e qualcuno attraversa la stanza rendendola improvvisamente un oggetto. Ed ecco il punto: comunque succedano le cose, il fatto stesso che succedono provoca una trasformazione. Così come all’inciampare ti rendi conto del sasso ma soprattutto del tuo piede, allo stesso modo è solo una volta che la stanza vista dall’alto diventa oggetto che ci si accorge come prima non lo fosse per niente, come fosse pura immagine piana. Con questo voglio dire che una stanza vista dall’alto è per natura una superficie scevra di qualunque profondità o prospettiva… un piano che non contempla alcun movimento o dinamismo e che rivendica un unico prerequisito: lo sguardo. E se ogni stanza vista dall’alto presuppone uno sguardo, ogni sguardo presuppone uno spettatore… qualsiasi spettatore, anche solo un fantomatico uccello con bird’s eye view. E così c’era una volta una stanza vista dall’alto in cui a volte succedevano cose e a volte no, ma il cui vero protagonista erano gli spettatori di quella stessa stanza vista dall’alto… o meglio: stanze, al plurale… tante quante le teste che osservano un’immagine. Piatta. Muta. Immensa. Essenziale. Potenziale. Semplice. Inesauribile. Uno specchio.
F.P.
Once upon a time there was a room. A room seen from above, a bird’s-eye view. And in this room viewed from on high things happened, as things tend to happen in every room, wherever they are seen from. Sometimes things happen without any outside influence, such as when a piece of plaster decides to fall or a sunbeam changes position and stops lighting up a portion of the floor or wall. On other occasions, things happen because someone or something makes them happen, such as when a restless fly resumes its anxious flight or when a door – there must be a door somewhere – swings open and someone walks in, suddenly turning the room into an object. And that’s the whole point: however things happen, the very fact that they happen means there’s a transformation. It’s like when you stumble and you suddenly become aware of the stone but above all of your foot. Similarly, it’s only when the room is seen from above and becomes an object that you realise how up till then it wasn’t an object at all. It’s as though it were no more than a flat image. What I mean is that a room seen from above is by its very nature a surface devoid of any depth or perspective. It’s a plane that does not contemplate any movement or dynamism. The only thing it demands is to be seen. And if every room viewed from above is a vision to be seen, then every view presupposes a viewer… any viewer, even an imaginary bird with its bird’s-eye view. And so once upon a time there was a room seen from on high in which sometimes things happened and sometimes they didn’t, but the real protagonists were the viewers who viewed that room from above… or rather: rooms, in the plural. As many rooms as there are viewers viewing a picture. Flat. Silent. Immense. Fundamental. Potential. Simple. Unending. A mirror.
F.P.
19.04.2023 - 23.06.2023
opening: 18.04.2023
19.04.2023 - 23.06.2023
Tracciare l’invisibile è la prima mostra personale in Italia dedicata a Guo Fengyi, con una selezione di opere che va dal 1989, anno in cui ha iniziato la sua attività artistica, fino al 1997.
Guo Fengyi ha sempre vissuto a Xi’an, città della provincia di Shaanxi, nella Cina centrale. Verso la fine degli anni ’80, ha dovuto abbandonare il lavoro di analista chimica in fabbrica, per via di una forte artrite, esacerbata dalla natura della sua professione. Per alleviare il dolore e migliorare la sua salute, ha cominciato a praticare il Qi Gong, una disciplina collegata alla filosofia e alla medicina tradizionale cinese che combina meditazione, respirazione e movimento, fino a diventare riconosciuta in varie regioni della Cina per le sue capacità guaritrici.
Contestualmente alla pratica del Qi Gong, Guo Fengyi annotava su diari il modo in cui il suo corpo e la sua mente reagivano. Dal 1989 ha iniziato a accostare alla parola scritta piccoli disegni di parti del corpo costellate da numeri e linee, di diagrammi e delle immagini che visualizzava durante la meditazione. Col passare del tempo i disegni hanno acquisito sempre più autonomia fino a diventare veri e propri dipinti, dapprima sul retro di vecchi calendari, in seguito su fogli di carta di riso.
L’artista scriveva il nome del soggetto dell’opera sui rotoli di carta di riso lunghi fino a dieci metri e, con molteplici e sottili pennellate, sviluppava il proprio dipinto dal centro prima in una metà, poi dall’altra, dando vita a speculari figure totemiche.
Nell’opera di Guo Fengyi convivono autoritratti, luoghi, personaggi reali e inventati, divinità legate alla cultura tradizionale cinese, ma anche provenienti da altri immaginari, come le piramidi o la Statua della Libertà, di cui una versione del 1997 è esposta in mostra. Vorticose forme umane, animali e vegetali si fondono le une con le altre, dando vita a creature vibranti che ne contengono altre al loro interno, in uno scambio continuo tra microcosmo e macrocosmo.
Il suo lavoro, nato con l’intenzione di curare se stessa e gli altri, si è sviluppato come esplorazione del rapporto tra il corpo umano e l’universo, nel tentativo di conoscere il noto, ma anche per dare forma all’ignoto.
Un particolare ringraziamento a Gladstone Gallery
Old Hetu (Old Yellow River Chart), 1992 (detail). Courtesy of Artist and Gladstone Gallery
11.02.2023 - 28.03.2023
opening: 10.02.2023
11.02.2023 - 28.03.2023
11.02.2023 - 25.03.2023
opening: 10.02.2023
11.02.2023 - 25.03.2023
…
04.11.2022 - 28.01.2023
opening: 03.11.2022
04.11.2022 - 28.01.2023
La prima volta che una natura morta compare in un lavoro di Salvo è in Autoritratto con natura morta (dal ritratto del Dott. Gachet), una fotografia del 1973, un tableau vivant in cui l’artista, in penombra, interpreta il celebre ritratto di Van Gogh. In primo piano c’è un insieme di frutti. In un lavoro dello stesso anno, l’autoritratto scompare e la frutta rimane l’unica protagonista, anticipando le nature morte che realizzerà successivamente.
Il 1973 è anche l’anno di passaggio che porterà Salvo a scegliere la pittura come tecnica d’elezione.
I soggetti delle prime nature morte dipinte, alla fine degli anni ’70, sono fiori e libri, a cui si alternano, negli anni successivi, vasi, brocche, conchiglie e vari oggetti d’uso quotidiano fino agli inediti teschi del 2015.
Pur essendo un capitolo meno conosciuto della sua pittura, per Salvo la natura morta non è un genere minore.
Nel suo lavoro, non c’è molta differenza tra dipingere alberi che si stagliano nel cielo o oggetti che emergono dallo sfondo di un muro colorato. In entrambi i casi c’è una linea d’orizzonte, che può essere un prato o il bordo di un tavolo, che separa i piani di quelle che diventano nelle sue tele questioni puramente pittoriche.
Le nature morte di Salvo rimandano allo scorrere del tempo: molte si intitolano con nomi dei mesi o delle stagioni. Ma soprattutto restituiscono il passare del tempo privato, scandito dalle piccole abitudini quotidiane. Il tempo della colazione, della verdura appoggiata in cucina, dei libri accumulati.
All’italiano “natura morta”, preferiva l’inglese “still life”, o ancora di più la definizione di de Chirico: vita silente. Ed è proprio una vita silenziosa quella che si percepisce nelle sue nature morte, fermo immagine di un tempo dove universale e particolare si mescolano, trasformando semplici oggetti in mitologie domestiche.
Salvo Senza titolo 2013 olio su tela 40 × 50 cm Courtesy Norma Mangione Gallery, Torino
16.09.2022 - 22.10.2022
opening: 15.09.2022
16.09.2022 - 22.10.2022
Nella seconda mostra dell’artista Anita Leisz alla Norma Mangione Gallery, le collocazioni in punti specifici e nelle aree espositive più uniformi e familiari svelano una quantità di riverberi e analisi dell’elemento scultoreo e dell’elemento pittorico che sono interdipendenti, si alternano e talvolta si elidono a vicenda.
La concentrazione di lavoro scultoreo come viene qui eseguita, a parte alcuni antecedenti, è stata al centro dell’attenzione artistica a partire dalla metà degli anni Sessanta, e si affida a quelle componenti essenziali della scultura che ne determinano l’aspetto nello spazio. Stagliate contro lo sfondo delle abusate promesse del digitale, del virtuale e dell’immersività, queste opere ci appaiono adesso lievi ed eccezionali.
Create per la gran parte in collaborazione con l’antica fabbrica di smalti austriaca RIESS, le opere sono presentate in maniera così scrupolosa e compatta che la loro interazione con i contenitori spazio-architettonici si può leggere, analizzare e percepire. In questo modo fanno da pilastro e sostegno contro una minaccia alla situazione espositiva in quanto tale, minaccia che risiede nella precaria coincidenza fra decisioni spaziali ed estetiche, di cui solo Leisz può renderci consapevoli all’interno del nostro senso dello spazio.
Le superfici lisce realizzate in smalto nero, che repelle sporcizia e batteri come una velatura, respingono lo sguardo dello spettatore solo nell’istante provocatorio del confronto diretto, ma rimangono poi nell’ombra a distanza ravvicinata come rigidi agenti monocromi di analisi spaziale e dell’infrastruttura. La loro matericità è composta anche dal fattore imponderabile insito nel loro esclusivo metodo di produzione, dalle minime irregolarità che non solo le rendono uniche, ma potrebbero anche aiutare il fabbricante industriale a vedere il suo prodotto tradizionale da una prospettiva diversa, mentre l’artista stessa si fa voce autorevole negli sviluppi incontrollabili del processo produttivo.
La sottile mescolanza fra i dettagli della presentazione delle opere e i dettagli delle opere al loro interno, questo temporaneo isolamento nell’istante dell’impatto, e il conseguente isolamento spaziale che distingue quest’atto percettivo da altri, porta a un notevole ed emblematico stallo sia del discorso architettonico, sia di quello scultoreo: la logica della scultura è sempre anche la logica della sua presentazione, che non è necessariamente tenuta a garantire un accesso istantaneo alla mostra, ma piuttosto conduce a una sensibilizzazione, a una consapevolezza del problema della varietà di requisiti richiesti oggi all’attività espositiva in generale.
– Christian Egger
Anita Leisz (1973, Leoben) vive e lavora a Vienna. Nel 2022 ha una personale al HALLE FÜR KUNST Steiermark, Graz e a Novembre 2017 inaugra la sua personale al Belvedere 21 di Vienna. In questa occasione viene pubblicato un catalogo del suo lavoro. Precedentemente le sue opere sono state in mostra in diversi musei tra i quali: Halle der Kunst Lüneburg; Kunsthalle Exnergasse, Vienna; Stadtgalerie Schwaz; Kunsthalle Krems; Kunsthaus Bregenz; Pro Choice, New York; Haus der Kunst, Monaco; Kunstverein Nürnberg; Salzburger Kunstverein; Kunstverein Langenhagen; Secession, Vienna; Generali Foundation, Vienna; Kunstverein in Wolfsburg; Grazer Kunstverein; Kunsthalle Nürnberg and Kunstverein Hamburg.
Christian Egger, artista visivo, musicista e critico, vive e lavora a Vienna. È condirettore della fanzine artistica www.ztscript.net. Il suo libro “Shows, Signals, Unvernehmen” raccoglie testi prodotti tra il 2005 e il 2020 ed è stato pubblicato da Floating Opera Press, Berlino 2020.
05.05.2022 - 08.09.2022
opening: 04.05.2022
05.05.2022 - 08.09.2022
La galleria Norma Mangione ospita una nuova mostra di Francesco Barocco.
Le opere, realizzate nel corso dell’ultimo anno, sono sculture in gesso con interventi a
grafite, carboncino, pittura le cui forme accennano a teste e busti.
Tre sculture forzano i limiti della rappresentazione della testa, in un processo in cui
parti di modellato si alternano a parti non finite. Da superfici annerite dal carboncino,
tramite colpi di luce, affiorano frammenti di volti. Accostate a prototipi di lampade appesi
al soffitto, realizzati con lamelle di gesso e fogli di ottone, si aprono allo spazio
espositivo.
Dal bianco del gesso di due busti a tutto tondo, emergono dettagli di volti pigmentati
di nero o rosso ocra che restituiscono la memoria di un gesto, un’azione testimoniata
dalle tracce delle dita.
Si differenziano dalle altre sculture le formelle a parete, caratterizzate da un forte
segno pittorico dato dal caso, prodotto dall’immersione nel colore delle sole parti in
rilievo.
Completa la mostra una serie di risme di fogli rilegati, ipotesi di libri, che squaderna
ognuna il titolo di un quadro di Vincent van Gogh, suggerendo una sorta di poesia, di
invocazione, che accompagna come un suono la visione delle opere.
Francesco Barocco (1972, Susa, Torino) vive e lavora a Torino.
Tra le sue mostre personali: MAR di Ravenna (2008); Laura Bartlett Gallery, Londra (2010); Fondazione Ermanno Casoli,
Fabriano (2011); Nicolas Krupp, Basilea (2017); Norma Mangione Gallery, Torino (2011, 2014 e 2018). Ha partecipato
a mostre collettive in diversi spazi istituzionali, tra i quali: Museo d’arte della Svizzera Italiana, Lugano (2006 e
2018); GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, Torino (2009, 2015 e 2021); Magasin, Grenoble (2010);
Sprengel Museum, Hannover (2011); Kunstaele, Berlino (2012); Ludwig Forum, Aquisgrana (2015); Biennale di Venezia,
Padiglione Italia (2015); Museum of Modern Art, Vienna (2018); KAI 10 Arthena Foundation, Dusseldorf (2022). Le
sue opere fanno parte di diverse collezioni pubbliche tra cui: Museo Ettore Fico, Torino; GAM – Galleria Civica d’Arte
Moderna e Contemporanea, Torino; Museo d’arte della Svizzera Italiana, Lugano; KAI 10 Arthena Foundation, Dusseldorf;
Gaby and Wilhelm Schürmann Collection, Herzogenrath.
Norma Mangione Gallery is showcasing a new exhibition by Francesco Barocco.
The works are all plaster sculptures that he has created over the past year, with addi- tions in graphite, charcoal and paint, in shapes that suggest heads and busts.
Three sculptures push the boundaries in the ways that heads can be represented, in a process in which modelled sections alternate with unfinished parts. The surfaces are blackened by charcoal, with touches of light picking out fragments of faces. Shown together with lamps made with plaster flakes and brass sheets that hang from the cei- ling, they open up to the exhibition space.
Details of faces pigmented with black or red ochre stand out against the white plaster of two busts in full relief, conveying the memory of a gesture, of an action revealed by the traces of fingers.
The wall tiles are different from the other sculptures, for they have a strong, randomly created pictorial component, which is achieved by immersing only the parts in relief into the colour.
The exhibition ends with a series of reams of bound sheets – hypothetical books – each of which bears the title of a painting by Vincent van Gogh, suggesting a sort of poetry or invocation that acts like a sound, accompanying our vision of the works.
Francesco Barocco (1972, Susa, Turin) lives and works in Turin.
Some selected solo exhibition: MAR, Ravenna (2008); Laura Bartlett Gallery, London (2010); Fondazione Ermanno Casoli, Fabriano (2011); Nicolas Krupp, Basel (2017); Norma Mangione Gallery, Turin (2011, 2014 and 2018). He par- tecipated in several group shows in various institutional spaces, like: Museo d’arte della Svizzera Italiana, Lugano (2006 and 2018); GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, Turin (2009, 2015 and 2021); Magasin, Gre- noble (2010); Sprengel Museum, Hannover (2011); Kunstaele, Berlin (2012); Ludwig Forum, Aachen (2015); Biennale di Venezia, Italian Pavillion (2015); Museum of Modern Art, Vienna (2018); KAI 10 Arthena Foundation, Dusseldorf (2022). His works are part of public collections such as: Museo Ettore Fico, Turin; GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, Turin; Museo d’arte della Svizzera Italiana, Lugano; KAI 10 Arthena Foundation, Dusseldorf; Gaby and Wilhelm Schürmann Collection, Herzogenrath.
01.03.2022 - 23.04.2022
opening: 01.03.2022
01.03.2022 - 23.04.2022
L’accostamento tra elementi opposti – maschile e femmi- nile, luce e ombra, pieni e vuoti, sacro e profano – è una costante nel lavoro di Stefanie Popp. Anche i titoli delle sue opere e mostre sono giochi lin- guistici che combinano parole reali a neologismi dal si- gnificato ambiguo e che evocano concetti contrastanti tra di loro. In questo caso il titolo mette insieme una mostra di gatti, una filosofia dell’obelisco – e di Obelix? (che infatti por- ta con sé un menhir) – accompagnati da un entusiasmo (zest) minerale (lithic) e dal sapore di scorza d’arancia (altro significato di zest).
Si è accolti dagli Ambassador, due sculture in calcestruz- zo, che sorvegliano come imponenti monoliti preistorici, ma allo stesso tempo hanno buffi musi felini dallo sti- le fumettistico. Nei quadri esposti, quasi tutti realizzati nell’ultimo anno, troviamo gatti, forme falliche e totemi- che, serpenti, ma anche pesci e strane figure femminili con bikini leopardati. La tensione e l’unione tra due op- posti sembrano trovare la loro materializzazione, all’in- terno dei dipinti in mostra, in oggetti che si tendono e collegano, come legacci, corde, serpenti e forme astratte vermiformi che circondano le varie figure. I soggetti si stagliano ieratici all’interno di paesaggi con lune e pianeti e si fondono con essi, l’uno dando forma all’altro in un continuum apparentemente illogico, ma che sembra voler rappresentare un equilibrio tra i diversi elementi della natura.
Stefanie Popp (1974, Bonn, Germania) vive e lavora a Colo- nia. Tra le sue principali esposizioni: Galerie Norbert Arns, Colonia (2020), Zero Fold, Colonia (2019), Norma Mangione Gallery, Torino (2018), Kunstwerk, Colonia (2015), Marquise Gallery, Istanbul (2012). Tra le mostre collettive: Galerie Nor- bert Arns, Colonia (2021), Norma Mangione Gallery, Torino (2020), Kunsthalle, Recklinghausen (2019), Galerie Beck & Eggeling, Düsseldorf (2018), Romeo, New York (2016), Tem- porary Gallery, Colonia (2014), Chert Lüdde, Berlino (2013), Barriera, Torino (2011), Villa Merkel, Esslingen (2011), Ga- lerie Susanne Zander, Colonia (2010). Un suo lavoro video é all’interno della collezione del ZKM | Zentrum für Kunst und Medien, Karlsruhe. One is welcomed by the Ambassadors, two concrete sculptures, which stand guard like imposing prehistoric monoliths, but at the same time have funny cartoonish feline faces. Norma Mangione Gallery Via Matteo Pescatore 17 10124 Torino, Italia +39 011 5539231 info@normamangione.com The subjects stand out hieratically within landscapes with moons and planets and merge with them, one giving shape to the other in an apparently illogical continuum that seems to represent a balance between the different elements of nature. Stefanie Popp (1974, Bonn, Germany) lives and works in Co- logne. Notable solo exhibitions include: Galerie Norbert Arns, Co- logne (2020), Zero Fold, Cologne (2019), Norma Mangione Gallery, Turin (2018), Kunstwerk, Cologne (2015), Marquise Gallery, Istanbul (2012). Among her group shows: Galerie Nor- bert Arns, Cologne (2021), Norma Mangione Gallery, Turin (2020), Kunsthalle, Recklinghausen (2019), Galerie Beck & Eggeling, Düsseldorf (2018), Romeo, New York (2016), Tem- porary Gallery, Cologne (2014), Chert Lüdde, Berlin (2013), Barriera, Turin (2011), Villa Merkel, Esslingen (2011), Gale- rie Susanne Zander, Cologne (2010). A video work by Popp is owned by ZKM | Zentrum für Kunst und Medien, Karlsruhe.
06.11.2021 - 12.02.2022
opening: 06.11.2021
06.11.2021 - 12.02.2022
15.09.2021 - 30.10.2021
opening: 14.09.2021
15.09.2021 - 30.10.2021